Quel ponte “Morandi” di Genova crollato l’hanno percorso, in tante occasioni, anche i cuneesi. Perché rappresentava il collegamento autostradale tra il Ponente e il Levante della Liguria, ma la cerniera degli spostamenti lavorativi e delle vacanze tra una parte del Piemonte e l’Italia tirrenica. Passarci sopra, pur dopo migliaia di volte, era sempre emozionante.
La sua struttura, infatti, nonostante avesse cinquant’anni, continuava ad essere piuttosto ardita e futuristica. Vederla spezzata in due, solleva rabbia e indignazione. Innanzitutto per le vittime e i feriti, il cui destino, senza pietà, li ha portati a transitarci sopra proprio in quel momento. Ma il crollo, anche se toccherà alla Magistratura accertare le responsabilità di chi doveva monitorare la situazione, non è frutto del destino. E’, purtroppo, ancora un’altra volta, senza voler speculare su una tragedia davvero drammatica e dolorosa, l’immagine di un’Italia sconfitta, in ginocchio, imbavagliata dalla burocrazia e con la politica che conta poco o nulla.
I terremoti lasciano ferite che, dopo decenni, restano da rimarginare. Però - lo dicono gli esperti - arrivano improvvisi e non se ne possono prevedere le conseguenze. Le alluvioni, le frane e i fenomeni legati a condizioni meteorologiche eccezionali scontano in parte lo stesso problema, anche se il dissesto idrogeologico, mai controllato con la necessaria frequenza e capillarità sul territorio, contribuisce a produrre, spesso, danni incalcolabili.
I crolli dei ponti, però, come è accaduto in troppe occasioni negli anni passati in Italia, sono addebitabili interamente all’incuria dell’uomo. Quando li ha progettati, quando ha assegnato gli appalti, quasi sempre al minimo ribasso e quindi deleteri per l’uso di materiali non conformi, quando ha effettuato la manutenzione con troppa sufficienza e quando non ha capito o voluto capire che lo stress delle strutture, per l’aumento esponenziale del traffico rispetto al periodo della realizzazione, poteva portare delle conseguenze devastanti.
Rimane un’unica triste consolazione: almeno la macchina dei soccorsi anche questa volta, come le migliaia di altre volte negli ultimi decenni, ha funzionato in modo egregio. Ma perché è costituita da donne e uomini, spesso volontari, il cui solo impegno, che scaturisce dal profondo del loro cuore, è salvare e mettere al sicuro vite umane. Un’Italia buona e generosa che si contrappone a quella dell’indifferenza nei confronti del prossimo e dell’ingordigia divoratrice di denari.
Quel tratto spezzato del ponte di Genova e quanti, in quel crollo, hanno perso la vita, chiedono con forza, questa volta per davvero, che se ci sono politici, burocrati, imprenditori senza scrupoli responsabili della tragedia, vengano puniti. In fretta.
E su questo aspetto il Governo in carica, la cui missione, ribadita più volte, è quella di voler cambiare la rotta rispetto al passato, quando di fronte a qualsiasi disastro non c’erano mai colpevoli, si gioca la faccia e la credibilità futura.