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In Breve

| 19 giugno 2016, 07:30

6 mesi di ricerca alle Isole Canarie: Nicolò Ravarino, vivere la vita con il “metodo scientifico”

“Sta a noi trasformare le occasioni in esperienze positive, capire che la vita non è facile per nessuno e che solo la nostra capacità umana di adattarsi ci rende specie superiore”

Nicolò Ravarino

Nicolò Ravarino

Secondo il Glossario Dinamico ISPRA-CATAP, per “adattamento” si intende l'adeguamento di un organismo, una specie o un sistema ambientale al modificarsi delle condizioni esterne. È una delle caratteristiche fondamentali di qualunque specie biologica, e nei fatti è alla base del meccanismo della selezione naturale: la specie che riesce a sfruttare al meglio le risorse (proprie e che la circondano) avrà sempre e comunque le migliori possibilità di sopravvivenza. È un invito alla flessibilità, all'apertura, all'andare nel verso della corrente, al buttarsi, quello che ci regala costantemente il resto del mondo. Un invito che, forse, abbiamo un po' smesso tutti di ascoltare.

Nicolò Ravarino è un ragazzo di 25 anni e di Peveragno, proprio come il sottoscritto, che conosco bene e da diversi anni, e che ha appena terminato un'esperienza di 6 mesi all'interno di un laboratorio chimico di prodotti marini nelle Isole Canarie; dopo un po' di lontananza, ci siamo sentiti proprio per parlare di questa sua porzione di vita.

- Le Isole Canarie non sono certo tra le “mete Erasmus” più comuni. Come ci sei arrivato?

L'Erasmus è un progetto Europeo che consente a studenti universitari un soggiorno di più mesi in un altro paese europeo (tra cui, in ogni caso, la Svizzera). Sta a ogni dipartimento del proprio ateneo stipulare un contratto/accordo con altre Università straniere interessate affinché i vincitori del bando possano aver la possibilità di seguire corsi o un periodo di tirocinio o ricerca per tesi ,naturalmente nella lingua del paese ospitante o in inglese.

Per me, l'opportunità è nata proprio da uno di questi accordi, stipulato con il laboratorio universitario di Prodotti Naturali Marini dell'Universitá de La Laguna di Tenerife. La scelta di questa meta è legata a diverse ragioni: inizierei citando un viaggio di piacere intrapreso anni fa in Gran Canaria, una delle 7 isole maggiori di questo arcipelago. Avendo provato sulla mia pelle il clima tropicale, e affascinato dalla particolare biodiversità presente su quell'isola, decisi già in passato di doverci ritornare.

Secondo motivo, ma non meno importante, è l'interesse nello scoprire la popolazione e la cultura spagnola; solo dopo la mia permanenza ho potuto concludere quanto essere destinataria di numerose migrazioni negli ultimi secoli l'abbia probabilmente resa unica nel suo genere. Non si può dimenticare poi che Tenerife è una meta turistica e all'anno fanno visita nell'arcipelago 11 milioni di persone. Ovviamente è rientrata anche in larga parte la passione per il campo di studio su cui si basa la mia tesi: ho scelto questa meta, e quindi quel preciso laboratorio, per progetti che si basano sulla ricerca di molecole con una attività farmacologica a partire da esseri viventi, ovvero appunto Prodotti Naturali.

- Hai lavorato in un laboratorio chimico marino. In che cosa consistevano, materialmente, le tue mansioni?

Ho seguito un progetto riguardante una molecola con attività antiosteoporotica, scoperta negli anni '90, estratta da un organismo marino classificato come corallo soffice, il cui nome scientifico è Zoanthus sociatus. Presentato in tal modo solo poche persone sapranno dare una figura a questo essere, ma non è introvabile, anzi, alcune specie simili vengono utilizzate per la decorazione di acquari marini per i loro colori e aspetto, ma anche per la loro resistenza e facilità di mantenimento.

Il mio compito era quello di separare e purificare, a partire dai vari estratti di colonie di questo organismo, una famiglia di molecole. Ottenuti i principi attivi purificati, essi venivano poi somministrati, seguendo apposite procedure e norme, a topi da laboratorio, rilevandone gli effetti sul mantenimento della densità ossea.

- A posteriori, come guardi alla tua “esperienza Erasmus?

Durante il mio periodo di Erasmus ho imparato molto, sia fuori che dentro il laboratorio, dal comprendere e parlare fluentemente inglese e spagnolo al rapportarmi con le altre persone in un ambiente professionale, dal lavorare a ritmi serrati al programmare il proprio carico di lavoro, al far fronte a problemi inaspettati. Ho capito che spesso la prima impressione è la più importante per riuscire a instaurare un legame, una conversazione, o per richiedere attenzione: ho imparato a capire rapidamente gli stati d'animo delle altre persone, specialmente grazie alle espressioni facciali, alla gestualità e al tono di voce senza, a volte, comprendere a pieno la lingua. Conoscendo la cultura delle persone risulta più facile rapportarsi a loro.

E proprio grazie all'incontro di nuove culture si può comprendere la propria origine e le proprie usanze, con pregi e difetti... come ad esempio l'inspiegabile fretta ansiogena nel portare a termine un lavoro e la non dovuta diffidenza negli sconosciuti, propria se non di noi Italia, certamente di noi Piemontesi.

Ho imparato, insomma, che bisogna esser capaci di analizzare ogni situazione,con un parere obiettivo e il più slegato possibile dalle proprie emozioni, cercando sempre l'approccio più utile. Solo dopo esser tornato ho compreso a pieno che tutto ciò che avevo prefissato o pensato prima della partenza era sbagliato, e che solo provando materialmente si può davvero imparare, capire davvero “come gira il mondo”. Insomma, ogni esperienza avrà sempre lati positivi e negativi, e subito si può valutare un'esperienza pessima, ma forse dopo 10 anni potrebbe comunque risultarci utile, e viceversa.

Un atteggiamento facilmente paragonabile alla ricerca: spesso si sbaglia, non si giunge ai risultati aspettati, ma anni dopo è possibile, grazie ad altre persone e tecnologie migliori, riuscire a scoprire qualcosa. Sta a ciascuno di noi riuscire a trasformare le occasioni in esperienze davvero positive, capire che la vita su questo pianeta non è facile per nessuno e che solo la nostra capacità umana di adattarsi (nel senso evolutivo del termine) ci rende la specie superiore su questo pianeta.

- Sei partito, poi sei tornato: pensi di lasciare ancora l'Italia? Qualunque sia la risposta... perché?

Il mondo è grande e affascinante: se si è capace di cogliere le differenze che lo caratterizzano e farne tesoro allora si è pronti a percorrerlo senza problemi o impedimenti. Ci sono persone adatte a spostarsi, che che vogliono colmare la propria sete di curiosità in questo modo, ma chi non esce dal proprio paese non è che non possa condurre una vita felice e in modo intelligente; costruirsi decine di vite differenti nel nome del “viaggio” non assicura la felicità, così come il contrario.

Recentemente sono riuscito a vincere un altro Erasmus, questa volta a Parigi per tre mesi di tirocinio in una farmacia ospedaliera, ma non ho ancora deciso se partire o meno: penso sia necessario, prima di tutto nella vita, provare a essere felici di quel che si vuole e si possiede, anche senza titoli di prestigio o esperienze particolarmente fuori dall'ordinario.

simone giraudi

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