Caro Direttore,
Circa due settimane fa sono intervenuto nel dibattito, che si è sviluppato, relativamo al mutuo che la Regione Piemonte dovrebbe contrarre per sostenere almeno una parte delle spese per organizzare il 3 giugno un referendum abrogativo della legge sulla caccia.
La mia nota ha provocato tanti interventi favorevoli ed anche uno molto critico da parte di un cacciatore: non sono intervenuto quando il suo giornale lo ha pubblicato perché non amo la polemica sterile e senza fini utili, lo faccio oggi proprio mentre, finalmente, sembra si stia raggiungendo un accordo per scongiurare quello spreco inutile di denaro pubblico.
La mia proposta non entrava nel merito “caccia sì, caccia no”, ma esclusivamente nel fatto che, mentre la Regione Piemonte ed il suo Presidente Cota sono latitanti su argomenti di forte sensibilità quali il sociale, il welfare e la sanità applicando tagli e rincari che pesano sulle finanze dei cittadini, sono “di manica larga” nello sprecare 22 milioni d’euro (scaricati sulle prossime generazioni visto che si tratta di un mutuo) per organizzare una consultazione che, in ogni caso, avrebbe costretto solo a rinviare il problema.
In caso di successo degli abrogazionisti, infatti, si sarebbe in ogni caso creato un vuoto che richiedeva una nuova legge, in caso di referendum nullo per il non raggiungimento del quorum o per la vittoria dei “no” per la ripartenza di altre analoghe iniziative o di ricorsi addirittura in sede europea.
In ogni caso si buttano 22 milioni di euro (più quelli da impegnare nel bilancio corrente) e non si ottiene alcun risultato.
La mia proposta é “tecnica”: abroghiamo la legge attuale, affidiamoci a quella nazionale ed intanto si approvi velocemente una nuova normativa in grado di affrontare con equità, equilibrio ed in modo il più condiviso possibile la questione.
Leggo sui giornali che si sta andando verso questa direzione: spero l’obiettivo venga raggiunto.
Primo per evitare uno spreco colpevole( se non doloso) di denaro pubblico, secondo perché il Presidente Cota non può arrogarsi il diritto di “occupare” con un referendum la festa dell’Unità Nazionale del 2 giugno impegnando scrutatori, personale comunale e militari nei seggi, terzo perché i partiti devono dimostrare di esserci e di saper battere un colpo.
Se nemmeno di fronte a denari buttati dalla finestra in momenti di gravi difficoltà, i partiti infatti si attiveranno ed impediranno di trovare una soluzione che consenta di risparmiare 44 miliardi di vecchie lire… allora veramente l’antipolitica troverà una nuova ragione di essere, proprio sulle ceneri dell’incapacità di operare e di agire in momenti di gravi difficoltà economiche ed occupazionali.
Come vede, caro direttore, la questione “caccia” è solo marginale, ed è per questo che non ho risposto al suo lettore ed alla sua critica: riguarda qualcosa di ben diverso, la capacità cioè di tornare allo spirito nazionale, di comprendere le esigenze dei cittadini, di agire di conseguenza e di recuperare “ragioni comuni” magari con lo spirito del 25 aprile (cioè di unità nazionale e di “comune sentire”) del quale in questi giorni celebriamo il 67° anniversario.
Con viva cordialità
Beppe Tassone