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In Breve

| 01 giugno 2016, 07:15

Il telefono è un apparecchio confidenziale, alzi la cornetta e ti da subito del tu, tu, tu...

Disegno di Danilo Paparelli

Disegno di Danilo Paparelli

Proviamo a immaginarci il signor Giovanni Uberti di Roma, al quale, in un giorno non meglio precisato del 1881, fu installata la prima linea telefonica privata. Gli fu assegnato un numero non troppo difficile da memorizzare: “1”. Figuriamoci l'andirivieni di parenti e amici che lo andavano a trovare per ammirare questa nuova scoperta ultramoderna, il telefono, che aveva fatto la sua prima comparsa in Italia a Milano il 30 dicembre 1877, quando fu attivata la linea tra due apparecchi costruiti dai fratelli Gerosa, che metteva in contatto una caserma dei pompieri con la stazione di Porta Venezia della tranvia interurbana per Monza.

Il signor Uberti per i primi mesi non avrà avuto modo di fare tante telefonate, ma già alla fine di quel famoso 1881 si erano aggiunti altri 899 abbonati. Segno che il telefono agli italiani piacque da subito, e tanto. Infatti, nei primi anni del Novecento in un passo di Maia, laude del 1903 Gabriele D’Annunzio, rivolgendosi ad Ermes, l’alato dio greco della comunicazione, già celebra le meraviglie della telefonia: “la voce sonora che percorre gli spazi, attraversa gli abissi, congiunge popoli lontani”.

Nella mia memoria riemergono ricordi che sembrano appartenere a epoche remotissime, e invece si parla (appena) degli anni Sessanta. A quei tempi da noi in Piemonte la compagnia telefonica si chiamava “Stipel”. Quasi tutte le famiglie (ma non proprio tutte) possedevano un apparecchio telefonico, di un solo modello e di un unico colore, nero. Stava appeso alla parete nel corridoio, un po' in alto perché i bambini non lo toccassero, una sorta di totem, che squillava raramente e quasi sempre alle stesse ore. Drin drin, e si sapeva già che era zia Teresa, perché erano le 6 di sera. Drin drin, a mezzogiorno non poteva che essere il cugino Gianni. Quasi sempre famigliari, qualche amico, rarissimi erano gli sconosciuti. I numeri telefonici erano trascritti nelle famose rubriche, austere, che riportavano pochi contatti.

In seguito l'apparecchio nero fu sostituito da quello grigio, che generalmente trovava posto su un tavolinetto, sempre in corridoio o in soggiorno, posato sopra il centrino della nonna. Accanto qualcuno teneva una matita e un taccuino. La matita il più delle volte spariva misteriosamente quando, quelle rare volte, serviva proprio. Privacy, zero. In famiglia tutti sentivano ogni tipo di conversazione. Volenti o nolenti. Come nei casi in cui si parlavano persone che per misteriosi motivi usavano toni di voce altissimi, come se invece che al telefono si trovassero a dover comunicare fra un vallone e l'altro. (E purtroppo oggi non è che questa gente si sia estinta).

Per risparmiare in tanti si usava un'unica linea telefonica per due famiglie, il “duplex”. Dove il problema era cercare di non usare il telefono nello stesso momento. Capitava spesso quindi che mentre si stava chiacchierando tranquillamente con qualcuno, il vicino di casa del “duplex” ti suonasse alla porta e con aria scocciata domandasse se ne avevamo ancora per molto, perché doveva “fare/ricevere una telefonata importante”. Intorno agli anni Settanta iniziò a diffondersi l'uso di più spine telefoniche all’interno dello stesso appartamento, che per noi adolescenti in quel periodo, fu una tanto sospirata liberazione. Poco più in là fecero apparizione i primi cordless, e finalmente ci si poteva raccontare i fatti nostri al riparo di orecchie indiscrete.

Ma la vera rivoluzione, circa un secolo dopo l'apparizione del primo apparecchio telefonico, era alle porte. Difficile immaginare a che punto saremmo arrivati quel 3 aprile 1973, quando un ingegnere senior che lavorava per Motorola usò per la prima volta un cellulare che pesava 1,1 kg, impiegava circa dieci ore per caricarsi e aveva un'autonomia di 30 minuti. Oggi il telefono portatile ha soppiantato l'apparecchio fisso, dove ormai arrivano soltanto più le chiamate moleste dei call center, o delle zie novantenni che usano ancora il telefono grigio, quello con la rotella. E quando sentiamo un suono o una vibrazione, dopo aver dato un'occhiata veloce al display, ormai non riusciamo più a sottrarci alle “voci sonore che percorrono gli spazi” ed ormai ci raggiungono in qualsiasi momento, in ogni angolo del mondo. Anche se lo desidereremmo tanto.



Monica Bruna

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