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In Breve

| 07 luglio 2018, 12:50

La leggenda del pomo d’oro (seconda parte)

“La scoperta del pomodoro ha rappresentato nella storia dell’alimentazione quello che, per lo sviluppo della coscienza sociale, è stata la Rivoluzione Francese”. (Luciano De Crescenzo)

La leggenda del pomo d’oro (seconda parte)

 

“La scoperta del pomodoro ha rappresentato nella storia dell’alimentazione quello che, per lo sviluppo della coscienza sociale, è stata la Rivoluzione Francese”. (Luciano De Crescenzo)

 

Comodamente seduti al ristorante “Passato di Pomodoro” cercare di superare la nostra naturale (o culturale) ritrosia all’ortaggio nazional-popolare per antonomasia osservando lo chef, che somiglia a un tenore partenopeo emigrato a Brooklyn nei primi del Novecento, deporre una nuova portata di fronte al nostro amico, che nel frattempo ci ha definitivamente confermato le radici nobiliari dell’uomo ora intento a fissare una stampa alle nostre spalle.

“Grazie chef. Di che si tratta stavolta?”

“È una “caprese espressionista”. Ci sono cinque differenti tipi di pomodoro fra cubetti di feta e ciliegie di bufala deposte su una trincea di riso Basmati irrorata d’aceto balsamico di Modena con un panneggio di foglioline di menta e gocce di lime. Nevvero.”

“Il Paradiso della colite”.

“Cosa sta guardando chef?”

“Sopra le vostre teste c’è la stampa di Vertumno, il dipinto che il pittore Arcimboldo dedicò nel 1590 a Rodolfo II d’Asburgo. Vertumno era il dio romano della metamorfosi. Guardatelo con attenzione. Cosa vedete? Nevvero.”

Ficcando in bocca un composito boccone di caprese (pomodorini gialli, bufala e feta) puntare gli occhi sul bassorilievo di verdure e frutta che costruiscono il volto dell’imperatore: uve bianche e rosse fra i capelli spigati con altalene di ciliegie, dorso di cavolo, naso a pera e gote di cipolle violette, mento di castagna e sopracciglia di piselli e ancora olive, prugne, melograni e…

“…ha dei pomodorini al posto delle labbra.”

“Esatto. E questo significa che nella parte finale del Cinquecento il pomodoro si stava già diffondendo sulle tavole (d’arte e cucina) d’Europa. Ma facciamo un passo indietro. Eravamo rimasti agli Aztechi e al resoconto di frate Bernardino di Sahagun sulla sua visita in Messico nel 1529, alla descrizione del mercato di Tlatelolco e a come i pomodori, per quanto morfologicamente diversi da quelli cui siamo abituati noi, fossero onnipresenti nell’alimentazione dei popoli precolombiani. Li si usava come salse ma anche crudi e a fette sopra un doppio strato di carne di tacchino e di cane. I conquistadores ne apprezzavano la sapida liquidità che li aiutava a sopportare il clima torrido. Ma veniamo alla natura teologica del pomodoro. Nevvero.”

Ammirare la silenziosa grazia di Maia, la maître de salle messicana, che senza far perdere il ritmo della conversazione allo chef sostituisce i piatti di caprese con un assaggio di amatriciana ai pomodorini gialli ed una zuppa di crudo di pomodoro con frutta esotica ed insalatina di finocchio.

“Natura teologica?”

“Dobbiamo tornare a Colombo. Nel Quattrocento si pensava che l’Eden fosse vicino all’India al punto che l’intrepido navigatore genovese aveva portato con sé due uomini che conoscevano sia il caldeo che l’ebraico, le due lingue presumibilmente parlate nel Paradiso Terrestre. Quando sbarcò in Venezuela scambiò il fiume Orinoco per le porte dell’Eden e non ebbe il coraggio di proseguire…”

“Affrontava la fine del mondo e i mostri marini ma il giudizio divino terrorizzava anche lui…”

“Già. Quando fece ritorno in Europa portò con sé il pomodoro che, sia per il luogo di provenienza che per le sue caratteristiche (rosso, pieno di succhi e dal sapore inebriante), venne considerato da subito un afrodisiaco al punto che molti alchimisti lo usavano per delle pozioni d’amore chiamandolo “pomme d’amour” o “love apple”. Ma c’è anche un’altra ragione per l’iniziale, e folcloristica, paura del pomodoro. Nevvero.”

“Quale? Chef se mio padre vedesse quest’amatriciana coi pomodorini gialli la pesterebbe con un mestolo di legno ma dopo averla assaggiata diverrebbe il suo migliore amico.”

“Ne sono felice, nevvero. Vedete quella stampa affianco al quadro di Arcimboldo?”

