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Attualità | 15 ottobre 2017, 18:12

L'autunno caldo dell'industria cuneese, l'isola felice che "paga" la crisi dei colossi

Un periodo di vertenze complicate con questioni occupazionali cuneesi che stanno arrivando sui tavoli regionali e nazionali. Il tutto in un periodo storico di profonda trasformazione, dove si comincia a parlare di innovazione 4.0

L'autunno caldo dell'industria cuneese, l'isola felice che "paga" la crisi dei colossi

Si parla di innovazione 4.0, la quarta rivoluzione industriale che porterà a una produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa. Una spinta tecnologica che potrebbe avere ripercussioni sulle future generazioni di lavoratori. E’ lecito azzardare che questo nuovo “passo in avanti” del progresso manifatturiero potrebbe riflettersi sul nuovo assetto economico mondiale con vantaggi in termini di produttività, riduzione degli sprechi in risorse e inquinamento.

Dall’altro lato della medaglia c’è da considerare il rischio di possibili ripercussioni in termini occupazionali, nonostante sia prematuro parlare di numeri prima che il processo si attui. I primi dati, del tutto indicativi, dicono che l’industria 4.0 creerà 2 nuovi milioni posti di lavoro, ma se ne potrebbero perdere addirittura 7. L’Italia - secondo le prime statistiche – andrà in pareggio (200mila posti creati e altrettanti persi). 

Quel che sembra certo è che “la macchina” non si sostituirà all’uomo. Crescerà la richiesta di un personale maggiormente qualificato in aree finanziarie, di management e ovviamente in informatica e ingegneria.

In una realtà come quella della provincia di Cuneo, dove il tessuto produttivo è costituito perlopiù da piccole e medie imprese il “cambiamento epocale” dello “smart manufacturing” potrebbe avere ricadute – almeno inizialmente – minime sull’occupazione in Granda.

Ma la realtà della nostra provincia è fatta anche di colossi che qui hanno fatto la loro fortuna industriale con stabilimenti che si sono distinti anche per il loro “prodigio”.

Al di là di quello che sarà il futuro 4.0 dell’industria cuneese, c’è ora da considerare il presente con l’“autunno caldo” che molte aziende stanno attraversando.

A partire dalla “querelle” Burgo Group Srl, stabilimento nato nei primi anni del ‘900, fondato a Verzuolo dall’ingegnere (poi senatore) Luigi Burgo, la cui maggioranza delle azioni è stata acquisita nel 2004 dalla Holding Marchi con una buona fetta societaria spartita da istituiti di credito (Mediobanca e Unicredit Merchant).   

Un colosso della produzione della carta con 11 stabilimenti in Italia e 1 in Belgio. A Verzuolo l’azienda ha comunicato la dismissione della linea ottava (macchina discontinua produttrice di carta patinata) che ha portato all’apertura della mobilità collettiva per 143 lavoratori. Già nel 2015 sulla stessa linea ottava si parlava di esuberi, a cui si è giunti, a seguito di serrate trattative sindacali, all’attivazione di contratti di solidarietà e riduzione dell’orario di lavoro. Sulla vertenza questa settimana si è aperto il tavolo di crisi in Regione.

Questa è stata anche la settimana calda dell’Ilva le cui ricadute sui maggiori centri in Italia (tra Taranto e Genova si è parlato di 4.000 esuberi) sono arrivate anche a Racconigi dove il colosso siderurgico è presente con 167 lavoratori. Qui è arrivata la comunicazione aziendale che prevede il licenziamento e le riassunzioni con il “jobs act” di 125 maestranze che porterebbero a 42 esuberi. Dopo l’incontro al Mise di lunedì 9 ottobre la scelta è stata definita dal ministero “inaccettabile” e lo sciopero a Racconigi è stato ritirato.

Preoccupazione anche per il gruppo Buitoni Nestlè presente a Moretta con 185 dipendenti (tra impiegati e operai). A livello nazionale la maggiore allerta è concentrata sulla Perugina" di Perugia dove sono previsti 344 esuberi. Sullo stabilimento di Parma si vocifera la chiusura (anche qui è stato aperto un tavolo di crisi al Mise). Ad Arezzo ha chiuso “Casa Buitoni” coinvolgendo una decina di maestranze.

Per passare all’Asltom Ferroviaria, multinazionale francese che ha a Savigliano un polo d’eccellenza nella produzione dei treni ad alta velocità e convogli regionali. Commesse importanti sono passate dallo stabilimento di via Ottavio Moreno, ma il recente accordo con la tedesca Siemens non ha dato rassicurazioni sul futuro occupazionale in Italia (le due aziende hanno promesso continuità produttiva in Germania e Francia, non altrove). Sulla mancanza di “certezze” anche i lavoratori saviglianesi e le istanze sindacali hanno espresso preoccupazioni, arrivate sui tavoli romani con un’interrogazione parlamentare presentata al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Graziano Del Rio e tra i cui firmatari compaiono i deputati cuneesi Mino Taricco e Chiara Gribaudo.

Notizia di oggi, infine, l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per 14 lavoratori alla Came di Roddi, azienda specializzata nella rivendita di porte e serramenti con sede a Treviso, che conta in Italia 11 stabilimenti.

La piccola media impresa continua - e probabilmente continuerà - a trainare la produttività nella nostra provincia.

Siamo sempre più lontani dal sistema industriale illustrato dal film La classe operaia va in paradiso del 1971: “La vostra salute dipende dal vostro rapporto con la macchina. Rispettate le sue esigenze e non dimenticate che macchina più attenzione uguale produzione.” Questo il mantra che il protagonista della pellicola Lulù (magistralmente interpretato da Gian Maria Volontè) ascolta prima di cominciare il suo turno di lavoro alla fabbrica B.A.N. Un legame con la “macchina” che nell’ottica 4.0 cambierà, ma sarà comunque viva e indispensabile. Con la componente umana che dovrà comunque contribuire – con tutte le necessarie differenze – al ciclo produttivo e industriale dei prossimi anni.

Anche nella produzione del futuro non bisogna  dimenticare che quando i grossi gruppi “scricchiolano”, le ricadute restano – comunque - occupazionali. E riguardano persone, famiglie, indotto, comunità e interi territori. Guardare avanti è fondamentale, ma strizzare l’occhio all’'oggi' è inevitabile.

Perché anche in provincia di Cuneo arriverà il futuro, ma prima si deve passare l’autunno. Perché la piccola media impresa continuerà a trainare, ma i colossi, quelli restano. Forse.

Daniele Caponnetto

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