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Agricoltura | 19 febbraio 2020, 13:23

Coldiretti Piemonte – Lavoro: "Spezzare catena dello sfruttamento lungo le filiere”

Stop alle pratiche commerciali sleali e alle agevolazioni concesse dall’Unione Europea alle importazioni low cost

Coldiretti Piemonte – Lavoro: "Spezzare catena dello sfruttamento lungo le filiere”

Quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato che arriva in Italia non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori e viene ottenuto da mani straniere più di ¼ del Made in Italy a tavola, con 370mila lavoratori provenienti da ben 155 Paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. E’ quanto stima Coldiretti in occasione della presentazione, a Roma, del progetto “Lavoro stagionale - dignità e legalità”.

La piaga del caporalato deve essere combattuta in Italia e all’estero da dove arrivano molti dei prodotti agroalimentari consumati in Italia, dal riso asiatico all’ortofrutta sudamericana fino alle nocciole turche che fanno concorrenza sleale alle imprese impegnate a garantire la tutela del lavoro, del territorio e della sicurezza alimentare.

La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106), bulgari (11261), macedoni (10428) e pakistani (10272), secondo le elaborazioni Coldiretti che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019.

In Piemonte i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale e si occupano soprattutto della raccolta dell’uva e della frutta.

“I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia del nostro territorio – evidenziano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale - dove va assicurata la sicurezza sul lavoro e la legalità. A più di tre anni dall’approvazione della legge sul caporalato, è palese come sia necessario agire sulle leve economiche che spingono o tollerano lo sfruttamento, dalla lotta alle pratiche commerciali sleali fino alle agevolazioni concesse dall’Unione Europea alle importazioni low cost da Paesi a rischio. Occorre, quindi, spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli, pagati sottocosto, spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità. Per questo bisogna agire su due fronti: occorre affiancare le norme sul caporalato all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione, presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti, ma è anche necessario arrivare al più presto al recepimento della direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali del 17 aprile 2019 per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione. E’ necessario – concludono Moncalvo e Rivarossa - che dietro a tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro: non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato”.

 

comunicato stampa

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