/ 

In Breve

| 17 dicembre 2016, 06:00

La giovinezza meccanica di Kubrick/Burgess (parte seconda)

Nel 1971 esce “Arancia Meccanica”.

La giovinezza meccanica di Kubrick/Burgess (parte seconda)

Trattato inizialmente come un privilegiato in una struttura non lontana dal carcere ad Alex viene quotidianamente somministrato un farmaco spacciato per vitamine che lo indebolisce molto mentre è costretto (letteralmente) a guardare documentari e cortometraggi d’inaudita violenza legato ad una sedia e con le pupille dilatate da dolorosi ganci che sembrano le chele d’un insetto e che ricordano gli aghi oculari di “Opera” di Dario Argento. Malcolm si provocherà delle abrasioni alle cornee girando questa scena.

Dopo quindici giorni di tortura fra stupri, aggressioni e l’inevitabile parentesi nazista che scorrono di fronte ai suoi occhi dilatati e costantemente lubrificati da un collirio Alex è pronto per essere esibito davanti al Ministro, ai giornalisti e alle autorità culturali. Egli è, o dovrebbe essere, l’esempio di come il Governo ha deciso di debellare la criminalità giovanile attraverso un trattamento di certo poco ortodosso ma che associando nell’inconscio del soggetto a immagini di violenza una sensazione d’insopportabile nausea dovrebbe inibire ogni naturale pulsione al Male trasformandolo in Bene incarnato.

L’esperimento è un successo, il nostro eroe non solo non risponde alle provocazioni d’uno sconosciuto ma si umilia di fronte a lui e quando una bellissima donna gli viene incontro seminuda l’istinto di violentarla si trasforma istantaneamente in dolore. Tutti sono soddisfatti tranne il cappellano del carcere che condanna, da cristiano, la distruzione in Alex del libero arbitrio più che della pulsione al Male ma il Governo non ha tempo per problemi etici quando deve occuparsi di criminalità (leggi “essere rieletto”).

Il capo-drugo viene liberato e, ormai apparentemente affrancato da ogni stimolo di violenza, subisce una serie di contrappassi danteschi: prima rincontra il barbone che insieme ai suoi soci pestò in un tunnel e nello stesso tunnel viene malmenato da lui e da altri vecchi senzatetto quindi, portato in salvo da due agenti, si accorge che altri non sono se non i suoi due compagni di scorrerie ormai passati alla violenza legalizzata. Lo pesteranno in un bosco in onore dei tempi in cui li tiranneggiava già sapendolo inerme per aver appreso di lui e della cura Ludovico dai giornali.

Malridotto e insanguinato vagherà fino ad una casa in un sobborgo rurale e lì lo accoglieranno uno scrittore su una sedia a rotelle e il suo nerboruto domestico che si prenderanno cura di lui impietositi dai suoi racconti. In particolare il padrone di casa, progressista e anti-governativo, si infurierà per il trattamento riservato al ragazzo prima dallo Stato quindi dalla polizia e convocherà una riunione di amici ideologicamente affini per elaborare una strategia che getti discredito sulle politiche sociali del Governo “usando” il povero Alex come martire e testimone.

Ma l’anziano scrittore paralitico è proprio l’uomo cui il nostro eroe violentò la moglie riducendolo a suon di botte in quelle condizioni e dopo che Alex se ne sarà accorto anche il vecchio inizierà a sospettare qualcosa lanciandogli occhiate feroci, ormai pazzo per la perdita di sua moglie, morta in seguito allo stupro.

Il giovane drugo ha fretta di compiacere lo scrittore così come l’aveva di compiacere il cappellano del carcere o il Ministro degli Interni purchè quello strazio finisca e lui possa tornare libero ma qui film e libro si dividono perché nel secondo l’anziano anfitrione sospetterà di lui per la violenza subita anni prima solo sul finale mentre nel film è proprio Alexander (lo scrittore) a chiudere a chiave Alex in una stanza sparando a tutto volume l’amata Nona di Beethoven ormai associata dal ragazzo ai campi di sterminio nazisti e causa della ben nota nausea da cura Ludovico.

