"Segnalo la situazione di Ormea, consapevole che sul territorio regionale e nazionale altre realtà si trovano nella stessa condizione, augurandomi che l'impegno profuso in questi anni, dalle comunità locali e dai giovani immigrati, non sia vanificato e distrutto".
Si chiude con queste parole la lettera che il sindaco ormeasco, Giorgio Ferraris, ha indirizzato a Monica Cerutti, assessore regionale all'Immigrazione, per domandarle aiuto in seguito alla notizia del possibile rimpatrio dei giovani africani che stazionano in val Tanaro ormai da anni.
"Nel Comune di Ormea - ha dichiarato Ferraris - è attivo dall'autunno 2015 un CAS a gestione pubblica, che ha ospitato 35 immigrati richiedenti asilo e protezione, che si sono ridotti nell'ultimo periodo a una ventina. In questi trentasei mesi, con la collaborazione della locale scuola superiore a indirizzo forestale, sono stati organizzati corsi per spiegare ai ragazzi ospitati le principali normative in materia di sicurezza sul lavoro e per insegnare loro il lavoro di taglio e pulizia dei boschi, di sistemazione del territorio e di ricostruzione dei muretti a secco. Sono stati attivati interventi di sistemazione territoriale e di pulizia dei sentieri di montagna, di recupero di castagneti abbandonati; alcuni di questi giovani hanno trovato opportunità di lavoro in strutture ricettive e in attività agricole del territorio".
Non solo: "Lo scorso anno si è costituita localmente una cooperativa agricola di comunità, che ha intrapreso significative attività nel settore del recupero di colture e terreni abbandonati e delle manutenzioni territoriali, compresa la trasformazione di prodotti locali, nella quale sono entrati e hanno trovato occupazione, in modo più o meno costante, ben nove degli immigrati assegnati al CAS".
Adesso, però, "tutti questi ragazzi, che svolgono egregiamente e con passione lavori che per i nostri giovani sono scarsamente appetibili, rischiano di non poterlo più fare: alcuni hanno già avuto il responso negativo da parte dell'apposita commissione e sono in attesa dell'esito del ricorso e per gli altri, provenienti da Paesi dell'Africa subsahariana, si prospetta la stessa situazione. Un significativo percorso di apprendimento e d'integrazione con risvolti e ricadute positivi sul territorio e sulla comunità locale rischia così di essere interrotto, bloccando importanti iniziative di recupero ambientale e di manutenzione del territorio e spingendo giovani ragazzi motivati e volenterosi nell'illegalità e comunque nell'impossibilità di continuare un'attività lavorativa di utilità sociale".