Il primo Festival Voxonus organizzato in Valle Bronda chiude domenica 30 ottobre con un un concerto alle ore 17 nella chiesa Maria Vergine Assunta di Brondello; ingresso gratuito. Il concerto è in concomitanza alla rassegna del Comune “ritornano i Mundaje”, dal nome piemontese per “caldarroste”. Dopo il concerto rinfresco al ristorante “La Torre”, vicino alla chiesa.
Prima di fare il bilancio ufficiale di questo primo Festival, si può già anticipare che sarà altamente positivo, con un'affluenza sempre al limite (se non oltre) la capienza dei bellissimi contesti storico-culturali della valle. Ma oltre alla gradita presenza del pubblico, si vuole sottolineare la grande sintonia con la Valle, con i Comuni di Castellar, Pagno e Brondello, con i produttori enogastronomici e anche con gli sponsor locali. Si è inoltre avuto uno scambio di spettatori tra i luoghi che sono le due anime del Festival, quella Piemonte e quella Ligure.
Qualche cenno sul programma di domenica. I “Concerti grossi” op.6 di Corelli sono i primi a riportare questo titolo. Questi 12 concerti furono pubblicati postumi (1714), ad un anno dalla morte del suo autore e sono suddivisi nei cosiddetti generi della “sonata da chiesa” (dal primo all'ottavo) e “sonata da camera” (dal nono al dodicesimo). La suddivisione interna dei movimenti è varia, arrivando ai 6 tempi e vedendo anche abbozzi di Suite e danze come la gavotta, la sarabanda, il minuetto, l'allemanda e la giga. In effetti la composizione di quest'opera fu quasi un laboratorio musicale per una definizione di “Concerto grosso”. Ebbero tanta fama e diffusione che furono presi a modello (lo vedremo in questo stessa serata) da Handel. L'RV114 di Vivaldi, datato probabilmente al 1717, è uno dei 60 concerti vivaldiani che non prevedono uno o più strumenti solisti, ma un generico “per archi”. In questo Festival Voxonus sono state prodotte molte forme musicali del poliedrico ingegno del veneziano. Quella di domenica è ciò che maggiormente si avvicina alla costruenda forma della “Sinfonia”. Francesco Onofrio Manfredini (Pistoia 1684–1762) è un altro dei compositori barocchi italiani finiti nel “dimenticatoio”. Manfredini studiò violino con Giuseppe Torelli a Bologna, dove entrò nel servizio musicale di San Petronio e divenne membro dell'Accademia Filarmonica. Compose molti oratori, tutti perduti. Conosciamo infatti una parte molto limitata delle sue opere. Purtroppo, data la bellezza dell'opera 3: 12 concerti composti nel 1718 ed editi a Bologna, da cui ascolteremo il concerto n.11 in do minore. Di Georg Friedrich Handel ascolteremo il concerto grosso n.5 dall'opera 6, come precedentemente accennato, “ispirato” da Corelli. Pare che sotto pressione dell'editore John Walsh, Handel compose tutti e dodici (più lunghi e maestosi di quelli italiani) i Concerti tra la fine di settembre e la fine di ottobre del 1739. Handel immise nei movimenti dei concerti tutta la sua ampia gamma di stili compositivi: compreso il trio, arie, ouverture alla francese, sinfonia all'italiana, fughe, temi con variazioni e danze varie. Senza “riciclare” dal suo repertorio quasi nulla. J.S. Bach ne fece una trascrizione per tastiera (BWV 596).