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Politica | 30 marzo 2017, 07:13

La discesa in campo di Menardi mette a soqquadro lo scenario politico cuneese

La candidatura dell’ex sindaco ed ex senatore, la più forte che il centrodestra potesse pensare, costringe il centrosinistra a rinserrare le fila e semina scompiglio tra gli avversari

La discesa in campo di Menardi mette a soqquadro lo scenario politico cuneese

Se fino a qualche settimana fa il centrosinistra civico di Federico Borgna e il Pd potevano permettersi di cantarsela e suonarsela a piacimento, ora la situazione è mutata. La fissazione, da parte del Viminale, dell’11 giugno come data in cui si svolgerà la consultazione elettorale e l’ufficializzazione della candidatura a sindaco di Giuseppe Menardi per il centrodestra, hanno cambiato radicalmente il quadro politico cuneese.

Una campagna elettorale che si preannunciava scontata, tutta proiettata sui bizantinismi del centrosinistra, si riaccende di colpo. Menardi è indubbiamente la candidatura più forte che un centrodestra non certo granitico e per nulla organizzato potesse mettere insieme.

Visto da Destra pare quasi un miracolo, vista da Sinistra una iattura di cui si sarebbe volentieri fatto a meno. L’uomo – come ha spiegato lui stesso nella conferenza stampa di presentazione – non è riuscito a disintossicarsi in modo irreversibile dalla politica e il richiamo è stato così forte che non ha saputo resistere. Un richiamo, si badi bene, prevalentemente soggettivo e non già delle sirene dei partiti, che pure lo hanno sposato con entusiasmo ben consapevoli che senza di lui sarebbero rimasti al palo.

Nessuno si confonda: Menardi non è stato sedotto da Giorgia Meloni o irretito dal mefistofelico Ignazio La Russa. Se possono averlo lusingato le profferte arrivate dai segretari provinciali dei tre partiti, William Casoni (Fratelli d’Italia), Massimo Garnero (Forza Italia) e Giorgio Bergesio (Lega Nord), non sono queste che lo hanno indotto a gettarsi nella mischia.

Come sempre succede con i “comandante in capo” è stato lui a volere la candidatura a sindaco sostanzialmente per due ragioni: la prima è il gusto innato per la sfida, che più difficile è più lo eccita, la seconda è la profonda passione per la città in cui è nato e che – come ha ricordato lui stesso nella conferenza stampa di lunedì al Lovera Palace – “gli ha dato tanto”.

Può pure starci la voglia di ritornare sulla querelle della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, che l’ha visto protagonista di epiche battaglie giuridico-legali (in larga parte perse), ma se incentrasse la campagna elettorale sul piano della rivalsa partirebbe col piombo nelle ali. Menardi è troppo esperto per non sapere che la partita dipenderà in buona parte dalle liste che i suoi sherpa riusciranno ad approntare, se cioè i candidati consiglieri che ne faranno parte sapranno essere espressione delle varie realtà geografiche della città, frazioni comprese, e del tessuto socio-economico cittadino.

Forza Italia a Cuneo è ai limiti dell’estinzione, Fratelli d’Italia raccoglie i reduci dell’ex Movimento Sociale e di Alleanza Nazionale, ma nemmeno con Guido Crosetto è riuscita a racimolare consensi che andassero percentualmente oltre il numero delle dita di una mano. La Lega ha dalla sua un brand che tira, ma nel capoluogo non dispone di quadri attrezzati, né può vantare un’opposizione amministrativa particolarmente aggressiva nel mandato che volge al termine. Menardi sa che parte con un’Armata Brancaleone pur confidando nell’ausilio di una/due liste civiche che potrebbero portargli in dote un significativo valore aggiunto. Tuttavia, gli avversari sono stati in qualche misura colti alla sprovvista perché nessuno ci credeva davvero alla sua scesa in campo. Ora temono che l’Armata Brancaleone possa avere nei loro confronti gli stessi effetti che sortirono gli “Straccioni di Valmy” nei confronti degli austro-prussiani nell’omonima battaglia che mutò il corso della storia europea.

Ecco perché nel centrosinistra, con esiti per la verità ancora incerti, stanno cercando di mettere fine alle lotte intestine per poter far fronte all’assalto.

Anche la sfida civica in solitaria di Giuseppe Lauria si complica, stretto com’è tra i Fratelli/coltelli da una parte e i camerati ultraortodossi di CasaPound dall’altra. Solo il grillino Manuele Isoardi, serafico, continua a rimirar le stelle.

Giampaolo Testa

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