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In Breve

| 10 marzo 2018, 18:35

Esclusione sociale, un pendolo tra speranza e violenza - Do the right thing

Personalmente, preferisco sempre avere un’alternativa alla violenza incontrollata quando e dove possibile (l’Italia, a differenza di quanto possa dire qualcuno, non è l’Harlem degli anni ‘90): voi no?

Esclusione sociale, un pendolo tra speranza e violenza - Do the right thing

“Do the right thing” (Fa’ la cosa giusta) è un film del 1989 di produzione americana, scritto e diretto totalmente da Spike Lee.

Senza ombra di dubbio il più celebre e discusso film del regista newyorchese, la pellicola racconta di una pizzera gestita da italoamericani in un quartiere a maggioranza nera e dei destini del suo proprietario, dei suoi due figli e del dipendente nero, stretti tra le maglie del dissenso sociale e dell’America caotica e violenta di inizio anni ‘90. 

Non so quanti di voi abbiano dimestichezza con la scrittura di articoli per una rubrica, o in generale con la scrittura di testi a tema libero, ma è un territorio strano e pieno di ostacoli, difficile ma incredibilmente appagante, in cui spesso non sei davvero tu (autore) a decidere di cosa parlare e come farlo. In tante occasioni è una strabiliante coincidenza tra eventi casuali e tua personale visione sulle cose che indirizza la mente verso una tipologia specifica di tema da trattare

Sì, so che l’avete già capito ma non posso esimermi dal dirlo: è esattamente il caso di questo nuovo appuntamento con “Ad occhi aperti”, che ha unito (in un certo senso) il risultato elettorale dello scorso weekend, una notizia capitatami sotto gli occhi in modo totalmente casuale e la mia personale visione di un problema sociale importante come l’esclusione sociale.

E non c’è film che tratti meglio, tra quelli che lo fanno in modo diretto, il problema dell’emarginazione sociale quanto “Do the right thing” di Spike Lee (un uomo dal mio punto di vista profondamente controverso, così come balordi sono stati gli anni in cui ha raggiunto il massimo successo, ovvero quelli a cavallo tra gli ‘80 e i ‘90).

Nella pellicola Lee utilizza una specie di favola, un contesto ristretto con pochi caratteri fortemente rappresentativi, per illustrare invece il gigantesco e complessissimo tema delle violenze razziali e della loro gestione, e di quanto ideali e violenze siano state strumentalizzate da entrambe le parti allo scopo del raggiungimento di obiettivi differenti e quasi del tutto personali. Per i protagonisti del film “fare la cosa giusta” non è possibili, vessati dalla vita e sospinti dalle tensioni: la violenza, fortemente condannata da Lee attraverso le frasi finali della pellicola, non è altro che l’unica soluzione praticabile per esprimersi. 

Quale rimedio, quindi? Quale modo per “fare la cosa giusta”? Politiche sociali, la presenza dello stato in quelle aree (anche delle nostre province) in cui non si fa vedere già da un po’, le stesse che poi hanno contribuito al recente exploit del centrodestra salviniano. Un ragionamento che le Langhe e il Roero, forse, hanno già cominciato a fare con il lancio del progetto Instradaaa.

L’attività si propone in sintesi di identificare all’interno delle diverse comunità del territorio soggetti di tutoraggio per aiutare chiunque sia socialmente in difficoltà (nella fattispecie, soprattutto i migranti) a meglio inserirsi all’interno della società: questi tutor, persone singole o realtà associative di ogni tipo, si fanno quindi carico sul territorio del “problema integrazione”. 

Certo, magari anche questo come moltissimi altri progetti si rivelerà il solito buco nell’acqua all’italiana. Ma, personalmente, preferisco sempre avere un’alternativa alla violenza incontrollata quando e dove possibile (l’Italia, a differenza di quanto possa dire qualcuno, non è l’Harlem degli anni ‘90): voi no?

s.g.

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