Attualità - 16 giugno 2018, 09:40

Mondovì, fusione tra comuni: "Non è tutto oro quello che luccica"

Riceviamo e pubblichiamo

Mondovì, fusione tra comuni: "Non è tutto oro quello che luccica"

Gentile Direttore,

con la presentazione di un’interrogazione da discutersi nel prossimo Consiglio Comunale di Mondovì, presentata dai Consiglieri Magnino e Tarolli e anticipata sulle pagine dei settimanali locali, si è recentemente tornato a discutere circa la possibilità per Mondovì di procedere a realizzare una fusione per incorporazione con i comuni limitrofi, al fine di usufruire dei contributi economici e delle agevolazioni fiscali messe a disposizione di chi intraprenda tale strada.

Ebbene, ringraziando gli interroganti per aver stimolato il confronto in merito ad una questione interessante ma non spesso dibattuta, occorre rilevare che in realtà non è tutto oro quello che luccica. Tra i vantaggi economici che spesso vengono citati a favore del processo di fusione di enti comunali, oltre alla riduzione dei costi della politica per effetto del venir meno di un organismo politico che, nel caso del Monregalese sono sicuramente trascurabili, troviamo l’arrivo di ingenti risorse Statali e Regionali come incentivo per la realizzazione di tale riassetto istituzionale.

Se è innegabile che gli attuali incentivi finanziari sono estremamente generosi sulla carta (secondo taluni persino troppo), essi sono altresì incerti nel reale dimensionamento: essi infatti dipendono da quante risorse vengono stanziate annualmente e da quanti saranno i comuni beneficiari.

A tal riguardo occorre tenere conto che nel nostro Paese le fusioni di comuni sono state complessivamente 69 dal 1991 al 2016, di cui 60 di esse si sono svolte nel solo triennio 2013-2016 (circa l’80% del totale): se questo trend venisse confermato nei prossimi anni, ciò implicherebbe sicuramente meno risorse a disposizione di quanto avvenuto sin’ora.

Ad ogni modo, la teoria della fusione di comuni come panacea di tutti i mali del governo locale si dimostra irrealistica e, per certi versi, anche pericolosa, siccome crea alte aspettative per le comunità che si sono fuse ed induce a porre l’accento soltanto su aspetti economici, tralasciandone molti altri. Infatti, oltre ai benefici economici vi sono determinati svantaggi che, al contrario dei vantaggi, difficilmente possono essere misurati perché non quantificabili dal punto di vista monetario e basati su giudizi di valore.

Un ruolo cruciale è infatti riservato alla perdita di autonomia e di identità locale che possono colpire le piccole comunità inglobate nel centro di dimensioni più elevate, destinate a diventare mere frazioni, oltre al rischio di perdere la possibilità di un controllo politico diretto sugli organismi di rappresentanza per effetto della maggior crescita della dimensione comunale (la c.d. “accountability”), che costituisce un aspetto inscindibile del processo di delega.

Tali ragioni concorrono a spiegare il motivo per cui in Italia il ricorso alla fusione volontaria, che giova ricordare essere un processo irreversibile, è stato incerto e minore rispetto, ad esempio, all’Unione di Comuni, ed anche il fatto che la statistica ci dice che le comunità più piccole si sono dimostrate essere quelle meno propense a favorire le fusioni nei referendum consultivi, nonostante siano le popolazioni che sostengono maggiori costi amministrativi pro-capite e ricevono un’offerta minore in termini di servizi comunali: evidentemente la conservazione delle storiche tradizioni culturali e delle comuni radici rappresenta, per gli abitanti dei piccoli centri, un fattore da valorizzare ed un’esigenza più sentita rispetto al problema della carenza dei servizi loro offerti.

Per questi motivi, a mio avviso, occorrerebbe disporre di una disciplina legislativa, statale o regionale, che tenga conto delle sensibili differenze che intercorrono tra le varie tipologie di comuni che possono decidere di intraprendere il processo di fusione, al fine di dotare i piccoli centri di una soluzione che assicuri una reale maggiore efficienza post-fusione ma senza sacrificare le tradizioni locali: il tentativo finora svolto di uniformare i Comuni sotto ogni punto di vista senza “segmentarli” in base alle loro caratteristiche (demografiche, culturali, economiche), ha finito per semplificare eccessivamente un processo di ridistribuzione di potere economico e politico locale, il cui successo o insuccesso è determinato dalle diverse sfumature presenti nelle singole realtà locali.

Grazie,

Pietro Danna - Consigliere Comunale di Monastero di Vasco

Al Direttore

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