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In Breve

| 09 settembre 2017, 12:55

Unioni civili: l'inevitabile meccanismo del progresso sociale – I ragazzi stanno bene

Nel 2017 guarderemmo ancora a una piccola di questo tipo con tutta questa foga? Con tutta questa violenza nel dimostrarci contro o a favore?

Unioni civili: l'inevitabile meccanismo del progresso sociale – I ragazzi stanno bene

“I ragazzi stanno bene” (The Kids Are All Right) è un film del 2010 di produzione americana scritto da Lisa Cholodenko e Stuart Blumberg, e diretto dalla stessa Cholodenko.

Al centro della vicenda c'è la famiglia composta da Jules e Nic, coppia di donne lesbiche con due figli nati per inseminazione artificiale, Laser e Joni; quando quest'ultima compie diciotto anni, il primo la convince a contattare la banca del seme per scoprire chi sia il loro padre biologico. Presto, quindi, la quotidianità delle due donne verrà sconvolta dall'arrivo di Paul, affascinante ristoratore quarantenne.

Una famiglia moderna che più moderna non si può. Inseminazione artificiale, padri biologici e madri acquisite, coppie omosessuali, matrimoni e crescita dei figli. Quante volte, in un qualunque film americano, avete sentito parlare di queste cose? E quante volte vi è capitato di trovarle tutte insieme in un'unica e sola pellicola?

Con “I ragazzi stanno bene” accade. E accade bene, credetemi, perché il film in sé e per sé è assolutamente interessante, adulto, godibile e divertente. I più interessati al mondo del cinema di voi, miei soliti, cari, cinque lettori di “Ad occhi aperti”, ricorderanno il gran polverone scatenato dall'uscita del film, che è stato ampiamente osteggiato da diverse realtà legate a un concetto di famiglia e di quotidianità ben più tradizionale (ovviamente, aggiungerei) e allo stesso tempo incensato probabilmente oltre i propri reali meriti da tutta quella parte di popolazione che fa della difesa, quanto più possibile sincera, dei diritti delle coppie omosessuali uno dei propri personali baluardi sociali (anche qui aggiungerei un ovviamente).

Pioggia di nomination ai più disparati festival cinematografici d'America e del mondo, grande richiamo mediatico. Tutta roba che fa benissimo al film stesso, e ancora di più a chi al film ha lavorato... e ci mancherebbe altro, certo.

Però. C'è un però, non credete? E cioè una piccolissima riflessione: nel 2017 (a soli 7 anni di distanza dall'uscita del film), guarderemmo ancora a una piccola di questo tipo con tutta questa foga? Con tutta questa violenza nel dimostrarci contro o a favore, senza riuscire a guardare al tutto per quello che è e basta, come fosse un qualsiasi altro film?

Credo sia un discorso che si può fare per qualunque altro tipo di argomento relativo agli ancora resistenti tabù della società di oggi, ma quello delle unioni civili e dei diritti delle coppie omosessuali è di estrema attualità: non più tardi di cinque giorni fa, infatti, proprio sul nostro giornale è uscito un articolo in cui si identificava in 35 il numero di coppie omosessuali che nel corso degli ultimi mesi si sono sposate nelle principali città della provincia Granda.

Una realtà ancora ristretta, certo. E nonostante tutto ben presente e della quale, ci potete scommettere, è prevista senza dubbio una crescita costante; insomma, le famiglie simili, almeno in teoria, a quella ritratta in “I ragazzi stanno bene” diventeranno nel corso del tempo sempre più comune e ampia.

Una deriva vergognosa? Un giusto riconoscimento sociale? Vedete voi, non voglio entrarvi nella testa (questa volta).

Di chiaro e sicuro c'è solo che il progresso, inteso come dinamismo teso a cambiare il passato stagnante in un futuro il più possibile salubre, non può essere realisticamente fermato. E che di come ci poniamo davanti al proprio scorrere inesorabile, risponderà soltanto ciascuno di noi.

simone giraudi

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