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In Breve

| 22 luglio 2017, 05:00

L’ebbrezza della notte

Simile al bacio d’un suicida sulla corrente stellata d’un fiume scivola via la notte con le sue essenze che la terra accoglie, materna e muta come una levatrice

L’ebbrezza della notte

Correggere i dissapori del giorno col malto del tramonto bevendo la luce della città bionda come un’antica cartolina mentre il frutto rosso del sole si sbuccia sulla filigrana dei monti e la cerveza dei ricordi appanna il vetro del corpo gelido al tatto come la nostalgia.

Mordere lo zucchero di canna che tarantola i sensi ansiosi di bruciare il passato nel ghiaccio tritato d’una caipirinha mentre si aspetta che la notte invada la sera color curacao ingoiando il velluto dei campi e le stringhe di liquirizia delle strade.

Come un sipario di seta adeso al granchio di due amanti in lotta macchiando la zolletta di zucchero del vespro, a circolari pennellate, giunge l’assenzio della notte. Versarsi nella strada curva come un assolo di sax bagnando il tabacco della poesia nella grappa di fine Estate da bere come la sapida nebbia delle pianure masticando la foglia di coca del perduto amore come i contadini sudamericani mentre la melodia diviene suono e un calice di vino chinato ci aspetta alla fine della commedia, speziato e agrodolce come il sangue d’una voce rotta.

Partorita dall’incubo d’un pittore folle e tremante come i riflessi d’una fontana si espande la luna come una pietosa parata d’ubriachi mestruando vino pesante dai seni come acini troppo maturi; tenere in bocca il suo liquore scaldandone la punta coi polpastrelli della lingua prima di ingoiare, facendosi ingoiare, avvelenati dalla leggera pesantezza dell’ebbrezza.

Quando il suono che era melodia si fa rumore e tutte le feste perdono sangria dalla ferite al costato chiudere gli occhi mangiando le lacrime saline come ostriche mentre stelle cadenti ascendono in bolle d’anidride carbonica nel bicchiere della notte e la gioia macera nel lagunare disincanto.

Ecco che la rabbia sfuma e l’amore lascia il posto ad un amore più grande che distilla e sintetizza, raccoglie e invecchia, matura e consuma, si ritira come una marea ed esala dal mortaio rum agricolo a cinquanta gradi, vodka bianca come una bomba al fosforo o un flash al magnesio, ginepro incandescente come oro fuso o amaro rovente come una punta di freccia su un livido.

Simile al bacio d’un suicida sulla corrente stellata d’un fiume scivola via la notte con le sue essenze che la terra accoglie, materna e muta come una levatrice, e noi strofiniamo le gengive coi polpastrelli intinti nella lavanda del mattino e gli occhi con la brina delle erbe nere di periferia, innamorati e assassinati dall’ebbrezza della notte.

 

                                                                                                                               

 

Germano Innocenti

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