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Agricoltura | 21 luglio 2014, 18:03

Pesche: è crisi anche in Granda

La Cia ha chiesto immediatamente che vengano prese tutte le misure inserite nella nuova Ocm unica per mitigare gli effetti di questa crisi che non deve danneggiare oltremodo uno dei comparti di eccellenza dell’agricoltura regionale e italiana.

Pesche: è crisi anche in Granda

La crisi è scoppiata in Spagna, poi allargata in Francia ed è arrivata anche da noi. Da cosa dipende questa crisi commerciale?  Sull’argomento interviene il responsabile del GIE ( Gruppo di Interesse Economico) settore frutta della Cia del Piemonte, il frutticoltore Livio Pautassi.

“20 centesimi il prezzo di un chilo di pesche pagato ai produttori mentre sui banchi del mercato lo stesso chilo è a non meno di 2,50 euro per il consumatore. Una vergogna! Ci vogliono 6 chili di pesche per pagarsi un caffè al bar! Il mercato delle pesche è in crisi e vive una situazione disastrosa, insostenibile per le aziende piemontesi. Dopo un avvio di campagna caratterizzato da prezzi medio-bassi, in questo ultimo periodo stiamo assistendo ad un vero e proprio crollo delle quotazioni di pesche e nettarine che sono ormai almeno del 40% al disotto dei costi di produzione.

 

“Questa rinnovata crisi del settore peschicolo- continua Pautassi – è il risultato certo di più fattori negativi che si sono venuti a sommarsi contemporaneamente: la crisi economica che attanaglia le famiglie italiane ed europee e che riduce il potere di spesa per cui molte sono obbligate a  puntare sull’acquisto dei beni di prima necessità e cioè il pane, la pasta, il latte, sacrificando la frutta, l’andamento climatico non favorevole che non stimola il consumo di un frutto tipicamente estivo come le pesche e le nettarine, l’eccesso di offerta per la concomitante raccolta di prodotto proveniente da diverse aree del nostro paese (che normalmente si scaglionano in periodi diversi), ma anche nelle grandi quantità di prodotto straniero, provenienti in particolare da Spagna, Grecia e Francia, che si sono riversate sul mercato nazionale. Non voglio sottacere le manovre speculative che sempre agiscono in siffatti momenti di crisi ed, in fondo, aggiungiamoci anche i calibri del prodotto italiano che oscillano per la maggior parte tra il medio e il piccolo ed il quadro della seria situazione è completato”.

“Una crisi- rileva il responsabile del Gruppo di Interesse Economico frutticolo della Cia piemontese- che preoccupa seriamente le aziende frutticole, in particolare quelle del sud Piemonte dove sono ubicati i maggiori ettari di pesche e nettarine, che rappresentano una fetta importante dell’economia agricola e dell’intero indotto interessando numerose altre attività: servizi, trasporti, occupazione. Una crisi nel settore, di conseguenza, non riguarda soltanto il mondo agricolo ma diventa vero e proprio problema sociale. La Cia ha avanzato subito l’elenco dei rimedi necessari: decisioni politiche nelle regioni produttrici, in sintonia con il ministero per le politiche agricole, per l’adozione immediata di misure di promozione, governo dell’offerta e controllo della dinamica dei prezzi, programma di valorizzazione del prodotto predisposto dall’Organismo interprofessionale, l’applicazione del salario di crisi previsto dall’ultimo contratto di lavoro dei braccianti agricoli. E’ necessario ottenere dalla Unione europea il riconoscimento di “grave turbativa di mercato” che consentirebbe di adottare misure tempestive di intervento di ritiro del prodotto di calibro più piccolo e di minor qualità, per un limitato periodo, a favore di tutti i produttori. E non per ultimo occorre  intervenire per superare gli svantaggi competitivi in ambito Ue che stanno vivendo le aziende frutticole italiane con particolare riferimento al troppo differente costo della manodopera nei vari Paesi, agli oneri fiscali e contributivi, all’utilizzo di prodotti fitosanitari autorizzati, al costo dei mezzi tecnici, energetici e di quelli relativi alla burocrazia”. 

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