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Agricoltura | 12 dicembre 2019, 07:30

Il convegno Cia Cuneo sui bovini di Razza Piemontese: il 60% degli allevamenti italiani è nella “Granda” (FOTO)

All’iniziativa, svoltasi a Fossano, hanno partecipato i vertici regionali e provinciali dell’organizzazione agricola e alcuni importanti esperti del settore. Negli interventi è emersa la prospettiva di valorizzare di più il prodotto e il territorio solo se la politica incentiverà gli investimenti riguardanti il comparto

Un momento del convegno sulla carne bovina di Razza Piemontese organizzato dalla Cia-Agricoltori Italiani di Cuneo

Un momento del convegno sulla carne bovina di Razza Piemontese organizzato dalla Cia-Agricoltori Italiani di Cuneo

La sala riunioni dell’Hotel Dama di Fossano ha ospitato il convegno e la tavola rotonda della Cia-Agricoltori Italiani di Cuneo “Cala il mercato delle carni-Quale è l’impatto sulla Razza Piemontese e come difendere la qualità in un settore sempre più competitivo”.

L’incontro è partito dal risultato dell’analisi del movimento del mercato agricolo reso noto attraverso l’ultimo report della Commissione europea “Meat Market Observatory” che indica in discesa il mercato della carne di Razza Piemontese e, al contrario, segnala l’incremento per quello delle proteine vegetali. L’iniziativa ha visto come relatori importanti esperti e la presenza di decine di allevatori e rappresentanti di Enti e Consorzi.

A introdurre gli interventi è stato Silvio Chionetti, vicedirettore Cia provinciale Cuneo, che ha illustrato i numeri del settore. “In Italia - ha detto - ci sono 5 milioni e 556 mila capi bovini, dei quali 2 milioni e 173 mila appartengono alle razze da carne. In Piemonte abbiamo 798 mila capi, con 500 mila esemplari da carne. La Piemontese è la razza autoctona più numerosa nel nostro Paese. In totale 320 mila capi distribuiti in 4300 allevamenti che generano un indotto significativo anche per i comparti dei cereali e dei mangimi. Il 60% della Piemontese è allevata in provincia di Cuneo”.

Quali i problemi? “L’indice in discesa della produzione si riflette sulla bassa redditività, in quanto non si tiene conto della differenza tra le carni rosse e quella dei bovini di Razza Piemontese allevati con particolare attenzione e metodo. Ottenendo, in questo modo, un prodotto dalle caratteristiche organolettiche di pregio. Bisogna far comprendere questa diversità”.    

GLI INTERVENTI DEGLI ESPERTI E DEGLI OPERATORI DEL SETTORE

Il biologo nutrizionista, Enrico Veronese, ha spiegato che la Piemontese è composta da una serie di sostanze capaci di migliorare il metabolismo e la fisiologia umana.

E ha aggiunto: “Alcuni anni fa era emersa una forte discriminazione sulla carne rossa a causa di notizie male interpretate e amplificate, che avevano creato un forte calo nei consumi e tanta confusione fra i cittadini. Il rischio legato al consumo di carni rosse è legato a un insieme di abitudini scorrette di stili di vita come il fumo, l’alcol, il sovrappeso, la scarsa attività fisica, la mancanza di una dieta bilanciata. Inoltre, gli studi di riferimento al caso si riferiscono alla produzione industriale che nulla ha a che fare con gli allevamenti di Piemontese”.

Però, ci sono anche dei contro. “Nella carne rossa sono presenti acidi grassi saturi e, spesso, si sbaglia la cottura per tipologia, tempistiche e temperature sopra i 300 gradi”.

L’alimentarista esperto di nutrizione animale, Sergio Ricci, ha raccontato l’aspetto dell’ingrasso della razza che necessita di particolare cura nello svezzamento quando si sviluppa un rumine adeguato dell’animale con papille lunghe e fitte. “I punti fondamentali dell’operazione - ha sostenuto - sono  la genetica, l’ambiente e il benessere animale, la salute, l’alimentazione. Alcune analisi sui consumi dimostrano che, a livello nazionale, al momento dell’acquisto nella Grande Distribuzione non si bada tanto alla convenienza del prezzo (14% dei clienti), ma al prodotto totalmente italiano (26%), alla tutela ambientale (22%), alla tipicità e alla tradizione (16%) e alla salute (15%)”.

