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Attualità | 13 marzo 2013, 18:10

“Silenzio, poi vedrà”: Mario Maffi, testimone inconsapevole e solitario, racconta la tragedia delle foibe

“1957. Un alpino alla scoperta delle foibe”: Mario Maffi racconta la sua tragica esperienza, coperta per 50 anni dal segreto militare. Domani la presentazione a Cuneo.

“Silenzio, poi vedrà”: Mario Maffi, testimone inconsapevole e solitario, racconta la tragedia delle foibe

Le foibe sono piccole aperture presenti nel terreno carsico: spaccature ad inghiottito che poi si allargano, con una profondità che varia da 10 ad oltre 100 m. Sono divenute sepolcri inconsapevoli e agghiaccianti di un numero imprecisato di cadaveri, primo tragico capitolo di quella che è la diaspora giuliano-dalmata: intimidazioni e violenze culminavano con sparizioni ed infoibamenti.

Tito, servendosi dei retaggi di tensione etnica presenti sul luogo, procedette alla sparizione di possibili avversari al suo sogno espansionistico: civili inermi, donne, bambini ed anche membri della Resistenza italiana vennero fatti sparire dai partigiani titini dopo l’8 settembre e nell’immediato dopoguerra.

Questi corpi martoriati subirono in un primo tempo anche la condanna dell’oblio: una spessa cortina di silenzio cadde su ciò che era avvenuto in quei luoghi di confine, complice il clima di tensione con i vicini iugoslavi e alcune sacche della politica interna italiana.

Silenzio: questa la parola d’ordine cui dovette assoggettarsi anche Mario Maffi, allora 24enne speleologo, incaricato della prima e segretissima missione di esplorazione. Un silenzio che grida, dato che è un panorama infernale quello che gli si presenterà davanti agli occhi. Per obbligo del segreto militare, Mario Maffi divenne testimone solitario e scioccato della tragedia degli infoibati.

“A Monrupino camminavo su resti umani e pietrisco”: a distanza di oltre 50 anni, caduto il segreto militare, Maffi racconta e condivide il peso di quella tragica esperienza: “Scioccato, ecco. Non sono uno storico, ma ho vissuto un evento traumatico di cui solo in seguito compresi la portata storica: pensavo di dover scendere per disinnescare delle mine”.

Nel suo libro,  “1957. Un alpino alla scoperta delle foibe” (Gaspari editore 2013), che domani verrà presentato a Cuneo (17.30 presso il Salone d’onore del Comune) Maffi ripercorre quelle due settimane di esplorazione sotterranea, che costituirono la prima constatazione ufficiale del governo italiano.

Maffi effettuò delle discese nelle foibe di Monrupino, poi di Basovizza: in seguito gli venne affidata un’altra identità e venne fatto alloggiare in un piccolo albergo di Trieste, città che era tornata soltanto da due anni all’Italia. Poche chiacchere, “e se qualcuno chiedeva, io ero un fotografo che svolgeva studi di foto notturne. Poi vennero a prendermi, per quattro notti di fila, ed ero scortato da carabinieri armati.” Probabilmente si sfiorò il confine iugoslavo, a Maffi non fu dato di sapere. Ma qualcosa trapelò, sui giornali uscì la notizia: e la missione venne interrotta.

Proseguimento ideale proprio di quella missione, il libro di Maffi testimonia i tragici avvenimenti dell’epoca: tragicità moltiplicata dal negazionismo e dal giustificazionismo che ancora oggi, purtroppo, contribuiscono ad infoibare la verità.

 

 

Marta Gas

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