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Monregalese | 08 febbraio 2016, 17:33

"La linea ferroviaria Ceva-Ormea oggetto di progressivi depauperamenti all’impiantistica"

Ci scrive un lettore dalla provincia di Alessandria

"La linea ferroviaria Ceva-Ormea oggetto di progressivi depauperamenti all’impiantistica"

Sul Vostro sito, mercoledì 3 febbraio, compare un articolo dedicato al treno che torna a solcare i binari della linea Ceva – Ormea, sulla quale il servizio viaggiatori è stato sventatamente sospeso da parte di una delibera regionale quanto meno discutibile nell’ormai lontano 2012.

Va da sé che il ritorno del treno è un fatto positivo, da accogliere con doveroso plauso, tuttavia la linea, al pari di molte altre, è stata oggetto di progressivi depauperamenti all’impiantistica, i quali hanno portato una tratta nata e concepita addirittura per il servizio internazionale – era, infatti, previsto il proseguimento verso la Francia attraverso Pieve di Teco, Imperia e Ventimiglia, ma è stato poi preferito il corridoio del Tenda – ad un vero e proprio budello.

Per non parlare della pessima programmazione del servizio, che pareva essere concepito appositamente in maniera tale da scoraggiarne l’impiego da parte dei viaggiatori, creando così le condizioni per poter dichiarare un’affluenza talmente scarsa da proporne la sospensione e la conseguente sostituzione con autoservizio, il quale, oltre ad essere soggetto alle condizioni meteorologiche avverse ed alle perturbazioni del traffico, non assicura né la sicurezza, né la comodità, né la velocità proprie della ferrovia; inoltre, nonostante la trazione termica, resasi necessaria dall’improvvida mancata conversione a corrente continua nel 1973, allorquando si decise di eliminare la trazione trifase anche dalla Savona – Torino (via Fossano e via Bra), il treno può contare comunque su di un vantaggio anche dal punto di vista ecologico, grazie alla marcia più fluida su sede propria ed alla capacità di trasportare un numero maggiore di viaggiatori a parità di dispendio energetico.

Da più parti sono state riportate voci che giudicano troppo onerosa la ripresa di un servizio pubblico regolare, ma occorre osservare che l’autoservizio ha dei costi diretti ed indiretti e non è affatto gratuito; occorre, invece, riorganizzare il sistema dei trasporti: nella vicina Svizzera, ad esempio, è stata vietata l’istituzione di autoservizi paralleli alla ferrovia, a meno che non si tratti di zone ad alta densità abitativa, con esigenze di raccolta e distribuzione dei viaggiatori tra le stazioni, mentre sono potenziati quegli autoservizi che, a pettine, si diramano dalla ferrovia per servire località non servite dal treno o dagli impianti a fune. Non servirebbe un orario denso e cadenzato, ma poche coppie al giorno, una o due delle quali proseguite su Cuneo: la popolazione dovrebbe battersi con ogni mezzo per esigere dalla Pubblica Amministrazione quanto rientra nei suoi compiti per servire i suoi cittadini. È altresì doveroso rammentare che l’alta Val Tanaro è costellata di stabilimenti industriali di varie dimensioni, ancorché la gloriosa cartiera di Ormea sia (fisicamente!) emigrata altrove e punti di attività estrattiva: trattasi di realtà che ben potrebbero giovarsi del treno per il trasporto delle merci.

Stesso discorso potrebbe essere ripreso per altre realtà: limitando l’esame ai collegamenti della Provincia Granda, oltre alla sopra citata Mondovì – Pianfei – Cuneo, abbiamo la Savigliano – Saluzzo – Cuneo, con la compianta diramazione per Airasca, sul cui tracciato, oggi, si vocifera in merito alla costruzione di un’autostrada e la linea delle Langhe Alba – Castagnole Lanze – Asti / Alessandria.

Auspichiamo che la rivalorizzazione turistica sia solo la scintilla per il rilancio del treno quale cardine dei trasporti terrestri.

Roberto Borri – Terzo (Al)

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