Tentare il suicidio è l’unica soluzione rimastagli così si lancerà dalla finestra ma scamperà alla morte risvegliandosi su un letto d’ospedale per scoprire d’essere guarito dalla nausea, forse grazie al trauma della caduta, e di poter di nuovo pensare e agire in modo violento senza crampi né conati. Verrà nuovamente il Ministro a fargli visita per scusarsi delle terribili vicende occorsegli e rassicurarlo del fatto che il manipolo di sovversivi guidati dallo scrittore Alexander che volevano nuocergli è stato messo a tacere e che se vorrà collaborare col Governo dimenticando l’accaduto avrà un lavoro e uno stipendio.

Il tutto avviene in una surreale scena in cui il potente politico imbocca sul lettino d’ospedale l’ingessato Alex pronto ad aprire la bocca a tempo come un pesce rosso, perfetta metafora della strumentalizzazione propagandistica in funzione della sicurezza economica come ricatto (e mai riscatto) sociale. Alex implicitamente accetterà di diventare parte (con la sua ritrovata propensione alla violenza) di quel Governo che ha reclutato anche i suoi ex-drughi e questo per poter continuare a fare quel che ha sempre fatto ma col legittimo imprimatur d’una divisa.

L’epilogo del romanzo, nella sua versione definitiva, è invece una chiosa moralistica con un Alex che si dispone a diventare maturo (e padre), ormai lontano dalla trascorsa seduzione del male ma secondo Kubrick questo finale potrebbe essere stato suggerito a Burgess dall’editore per mitigare un po’ il nichilismo dilagante dell’opera.

Nel 1945, di ritorno dalla guerra, Burgess sentì un anziano cockney dire in un pub di Londra a qualcuno che era “sballato come un’arancia meccanica” e decise che un giorno avrebbe usato quell’espressione per un romanzo: nel saggio del 1986 “Clockwork orange resucked” egli dice che un essere che fa o solo il Bene o solo il Male ha l’apparenza d’un amabile frutto ma dentro è un giocattolo a molla caricato, da Dio, dal Diavolo o dallo Stato totalitario, a far scattare la propria violenza. La locandina del film parlava chiaro:”le avventure d’un giovane i cui principali interessi sono lo stupro, l’ultraviolenza e Beethoven”.

Negli anni Cinquanta, per rispondere alla dilagante ondata di criminalità giovanile, la stampa britannica e alcuni eminenti teorici, considerando (non a torto) riformatori e carceri dei meri moltiplicatori del crimine, avanzarono la proposta scientifica d’una terapia del disgusto che associasse all’atto violento una sensazione di malessere tipo nausea. Molti sembrarono avallare una simile idea ma Burgess, che non era affatto concorde, iniziò a scrivere “Arancia Meccanica” come una sorta di paradossale difesa del libero arbitrio contro il Bene imposto da uno sovrastruttura. Il nucleo centrale del romanzo, e del film, è questo.

“Alex non è traviato, è cattivo”; per quanto i suoi genitori siano delle mediocri comparse pronte ad ingrassare sui suoi vizi e per quanto egli cresca in una cornice di degrado morale e sociale veramente sintomatica il giovane drugo non dà la colpa a nessuno per questa sua naturale inclinazione all’ “ultraviolenza”. C’è chi nasce buono e chi cattivo, dice Alex, non si chiedono mai la causa della bontà ma quella della cattiveria si. E’ l’io la causa. E’ Dio che ci ha voluti così. Loro non accettano il Male perché non accettano l’io.

Ed è l’individualismo più sfrenato la cifra di McDowell-Alex, unito ad una certa ingenuità, o sarebbe meglio dire purezza, che lo allontanano da qualsiasi ottica borghese o capitalistica come quando i suoi amici vogliono boicottarlo pensando ad un colpo in grande stile e lui rifiuta quest’ingordigia dimostrando di essere libero anche dalle lusinghe della proprietà.

Se si guarda Arancia Meccanica attraverso questo filtro le pesanti accuse che sono piovute addosso a Kubrick (e a Burgess prima di lui) cadono per insufficienza di prove anche perché subentra un meccanismo catartico che permise al regista di sfuggire alla reiterazione “pornografica” dei gesti violenti e che Burgess contestualizzò parlando di come sua moglie fu vittima nel 1942 d’una triplice violenza carnale. Cosa che lo scagionerebbe in maniera più che intuitiva sia da una presunta celebrazione della violenza che dal luogo comune dell’autore che si innamora dei personaggi negativi che dovrebbe destrutturare simbolicamente.