Ad Angela Garofalo, responsabile nazionale Cia del settore zootecnico, è toccato parlare di domanda interna e filiera dentro la quale produzione e trasformazione si contraggono a favore della distribuzione che spunta prezzi migliori. “La filiera - ha detto - adesso è fortemente dipendente dall’estero, con un aumento dei capi vivi comprati dalle altre nazioni: in particolare da Francia e Polonia”.

Ma ci sono novità. Tra quelle nazionali emerge “Classyfarm”: un nuovo sistema ideato dal ministero della Salute per classificare gli allevamenti in base al rischio su parametri di benessere animale, biosicurezza, farmaci e alimentazione. Sono previste tre categorie di aziende: migliorabile; sufficiente; ottimale”.

Claudio Conterno, presidente provinciale Cia Cuneo, ha sottolineato come sia necessario arrivare a un sistema in grado di riconoscere il giusto prezzo per quanto il prodotto di qualità vale, in modo che l’imprenditore possa strutturare le prospettive aziendali senza appoggiarsi su sovvenzioni pubbliche. “La tendenza - ha affermato -  dovrà essere fare qualità, spiegarla e saperla vendere. Migliorando le etichette dei prodotti attraverso l’aiuto della normativa, che dovrà apportare perfezionamenti senza eccedere nelle regole”.

Gian Piero Ameglio, allevatore e presidente provinciale Cia Alessandria, ha affermato: “Negli ultimi anni gli allevamenti hanno sviluppato una grande tecnica, che sta facendo crescere il valore delle aziende capaci sempre più di vendere, insieme al prodotto, l’idea di territorio al quale lo stesso è legato. La tendenza zootecnica dice però che il numero di capi resterà stabile e gli allevamenti piccoli scompariranno accorpandosi a quelli maggiormente strutturati”.

Per il macellaio Franco Cazzamati “la Grande Distribuzione Organizzata non potrà mai sostituire il nostro mestiere. Infatti, noi scegliamo l’animale dall’allevatore, lo acquistiamo e lo trasformiamo in 148 muscoli”.

E ha precisato: “Non è il prodotto che si deve adeguare al consumatore, ma il contrario. Questo sviluppo sarà possibile solo attraverso collaborazioni e maggiore remunerazione”.

Il direttore dell’Associazione Nazionale Allevatori Bovini di Razza Piemontese (Anaborapi), Andrea Quaglino, ha riassunto l’attività dell’organismo: “Siamo fortemente orientati al miglioramento genetico. Uno strumento messo a disposizione delle aziende zootecniche per essere più competitive. Inoltre abbiamo partecipato al bando biodiversità dell’Unione Europea, ottenendo l’accesso al programma”.

Guido Groppo, dell’Associazione Amici della Piemontese, ha sintetizzato il progetto Manzotta. “L’iniziativa - ha detto - è stata possibile grazie a menti dinamiche che hanno guardato oltre, valorizzando un brand già fortissimo e puntando a promuovere capi adulti e a informare la clientela”.

Dario Perucca, del Consorzio del Bue Grasso di Carrù, ha illustrato l’impegno dell’organismo nato nel 2014 per valorizzare il prodotto, il mercato e il territorio. “Tra le esperienze di successo - ha ricordato - ci sono il Campionato di battuta al coltello e i convegni con la partecipazione di centinaia di allevatori provenienti da tutta Italia”.

Le conclusioni le ha tratte il presidente regionale Cia Piemonte, Gabriele Carenini: “Le caratteristiche della razza vanno valorizzate e, parallelamente, bisogna scongiurare il pericolo di abbandono delle aziende zootecniche da parte dei giovani. Infatti le attività preservano il territorio e anche le zone marginali, ma solo a una condizione: se le politiche e il mercato incentiveranno gli investimenti e il futuro del settore”.     

Sergio Peirone

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