“Quella con un cane legato a una radice che cerca di raggiungere un pezzo di carne?”

“Si. Non vi dice niente? Nevvero.”

“Se lo facesse me ne preoccuperei. È un’immagine estremamente macabra.”

“Il pomodoro appartiene alla famiglia delle solanacee (come lo stramonio e la belladonna) che contengono sostanze psicotrope e alcaloidi, anche se la tomatidina scompare durante il processo di maturazione dell’ortaggio così, nonostante i vari tentativi operati nel corso dei secoli, non si possono produrre dei pomodori narcotici. Ma anche la mandragora fa parte delle solanacee e nel Medioevo essa veniva definita “pomo di Satana” o “frutta dell’Inferno”. La sua somiglianza col pomodoro è inequivocabile. Nevvero.”

“C’era anche una novella di Machiavelli, mi pare…”

“Si, ricorda bene. La mandragora viene citata persino nella Bibbia come l’afrodisiaco usato da Lea per sedurre Giacobbe ma al di là delle sue virtù narcotiche, ben conosciute dagli speziali del Quattrocento, essa doveva la propria infernale reputazione all’aspetto antropomorfo delle radici che si pensava fossero l’incarnazione di spiriti demoniaci. Nevvero.”

“Non capisco cosa c’entri la stampa. E soprattutto il cane.”

“Secondo gli alchimisti la mandragora cresceva sotto gli alberi degli impiccati, dei cui liquidi si nutriva come un fertilizzante naturale, e se un uomo avesse provato a reciderne rami o radici un urlo disumano sarebbe scaturito da esse rendendolo folle all’istante. L’unico modo per coglierle era legarvi un cane nero e poi attrarlo in senso contrario con della carne d’asina; naturalmente il suddetto cane sarebbe morto soffrendo indicibilmente. Nevvero.”

“Continuo a non capire come si possano essere confusi due frutti così diversi, per quanto appartenenti alla stessa famiglia.”

“Semplicemente perché si pensava provenissero entrambi dal Paradiso Terrestre. Alcuni scrittori medievali sostenevano che la Mandragora fosse il primo tentativo divino di creare l’uomo ed ecco perché le sue radici somigliano a un corpo umano raggrinzito. Nel frattempo (ma siamo già nel Seicento) l’Eden si è spostato, nell’immaginario collettivo e nella fantasia di taluni cartografi, dall’India all’America Latina, luogo d’origine del pomodoro la cui etimologia, “mela d’oro”, porta i chierici cristiani a pensare che fossero proprio i pomodori le celebri mele d’oro del Giardino delle Esperidi nella mitologia greca, luogo idealmente accostato all’Eden. Nevvero.”

“Cioè lei mi sta dicendo che nel Seicento alcuni pensavano che Eva avesse mangiato non una mela ma un pomodoro?”

“Non solo. Un oscuro dottore di origini ebraico-portoghesi di nome Siccaary affermò, agli inizi del Settecento, che i pomodori fossero i frutti dell’albero della vita e che chiunque ne avesse mangiato sarebbe diventato immortale. Nevvero.”

“Se quello che lei sostiene è esatto allora, parentela con la mandragora a parte, il pomodoro avrebbe dovuto avere un’istantanea diffusione nel Vecchio Continente. Con tanto di benedizione cattolica.”

“Avvenne l’esatto contrario in realtà. Nevvero.”

“Io non ci sto capendo più niente. Quindi ordinerò altro vino. Se Colombo e Cortés hanno portato in Europa un frutto che secondo le credenze del tempo proveniva dall’Eden al punto che mangiandone si poteva ambire all’immortalità perché la sua diffusione fu osteggiata?”

“Intanto la invito a gustare la mia “Pappa al Pomodoro. Rivista.” Si tratta d’una semplice pappa al pomodoro con pane carasau e alici del Cantabrico. Se vuole posso farle portare un po’ di burro salato ma così rischia di coprire il gusto di base. Nevvero.”

“Ho capito cosa sta cercando di fare chef. Lei è un uomo dotato di grande arguzia. Ha intuito che la mia ritrosia nei confronti del pomodoro si fonda sul pregiudizio della sua semplicità che lo ha banalizzato ai miei occhi come alimento pop per definizione così attraverso questa teologia (o demonologia) lo sta ammantando di mistero aprendomi neuroni e papille gustative a una nuova idea di pomodoro.”

“Ogni simbolo è per sua natura ambiguo. E il pomodoro non sfugge a questa legge. Nevvero.”

“Ok. E adesso mi spieghi perché, mentre decollo una nuova bottiglia, la Chiesa ebbe inizialmente così tanta paura di lui.”

 

(continua…)                

Germano Innocenti

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