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Curiosità | 04 aprile 2020, 08:13

Alessandro e l'emergenza Coronavirus a Berlino: "Qui più difficile far rispettare le disposizioni del lockdown. L'Italia si è mossa prima e meglio del resto del mondo"

"Da voi vedo tanti che si lamentano, che dicono "abbiamo fatto poco" o "abbiamo fatto tutto in ritardo", o che puntano il dito verso quelli che vanno a correre o a camminare. Sinceramente mi sembra un modo assolutamente terribile per sfogare l'ansia e il malessere che tutti sentiamo in questo periodo"

Alessandro Macagno - foto da profilo Facebook

Alessandro Macagno - foto da profilo Facebook

"Sono partito prima dello scoppio reale dell'epidemia in Italia, nella seconda metà di gennaio. Da voi vedo tanti che si lamentano, che dicono "abbiamo fatto poco" o "abbiamo fatto tutto in ritardo", o che puntano il dito verso quelli che vanno a correre o a camminare. Sinceramente mi sembra un modo assolutamente terribile per sfogare l'ansia e il malessere che tutti sentiamo in questo periodo. L'idea che mi sono fatto io è che se foste andati in quarantena quindici giorni prima, e aveste trovato molti meno casi, quelle stesse persone se ne sarebbero uscite con un "Non era il caso di chiudere tutto per davvero". Qualcuno si sarebbe lamentato comunque, insomma. La verità è che guardando alla situazione nel resto del mondo si capisce che come popolo abbiamo reagito bene e in anticipo".

La legge così Alessandro Macagno, peveragnese a Berlino, la situazione dell'epidemia da Coronavirus nostrana: sicuro della prontezza delle misure messe in campo dal governo ma un po' meno della bontà degli "odiatori seriali", specie in un momento così complesso come quello attuale.

Alessandro è partito a metà gennaio per la capitale tedesca, rispondendo con intraprendenza a una nuova opportunità di crescita personale e professionale. Una volta là, ovviamente, è stato investito dalla crisi sanitaria mondiale come tutti noi.

"Qui in città la situazione è numericamente migliore rispetto a quella italiana, anche se i dati sono sostanzialmente incomparabili: qui si riconoscono solo i morti "per" Coronavirus e non quelli "con" il virus, e il dato dei deceduti di Berlino parla di una percentuale (per quanto tragica, ovviamente) numericamente poco valida rispetto a quella, per esempio, di Bergamo. In ogni caso, si stimano un paio di settimane di ritardo tra i due paesi" ci racconta Alessandro.

"La grande differenza che mi sento di riscontrare riguarda l'attenzione con cui viene trattata l'emergenza. Vedo ciò che succede in Italia grazie ai social network, ai parenti e agli amici, e vedo come state reagendo al regime di disposizioni messe in campo dal governo. A Berlino ci sono disposizioni molto simili, ma la realtà è che è possibile uscire senza problemi a qualunque ora del giorno e della notte e ritrovarsi con moltissime altre persone intorno, di cui davvero poche con la mascherina. Delle distanze di sicurezza, ai berlinesi, poco sembra interessare".

Scarso senso civico, per gli abitanti della capitale tedesca, quindi? "No, il punto è che Berlino, come tutte le metropoli, è un melting pot di culture e nazionalità differenti così complicato da rendere il concetto stesso di "senso civico" un po' poco sensato. Ho amici e conoscenti che vivono in paesini più piccoli, però, e mi hanno detto che lì c'è molta più attenzione e rispetto per le norme decise dal governo".

Scendendo più nel particolare l'esperienza di Alessandro - che a Berlino è sviluppatore backend in un'azienda di digital sport - è curiosa di per sé, nel contesto dell'epidemia. Essendo la Germania entrata in lockdown soltanto a marzo, infatti, ha vissuto ben tre fasi della vita da "italiano all'estero".

"Una vera e propria quotidianità da stravolgere non ho nemmeno avuto il tempo di crearmela - continua a raccontare - , ma diciamo che ho fatto circa un mese di lavoro e vita in cui ero contentissimo di avere una città così grande a mia disposizione: avevo preso il mio ritmo, il mio giro. E poi, improvvisamente, mi sono ritrovato a dover stare a casa tutto il giorno".

"La cosa che mi ha dato più difficoltà è stato il non poter più uscire da un monolocale di 20 metri quadrati in cui c'è soltanto il letto, la scrivania, la cucina e un bagno minuscolo; ho vissuto tanti anni a Torino in case di studenti e non mi sono mai trovato così in difficoltà. Essere costretto qui dentro per 24 ore, nei primi tempi, è stato abbastanza complesso. Mi sto abituando, però, e svegliarsi un quarto d'ora prima di cominciare a lavorare ha i suoi innegabili vantaggi. Mi trovo spesso a lavorare di più del solito, in quanto un orario vero e proprio, adesso non c'è (o almeno lo si percepisce di meno)" prosegue.

"E poi sto trovando molto più tempo libero per studiare il tedesco, un'ora e mezza al giorno circa in cui mi impratichisco e di cui avevo assoluto bisogno. Ho apprezzato molto, in queste settimane, tutti i contenuti online messi a disposizione in modo gratuito in questo periodo di quarantena: ho letteralmente passato i primi giorni a seguire webinar di qualunque tipo! Siamo tutti molto abituati a dire "non ho tempo per", ma adesso questo tempo ci è stato dato in modo forzato e siamo obbligati a coglierlo. E a farlo in modo produttivo".

redazione

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