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Politica | 08 marzo 2018, 12:29

Pd, partito sull’orlo di una crisi di nervi

I “democrat” cuneesi salvano la rappresentanza parlamentare con Gribaudo e Taricco, grazie al loro posizionamento nella corrente renziana, ma le prospettive del centrosinistra restano incerte. Le dimissioni del segretario nazionale aprono nuovi scenari anche in ambito locale, tutti ancora da disegnare

Chiara Gribaudo e Mino Taricco

Chiara Gribaudo e Mino Taricco

A Cuneo e ad Alba, le due maggiori città della Granda, il Partito Democratico resta il primo partito, così come in una manciata di minuscoli paesi valligiani (Sambuco, Torre Bormida, Valloriate, Caprauna, Bergolo).

A conti fatti al Pd – dal punto di vista della rappresentanza parlamentare – poteva andare peggio. Il Pd cuneese perde la senatrice Patrizia Manassero, che aveva già annunciato nel momento dell’assunzione dell’incarico di vicesindaco di Cuneo che non si sarebbe ricandidata, ma Chiara Gribaudo viene confermata alla Camera e Mino Taricco trasloca da Montecitorio a Palazzo Madama.

Chiara Gribaudo era l’unica ad avere la certezza della rielezione prima ancora di conoscere l’esito del voto.

Tra gli altri candidati ad avere la quasi matematica sicurezza c’era soltanto, sul fronte avverso, il forzista Marco Perosino al Senato.

Per Taricco la partita era più difficile. E in effetti si è rivelata tale alla prova dell’urna quando si è appreso della mancata elezione a Genova della ministra della Difesa Roberta Pinotti, sua capolista. Tuttavia, grazie al ricalcolo dei resti, è stato ripescato in zona Cesarini.

La Gribaudo, facendo parte del cerchio magico di Renzi-Orfini, ha avuto il privilegio di essere collocata capolista sul listino proporzionale del Piemonte 2, dove – se volessimo ricorrere ad una metafora militare – potremmo parlare di retrovie.

Più o meno la stessa cosa si può dire di Taricco, anch’egli renziano, anche se non così addentro alle dinamiche correntizie del Nazareno.

Alla Camera, sul fronte dell’uninominale, la prima linea è toccata ad Andrea Olivero sul Cuneo-Saluzzo e a Francesco Balocco sull’Alba-Mondovì. Entrambi ci hanno lasciato la pelle. Balocco con minor danno, dal momento che continua il suo ruolo di assessore regionale ai Trasporti.

Anche l’albese Marta Giovannini, impegnata in uno scontro impari con Perosino, ha dovuto soccombere.

Ciò analizzato, la domanda è: quale collocazione assumeranno nel partito i due parlamentari cuneesi, entrambi renziani, ora che Matteo Renzi ha rassegnato le dimissioni?

Gli resteranno fedeli anche nel momento della caduta o prima che il gallo canti lo rinnegheranno?

La politica è un ambito spietato dove fedeltà e gratitudine sono virtù del giorno prima.

Nessuno equivochi: i quesiti posti non sono tanto ad personam, quanto di natura politica.

Il Pd è oggi un partito sull’orlo di una crisi di nervi, le cui prospettive sono quanto mai incerte.

Il destino di Renzi, ormai segnato, è solo un aspetto, importante ma non unico, visto che si tratta di ridefinire radicalmente una linea politica.

Quando venne chiamato alla segreteria provinciale Flavio Manavella, lo definimmo “Cireneo”, l’uomo che, come ci dicono i sacri testi, fu costretto a portare per un tratto la croce di Cristo verso il Golgota.

Sarà lui – almeno per quel che riguarda la nostra provincia – a dover indicare una via che al momento appare un sentiero stretto e sull’orlo del precipizio.

Anche nel Cuneese, dalle prossime settimane, partirà una lunga riflessione nel corso della quale i dirigenti del Pd cuneese torneranno ad interrogarsi sui quesiti esistenziali: chi siamo e da dove veniamo?

Accanto a questi se ne aggiungerà un terzo: dove andiamo?

E’ su questo passaggio che le idee sono poche e ancora quanto mai confuse.

Giampaolo Testa

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