/ Attualità

Attualità | 13 febbraio 2016, 13:04

No alla proposta di legge per il taglio dei piccoli comuni

Il deputato cuneese del Pd Mino Taricco contrario alle fusioni sulla base di soglie minime numeriche

Mino Taricco

Mino Taricco

Ciclicamente torna ad emergere l’idea di risolvere i problemi e le difficoltà legate alla dimensione e alla dispersione dei piccoli comuni dei nostri territori (il Piemonte ha 1206 comuni e la provincia di Cuneo 250), attraverso la fusione con soglie minime (che variano nel tempo) di abitanti.

Secondo dati Istat del 2015, su 8.003 comuni italiani, ben 5.579 comuni sono inferiori a 5.000 abitanti, vale a dire quasi il 70% per cento. A livello nazionale, la percentuale degli abitanti residenti in piccoli comuni è pari al 16,56% dell'intera popolazione. Questo dato rende evidente tra l’altro il progressivo concentrarsi della popolazione nelle aree urbane e l’enorme diversità nella densità di distribuzione dei residenti sul territorio.

Per affrontare la necessità di una diversa organizzazione, negli ultimi anni, tutte le forme di associazioni tra comuni sono state fortemente incentivate, così come le fusioni stesse, da ultimo con la stessa legge n. 56 del 2014, la cosiddetta legge Delrio e con la Legge di Stabilità 2016 che ha aumentato a 30 milioni i fondi incentivanti per le Unioni e ha aumentato i contributi per le fusioni, ampliandolo nel 2016 al 40 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010. Il contributo straordinario è assicurato alle fusioni di Comuni realizzate negli anni 2012 e successivi, inoltre le Unioni di Comuni non sono soggette al pareggio di bilancio, come in precedenza non erano tenute al rispetto dei vincoli del patto di stabilità e avevano agevolazioni significative rispetto ad assunzioni a tempo indeterminato.

Il perseguimento della razionalizzazione dei servizi e delle funzioni dei comuni, unito al controllo e alla riduzione della spesa, deve comunque essere oggetto di attento e continuo monitoraggio, affinché sia l’istituzione di Unioni, sia le fusioni portino effettivamente a riduzione di burocrazia e semplificazione di funzionamento, oltreché ad un reale risparmio nei conti pubblici. Va verificato che non finiscano soltanto per cancellare l’autonomia e magari i nomi delle singole comunità, causando un affievolimento della loro identità e delle loro tradizioni storiche e culturali.

Di recente, un disegno di legge, presentato da un gruppo di Deputati a prima firma Lodolini, ha proposto la fusione dei Comuni con meno di 5000 abitanti. Esso mira a modificare il testo unico del 2000, prevedendo che trascorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni debbano provvedere alla fusione obbligatoria di tutti i comuni la cui popolazione sia inferiore a 5.000 abitanti e che non abbiano già avviato di propria iniziativa procedimenti di fusione, prevedendo sanzioni in caso di inottemperanza.

La scelta decisa a livello locale di attuare una fusione può sicuramente essere un orizzonte di razionalizzazione, e molte esperienze positive lo dimostrano. Personalmente ho sempre creduto e continuo a credere che vi siano anche percorsi diversi, come le Unioni, che se ben attuate, con l’effettiva volontà di unire e coordinare i servizi e le funzioni, possono essere una strada valida. Il forzare le comunità ed i comuni all’unità, con norme obbligatorie, credo non sia l’approccio corretto per dare efficienza al sistema delle autonomie locali.

La riforma Delrio e la riforma costituzionale, nella ricerca di un assetto istituzionale più semplice, hanno seguito comunque una linea di rispetto dei principi di autonomia, sussidiarietà e adeguatezza. Pur nella complessità, puntano a definire un governo comunale e territoriale più adeguati ai tempi attuali.

Puntare ad accorpare a forza i comuni sotto una certa soglia di abitanti è invece, a mio giudizio un errore, perché mortifica il sentimento di comunità e il patrimonio culturale costruito nel tempo dalle varie comunità, così come rischia di mortificare la spinta all’impegno civico e alle attività svolte dalle reti di volontariato che nelle piccole realtà collaborano non poco alla cosa pubblica.

Credo saranno poi i risparmi ottenuti e la reale collaborazione concretizzata nel tempo, che potranno portare via via i singoli comuni a valutare l’opportunità di diventare una comunità unica, e lo faranno col benestare e col sostegno dei propri cittadini.

Personalmente mi sento impegnato in un percorso a sostegno delle piccole realtà e del percorso per garantire a queste gli strumenti per offrire ai cittadini servizi equivalenti in qualità e fruibilità a chi abita in aree più urbane, anche in una ferma opposizione ad ogni forzatura, che non è mai un buon viatico verso soluzioni stabili e durature.

Il processo di razionalizzazione è un processo complesso di trasformazione, da un punto di vista amministrativo, ma certamente anche da un punto di vista culturale, come tutte la transizioni e tutti i cambiamenti. Va quindi messa in conto, per evitare resistenze e incomprensioni da parte delle comunità coinvolte, la necessità di un confronto costante e continuo e la disponibilità a rendere conto sempre del senso delle scelte.

Per questo su questi temi in questi anni mi sono impegnato e per questo per quanto potrò continuerò a farlo.

Mino Taricco

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A APRILE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

WhatsApp Segui il canale di Targatocn.it su WhatsApp ISCRIVITI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium