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Politica | 02 agosto 2015, 18:30

Pericolo Popilia Japonica: prevenire i danni per salvaguardare raccolti e territori

Il deputato del Pd Mino Taricco presenta un’interrogazione parlamentare

Pericolo Popilia Japonica: prevenire i danni per salvaguardare raccolti e territori

Il deputato Pd Mino Taricco con i colleghi Capozzolo, Terrosi e Antezza, ha rivolto un’interrogazione al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali per  capire come s’intende affrontare il nuovo pericolo del parassita Popilia Japonica.  

La Popillia japonica  è un coleottero parassita, lungo circa 12 millimetri che mangia le radici delle piante; può attaccare 295 specie vegetali, coltivate o spontanee, di cui almeno cento di forte interesse economico, come il mais, la vite, il pomodoro, alberi da frutto come vite, nocciolo, meli, piccoli frutti e ancora tiglio, acero, faggio, betulla, soia, erba medica, fagioli, asparagi, zucchine, rose, dalie.

Le sue larve bianche mangiano sottoterra le radici delle piante e, se numerose, possono fare sparire un intero prato, tanto che nella normativa fitosanitaria l’insetto è inserito fra gli organismi di quarantena, di cui deve essere vietata l'introduzione e la diffusione nel territorio dell'Unione Europea.  

La Popillia japonica è originaria del Giappone ed è stata scoperta a Turbigo, nel parco del Ticino, non lontano da Malpensa, nel luglio del 2014; era già presente in Europa, ma soltanto nelle isole Azzorre. Negli Stati Uniti, dove è presente dal 1916, il coleottero rappresenta la specie di insetto infestante più diffusa e, secondo il dipartimento di Agricoltura degli Usa, gli interventi di controllo arrivano a costare più di 460 milioni di dollari all'anno; pertanto, nella graduatoria delle specie infestanti più nocive, la Popillia è sul terzo gradino del podio.  

Specifica Taricco: "Bisogna considerare che durante quest’inverno non c’è stato un vero gelo, così gli insetti che normalmente non passano la stagione vivi, come i pidocchi delle piante, le farfalle dei gerani, le zanzare, sono sopravvissuti e anche quelli che di norma subiscono una forte riduzione, non sono affatto indeboliti. Così, per debellare l’attacco di questo parassita, sono state usate trappole attrattive, per catturarli e distruggerli, come anche insetticidi, nei limiti consentiti per i trattamenti chimici. Il passo fondamentale è però trovare un antagonista naturale, così come si è fatto con l'insetto parassitoide Torymus contro il cinipide galligeno del castagno, per ricostruire un equilibrio ecologico; ma i tempi per questo risultato sono a tre, cinque o dieci anni".  

La preoccupazione dei coltivatori è forte: la globalizzazione dei parassiti implica fare i conti con specie originarie dell'Asia o delle Americhe, per le quali il nostro ambiente non è preparato e non ha predatori naturali. Così, come il dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell'università di Torino sta sperimentando un sistema radar contro la vespa velutina, la cosiddetta vespa killer delle api, allo stesso modo è necessario che la ricerca e la sperimentazione di nuove tecniche di monitoraggio e di prevenzione ad ampio raggio, tutelino campi e coltivazioni da queste nuove specie aggressive di parassiti (come la Diabrotica del mais, il tarlo asiatico, la Xylella) in tempi utili a preservare raccolti e frutti.  

"Le organizzazioni di categoria di alcune provincie del nord Italia – racconta il deputato Taricco - hanno lanciato l’allarme sulla presenza della Popillia Japonica, peraltro in aree dove l’agricoltura è già pesantemente penalizzata dalla presenza di animali selvatici e quindi molto sensibile e preoccupata da ogni nuova potenziale difficoltà che pregiudichi le prospettive delle produzioni e del territorio. Nell’interrogazione quindi abbiamo chiesto quali iniziative il Ministero intenda mettere in atto per affrontare i rischi ed i potenziali danni a colture e territori da questo nuovo aggressivo parassita".  

c.s.

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