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In Breve

| 27 maggio 2017, 17:41

Quando valgono gli sms come prova in un processo?

Resta il fatto che, qualora il Giudice accerti l’illecita captazione dei messaggi, anche tale prova non potrà essere utilizzata ai fini della decisione

Quando valgono gli sms come prova in un processo?

Il nostro codice civile, nell’individuale i tipi di prova documentali ammessi, fornisce un elenco che a prima vista può apparire piuttosto datato.

Oltre al documento pubblico ed alla scrittura privata riconosce infatti efficacia probatoria: al telegramma (artt.2705, 2706 c.c.), alle carte e ia registri domestici (art.2707 c.c.), alle annotazioni in calce, in margine o a tergo di un documento (art.2708), ai libri e alle altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione (artt.2709 – 2711 c.c.), alle riproduzioni meccaniche (art.2712) nonché alle taglie o tacche di contrassegno (art.2713 c.c.).

Per ovvi motivi, essendo entrato in vigore nel lontano 1942, al suo interno non si trovano riferimenti a sistemi di comunicazione moderni quali l’e-mail, l’sms ovvero – men che meno – allo scambio di messaggi tramite social network.

Tuttavia l’art. 2712 del codice civile – dedicato alle cosiddette “Registrazioni meccaniche” – dopo un richiamo alle riproduzioni fotografiche, cinematografiche e fonografiche, riconosce ora valore probatorio anche alle riproduzioni informatiche e, più in generale, ad ogni rappresentazione meccanica di fatti e di cose.

Proprio tale clausola aperta permette l’ingresso nel procedimento civile di tutti quegli strumenti di comunicazione ormai divenuti di uso quotidiano e che, nell’accertamento giudiziale dei fatti, rivestono un ruolo sempre più spesso predominante.

 

Gli sms dell’amante  nel giudizio di separazione

In merito al valore probatorio dei messaggi telefonici, una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva  dedotto  da alcuni sms la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte di un marito fedifrago.

La Suprema Corte, con sentenza numero 5510/2017, ha pertanto avallato la tesi secondo la quale i messaggi telefonici costituiscono prova sufficiente a dimostrare il tradimento del coniuge e, di conseguenza, tale da giustificare l’addebito della separazione.

A nulla sono valsi i tentativi del marito di ricondurre la crisi del matrimonio ad un periodo precedente e di descrivere la relazione extraconiugale come una sua mera conseguenza: la Cassazione ha infatti confermato la ricostruzione dei fatti presentata dalla Corte d’Appello, condannando il malcapitato a sborsare ogni mese duemila euro per il mantenimento alla moglie e tremila euro per il mantenimento dei tre figli.

Lettura dei messaggi altrui e violazione della privacy

La segretazza della corrispondenza – in tutte le forme in cui possa realizzarsi – è tutelata dall’art. 15 della Costituzione.

Costituisce pertanto attività illecita la lettura di sms e messaggi altrui, così come l’accesso alle pagine personali altrui su siti internet e social network (anche nel caso in cui la persona offesa  abbia imprudentemente lasciato il telefono o il pc incustodito).

In tema di e-mail, la violazione della riservatezza altrui integra addirittura il reato di accesso abusivo a sistema informatico previsto e punito dall’ art. 615ter c.p., anche nel caso in cui l’utente abbia lasciato memorizzata la password d’accesso.

Per quanto riguarda gli sms, il Tribunale di Torino ha invece escluso l’integrazione del reato nel caso in cui a “spiare” il contenuto dei messaggi sia il coniuge – riconoscendogli così il diritto di utilizzare tale elemento come prova in sede di separazione – ma solo a patto che il cellulare sia stato lasciato acceso dal suo proprietario ed alla mercé del convivente (così, Tribunale di Torino, ordinanza dell’ 8/05/2013).

Ma attenzione! In tutti gli altri casi, non solo permane l’lliceità della condotta, ma tali messaggi non potranno neppure trovare accesso nel processo civile, in quanto trattasi di prove acquisite mediante violazione di norme di legge.

 

Il licenziamento intimato mediante sms

La Corte di Appello di Firenze, con una sentenza che ha fatto discutere anche i non addetti ai lavori, ha invece di recente affermato che l’sms costituisce mezzo idoneo per procedere al licenziamento di un dipendente.

I giudici toscani hanno infatti riconosciuto al messaggio telefonico quella forma scritta che la normativa in materia prescrive per poter interrompere il rapporto di lavoro, sempre che – precisa la Corte – “non ne sia contestata la provenienza dal mittente” (Corte di Appello di Firenze, n. 629 in data 05/07/2016).

 

L’ingresso degli sms nel processo

Sicuramente complessa risulta tuttavia la procedura necessaria al fine di produrre tali prove in giudizio.

Stante l’impossibilità di depositare materialmente il cellulare, spesso le parti che intendono utilizzare il contenuto degli sms quale prova documentale procedono alla loro trascrizione ovvero alla riproduzione fotografica della schermata del telefono.

Tali produzioni vanno tuttavia incontro a facili eccezioni dirette al loro disconoscimento ai sensi degli articoli 2712 e 2719 c.c.

Per ovviare a tali inconvenienti è pertanto consigliabile che la disamina del cellulare – e la trascrizione dei messaggi in esso contenuti – venga effettuata da un perito iscritto nell’albo dei consulenti del Tribunale, il quale provvederà a redigere una perizia di parte.

Resta il fatto che, qualora il Giudice accerti l’illecita captazione dei messaggi, anche tale prova non potrà essere utilizzata ai fini della decisione.

avv. Luca Blengio

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