La dimensione politica di Arancia Meccanica è la critica ad ogni totalitarismo. Nella vicenda De Large tutte le istituzioni sono colpevoli a partire dalla famiglia, di cui si è già detto (passando attraverso il malato diaframma dell’assistente sociale), fino al Governo che rende il peggior detenuto possibile una semplice pedina volta a dimostrare il polso fermo avuto contro la criminalità facilitando la propria rielezione.

Ma l’emblematico capitolo della “cura Ludovico” è anche uno spietato attacco all’onnipotenza della scienza che, in nome d’un presunto “bene dell’umanità”, macina individui (e animali) senza interrogarsi minimamente sulla valenza etica di tali decisioni.

“Potenzialmente la scienza è molto più pericolosa dello Stato perché produce effetti assai più persistenti” dice proprio Kubrick in un’intervista e la facilità con cui un sistema scientifico può fagocitare persone sole o socio-economicamente fragili per servirsene “a fin di bene” equivale al reclutamento da parte del Governo degli “ultimi” a scopo militare che può essere letto nell’ambivalenza “opportunità/sfruttamento”.

“Nessuno pensa a me?” grida il carnefice Alex divenuto vittima in quanto ignorato come individuo e questo suo urlo non si rivolge solo contro il Governo ed il suo braccio armato dalla scienza ma anche contro lo scrittore Alexander e i suoi progressisti di sinistra che mentre criticano gli abominevoli metodi usati dal sistema con lui sono pronti a crocifiggerlo di nuovo impugnandolo come un martire solo per dimostrare di avere ragione.

“Gli estremisti condividono il disprezzo per l’uomo. Sono diversi soltanto nel programma” Sempre Kubrick.

In chiave psicoanalitica il personaggio di Alex rappresenta l’inconscio ma anche l’uomo allo stato di natura che la Società cerca di civilizzare attraverso il trattamento Ludovico creando una nevrosi in cui lo spettatore si riconosce identificandosi in lui nonostante sia autodichiaratamente  cattivo e antisociale. C’è in ogni suo gesto estremo una scintilla di violenza che alberga in ognuno di noi e che sul piano inconscio liberiamo nei sogni o sublimiamo catarticamente vedendolo agire, da maschera, al limite della crudeltà. Ecco perché il suo ghigno impudente sotto i “fari” azzurri ce lo rende simpatico anche perchè nella propria cattiveria egli è puro e questo gli consente di amare la musica classica in modo così laterale a qualsiasi etica che non solo la melodia non eleva il suo spirito ma fa da cassa di risonanza all’ultraviolenza che lo abita.

Dice Burgess:” Alex rappresenta l’umanità in tre modi: è aggressivo, ama la bellezza, si serve del linguaggio”.

La bellezza è come sempre segno distintivo dell’opera di Kubrick che in Arancia Meccanica ha usato la camera cercando di rendere l’atmosfera da “iconografia del male” del romanzo usando degli zoom all’indietro che dal primo piano inquadrano l’intera scena (emblematico il volto di McDowell al Korova Milkbar) con un senso dello spazio teatrale come nello stupro di gruppo di Billyboy e seguaci ma tale ricerca estetica si nota soprattutto nei tanti riferimenti pittorici.

L’immagine del cortile della prigione è un evidente omaggio a “la ronda dei carcerati” di Van Gogh mentre il Korova Milkbar è realizzato in pieno stile “optical art” coi suoi contrasti bianco-nero e le sculture in lattice chiaramente ispirate ad Allen Jones (che si rifiutò di realizzarne gratis per il film). I quadri nella scena di violenza contro lo scrittore e sua moglie sono in stile pop-art e richiamano i lavori di Wessellmann e Ramos anche se fra di essi ce n’è uno di Brancusi e proprio a Brancusi viene da pensare guardando la grottesca statua fallica (Makkink, 1968) con cui Alex uccide la gattara.

In questo delirante affresco di colori sgargianti, parrucche  e arredamento kitsch l’erotismo abbonda perché Kubrick pensava che un giorno l’arte erotica sarebbe diventata popolare e così anticipava il fenomeno illustrando scenograficamente un futuro a suo avviso non così lontano.

