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Agricoltura | 21 settembre 2018, 07:45

Miele: nel 2018 la produzione in provincia di Cuneo è migliorata rispetto alle ultime stagioni da dimenticare (FOTO)

Abbiamo tracciato un primo bilancio della raccolta con Marco Bergero ed Ermanno Giordanengo, i tecnici di Aspromiele alla quale sono associati 2500 apicoltori del Piemonte

Un'ape raccoglie nettare sulla borragine

Un'ape raccoglie nettare sulla borragine

Dopo un 2017 pessimo e almeno altre quattro annate precedenti da dimenticare, nel 2018 la produzione di miele in provincia di Cuneo è tornata a livelli discreti. Con una media per alveare, durante l’intera stagione, quindi caratterizzata da più raccolte, attorno ai 30 chilogrammi. Lontana dai numeri di dieci anni fa, considerati quelli d’oro con 60 chilogrammi per arnia, ma superiore agli ultimi in cui non si raggiungevano i 20 chilogrammi.

Abbiamo tracciato un primo bilancio dell’annata con Marco Bergero ed Ermanno Giordanengo, tecnici di Aspromiele: l’associazione che rappresenta 2500 apicoltori del Piemonte dei quali 1100 professionisti titolari di un’azienda e i restanti impegnati nell’attività amatoriale. In provincia di Cuneo gli iscritti, in totale, sono un migliaio. “Il comparto - dicono Bergero e Giordanengo -  si sta lentamente riprendendo dalla sacca di depressione degli ultimi cinque anni e gli apicoltori stanno tirando un moderato sospiro di sollievo”.

Un miglioramento dovuto a quali fattori? “Le condizioni climatiche sono state abbastanza favorevoli e hanno determinato delle buone fioriture per le principali specie nettarifere presenti nella nostra provincia. Inoltre, le abbondanti precipitazioni del periodo primaverile non hanno compromesso in maniera significativa l’attività di raccolta delle api”.

Andando nello specifico per tipologie di miele? “Le prime produzioni dell’anno legate a tarassaco e ciliegio non sono andate bene perché limitate dal ridotto sviluppo degli alveari causato dal pessimo 2017, che ha danneggiato fortemente la sopravvivenza delle colonie nel periodo invernale”.

Poi, la situazione è cambiata? “La fioritura di acacia leggermente tardiva, in controtendenza rispetto agli ultimi anni, ha favorito la consistente ripresa delle arnie: anche se non in ogni zona e sempre completa. La produzione si è attestata sul discreto quantitativo di 10-15 chilogrammi di media per alveare. Pur in presenza di potenzialità maggiori, è un miglioramento apprezzabile”.

Le produzioni successive? “Sono state buone. Le piogge della primavera e il caldo estivo hanno generato delle condizioni ottimali per sviluppare ricche fioriture. La produzione media di ogni arnia si è attestata sui 15-20 chilogrammi per il castagno e il tiglio e sui 10-15 per il rododendro e il millefiori di montagna”.

La stagione si è chiusa con la raccolta del miele di melata nella prima parte del mese di agosto. “In questo caso la produzione - 15 chili  in media per alveare -  è stata inferiore alle aspettative, ma comunque soddisfacente. Il caldo unito alle elevate condizioni di umidità facevano sperare in un forte sviluppo della metcalfa pruinosa: l’insetto che espelle gli zuccheri i quali vengono, poi, raccolti dalle api. Invece, si è avuto un assestamento a livelli più bassi del previsto”.

Il polline? “Abbiamo avuto una raccolta migliore rispetto al 2017, con una media di 3 chilogrammi per alveare sul castagno. Però, il picco, con valori quasi doppi, lo ha fatto registrare il polline di alta montagna”.

Per il settore restano sul tappeto alcune grandi difficoltà da risolvere. “Il problema maggiore è la varroa: l’acaro parassita che attacca la covata e le api adulte. E’ il primo nemico da sconfiggere attraverso una gestione molto attenta degli alveari. Quest’anno, per fortuna, la sua dannosa presenza ha inciso in misura minore”.

Ma non solo. “Dobbiamo sempre di più confrontarci con l’inquinamento ambientale. Su questo aspetto stiamo lavorando insieme al settore fitosanitario della Regione, all’Agrion - Fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura piemontese - e alle organizzazioni del mondo rurale, con l’obiettivo di monitorare l’ambiente attraverso le api. L’ape, infatti, è un eccellente bioindicatore. Analizzando ciò che porta nell’alveare si capisce cosa c’è nell’ambiente”.

I cambiamenti climatici? “Stanno irrompendo con forza e causando molti problemi all’intero settore agricolo. Quindi, la sfida per tutto il comparto, non solo quello apistico, sarà quella di unire sempre di più le forze per ottimizzare e valorizzare le produzioni”.       

Sergio Peirone

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