Vive a Roma e, per sua stessa ammissione, ama l'Italia alla follia. E al contempo è uno dei maggiori resisti del panorama cinematografico internazionale: si tratta dell'italo-americano Abel Ferrara, protagonsita dell'incontro delle 18.30 in Piazza Blu a #Collisioni16.
Artista poliedrico, istrionico e sempre sorprendente, si presenta sul palco con una chitarra e poi dialoga con Marco Spagnoli in merito al documentario girato per DeejaTv; protagonista, la storia di Padre Pio nel momento in cui ha ricevuto le stigmate. Per lui, è risultato interessante soffermarsi sul contesto in cui Padre Pio è stato miracolato e, durante l'incontro, ha sottolineato come le ferite delle stigmate su mani, piedi e costato siano simili a quelle più comuni riscontrate sui soldati in guerra.
E' un cinema imprevedibile il suo, diversissimmo da pellicola a pellicola: nell'incontro lo si è analizzato sotto diversi aspetti, come per esempio il suo rapporto con gli attori: "Non posso tirar fuori qualcosa che loro non hanno. Ho avuto modo di lavorare con attori intelligenti, pieni di passione, capaci nella tecnica e nell'istinto: come regista, in questi casi, devi solo proteggerli e dar loro il giusto spazio."
Ma quali storie interessano Abel Ferrara? "Domanda difficile. Quando voglio narrare qualcosa, sento di doverlo fare: lo sento, dentro di me. E lo stesso vale per i casting. Un autore non deve mai dimenticare di mantenersi in contatto con i propri istinti, dominandoli e lasciandovisi trasportare al tempo stesso."
s.g.