Agricoltura - 10 marzo 2019, 11:41

Verifiche al Dna a sorpresa in tre macellerie e un ristorante associati al Consorzio del bue grasso di Carrù: tutto a norma

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Ocelli Responsabile scientifico del Consorzio del bue grasso di Carrù

Verifiche al Dna a sorpresa in tre macellerie e un ristorante associati al Consorzio del bue grasso di Carrù: tutto a norma

Era martedì 13 dicembre del 2005 ed ero tra gli invitati nella sala polivalente del castello della BAM Carru’, dove i piccoli e intraprendenti giapponesi di Maesawa

presentavano il loro famosissimo bue conosciuto in tutto il mondo con il nome di bue di KOBE.Esorbitante il costo di una bistecca;100 euro/ dollari  all’etto, ma io ero rimasto folgorato sopratutto dalla descrizione dell’ etichetta che accompagnava, illustrava, certificava e garantiva quella prelibatezza culinaria.

Le informazioni che riportava permettevano di risalire a tutti i dati dell’animale, peso, età, alimentazione, allevatore, macellatore, taglio anatomico  ecc ecc e addirittura, cosa veramente strabiliante al suo DNA. Un dato inconfutabile, indiscutibile e di una garanzia assoluta per il consumatore.

La nostra amatissima fiera nonostante fosse ormai quasi  centenaria non aveva ancora un consorzio di tutela e l’idea mi frullava in testa da tempo.

C’ era il prodotto da tutelare(il bue), il territorio tipico di allevamento , avevamo  anche una bozza di disciplinare di produzione, mancava la cosa più importante; la possibilità di un controllo certo che potesse verificare in modo sicuro tutta la filiera per garantire in modo assoluto il consumatore finale.

L’indomani chiamai immediatamente il direttore del servizio veterinario della nostra ASL che dopo alcune verifiche mi confermò che esaminare il DNA era possibile e ad un costo sostenibile. Per la prima volta non mi sentivo più un visionario,non mi sembrava vero, era fatta ..... o quasi.

Finalmente nel 2014, dopo aver  superato un lunghissimo percorso ad ostacoli  grazie a sette intraprendenti allevatori autoctoni di bovini di razza piemontese carrucesi e non, fu costituto il CONSORZIO DI TUTELA, DI PROMOZIONE E DI VALORIZZAZIONE DEL BUE GRASSO DI CARRU’.

Attualmente i soci allevatori, macellai e ristoratori sono circa un centinaio.

Il consorzio nel 2018 ha prodotto e certificato 57 animali dei quali i primi 48 buoi.

Negli anni scorsi  la commissione ad hoc del consorzio ha ispezionato diversi allevamenti per verificare l’alimentazione e soprattutto il benessere animale.

Quest’anno si sono effettuati i prime verifiche del DNA a campione e naturalmente senza preavviso nelle macellerie e nei ristoranti associati.

Sono state sottoposte al controllo comparativo (a tutti gli animali,alla castrazione viene prelevato un campione di sangue che è conservato dalla ASL CN1) tre macellerie e un ristorante. Hanno dato in tutte e quattro le circostanze esito FAVOREVOLE. Una  testimonianza della grande serietà di chi entra a far parte del circuito del Consorzio del bue grasso di Carrù.

Il test è stato eseguito dall'istituto zoo profilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta mediante PCR.

PCR, è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione (amplificazione) di frammenti di acidi nucleici dei quali si conoscano le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali. L'amplificazione mediante PCR consente di ottenere in vitro molto rapidamente la quantità di materiale genetico necessaria per le successive comparazioni identificative.

Questo modus operandi ha sicuramente abbattuto dei tabù, aperto nuovi orizzonti e nuove prospettive, che da un lato valorizzeranno il lavoro di tutta una filiera e dall’altro tuteleranno concretamente la carne di bue grasso patrimonio di tutti e vera eccellenza del nostro territorio.

Se l’obiettivo iniziale era quello di certificare e garantire un prodotto per la tutela del consumatore, direi senza ombra di dubbio che si è fatto centro.

G.Occelli

Responsabile scientifico del Consorzio

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