A commentare le gesta del giovane drugo è la musica classica deformata in modo straniante. Abbiamo l’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini in ben tre scene e, sempre di Rossini, la Gazza Ladra quindi “The funeral of Queen Mary” di Henry Purcell anche se a farla da padrone è la Nona del Ludovico Van riadattata al sintetizzatore da Wendy Carlos. L’effetto d’insieme è un omaggio punk che culmina nella scena forse più disturbante dell’intera pellicola e cioè quando avviene lo stupro della moglie dello scrittore sulle note di “Singing in the rain”.

La leggenda vuole che Kubrick non fosse soddisfatto della recitazione degli attori così propose  a McDowell d’improvvisare un balletto e questi lo fece scegliendo di cantare e danzare il bellissimo e incongruente pezzo di Gene Kelly meravigliandolo e spingendolo ad acquisire subito i diritti della canzone.

Ma la più grande rivoluzione di Arancia Meccanica, come per tutti i capolavori, sta nel linguaggio che fu appositamente inventato da Burgess (il “Nadsat”) e cioè uno slang giovanile che mescolava inglese e russo e che prendeva il proprio nome da un suffisso finale dei numeri russi da 11 a 19. Kubrick reinterpreta liberamente tale gergo arricchendolo con espressioni spagnole e francesi e col rovesciamento poetico delle frasi ma la crasi fra la parola scritta e immagini è sotto questo punto di vista perfettamente riuscita.

Torna in mente lo splendido cantiere di ricerca musicale e linguistica che è stato “Il partigiano Johnny”, al di là dei suoi contenuti politici.

Arancia Meccanica, con la sua serie infinta di coincidenze, non è un romanzo (né un film) realistico ma assomiglia di più ad una fiaba distorta. La cattiveria di Alex fa pensare un po’ alla disubbidienza di Pinocchio visto che entrambi, per quanto il primo sia crudele e il secondo traviabile, sono circondati da adulti che dovrebbero guidarli verso il Bene ma lo fanno in modo ambiguo perché sembrano contenere in boccio i germi della stessa corruzione che vorrebbero debellare.

Il peccato del Bene è di voler guarire il Male. Il Male non ha questa pretesa.

Su uno sfondo equivocamente bianco (bianche le divise dei drughi, bianche le sculture del Korova e soprattutto bianco il latte che dovrebbe rappresentare l’innocenza infantile e che qui viene invece “migliorato” con mescalina ed altre droghe sintetiche) si muove lo spettro di Alex che deve essere così cattivo (“mi piace farlo…”) per denunciare la ferocia del Governo e del suo trattamento perché se fosse stato meno crudele la critica a tali metodi avrebbe subito la deroga “in fondo non lo meritava perché non era così malvagio”.

Il dibattito sempre vivo se un’opera d’arte possa o meno, per emulazione, istigare qualcuno a commettere un atto di violenza di qualsiasi tipo è inesauribile e si divide fra chi come Kubrick (e il sottoscritto) pensa che siano ben altre le radici della violenza nelle società moderne e chi invece porta l’esempio di alcuni serial killer che prima di agire si caricavano guardando determinati tipi di film (vedi Dahmer con “l’Esorcista III”) non essendo in grado di filtrarli catarticamente.

Arancia Meccanica è un film non a favore della violenza ma del libero arbitrio perché un uomo che è costretto a scegliere il Bene subisce una violenza ben peggiore di quella della libertà.

 

e così,O Fratelli, piantiamola con tutte queste sguanate. Solleviamo le mestole e pettiniamo il criname, usciamo a locchiare qualche bel sosto con una devocka cinebrivido provvista di robusti tuberi e diamoci dentro con un piccolopoco vaievieni invece di sprolare e martellarsi il gulliver con queste trucche di Male e Bene che è roba per bigi poldi mica per malcichi gagliardi come nos otros…snicchiamo il rumore della ville e il mare che scriccia sglutando un piccolo poco di mommo coi coltelli che poi c’è da far tremare

qualcuno festato a dovere finchè di salsa non si timbrino le sue macerie e la cupa finisca con noi che si va a ciocchire buando per il male al planetario ma schioccando le lerfie per il gran gusto che tale ultraviolenza causò…Vostro Affezionatissimo e Umile Recensore… 

per scrivere all'autore overmovie@targatocn.it

 

De Mazan

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A APRILE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

WhatsApp Segui il canale di Targatocn.it su WhatsApp ISCRIVITI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium