- 11 maggio 2013, 09:43

Le figurine Panini

La trattativa dello scambio delle figurine mancanti poteva durare interi pomeriggi, alla ricerca dei tuoi beniamini o dei calciatori “rari”, filone alimentato dal leggendario “introvabile” per antonomasia, quel Pierluigi Pizzaballa mitico portiere dell'Atalanta che fu.

“Celo celo manca celo manca manca manca celo...” ogni occasione era buona. Poteva essere durante l'intervallo, dove rinunciavi anche a mangiare il panino o la fetta di torta. Oppure sul muretto dell'oratorio, tra una partita e l'altra di calcio balilla. O ancora in cortile, ventre privilegiato e spettatore indiscusso dei tanti giochi dei bambini. Ognuno tirava fuori il suo piccolo tesoro, quel mazzetto di figurine Panini “Calciatori” che valeva più di ogni altra cosa. Poi, con inaspettata abilità da bancario, si iniziava a far scorrere velocemente il mazzetto tra le proprie dita, con in sottofondo quel fruscio inconfondibile, quel suono secco, a battere il tempo alla voce che faticava a tener testa agli occhi: “celo celo manca celo manca manca manca celo ...” . La trattativa dello scambio delle figurine mancanti poteva durare interi pomeriggi, alla ricerca dei tuoi beniamini o dei calciatori “rari”, filone alimentato dal leggendario “introvabile” per antonomasia, quel Pierluigi Pizzaballa mitico portiere dell'Atalanta che fu.

Niente però era paragonabile all'emozione di aprire una bustina. Il rispetto per la celebre rovesciata di Carlo Parola, simbolo della raccolta “Calciatori” e impressa sui pacchetti delle figurine, durava una frazione di secondo. Un attimo e poi era tempo di stralciarla per scoprire i segreti del suo contenuto, con quel profumo gentile di colla che ti restava per un po' nel naso e sulle dita.

Fatti gli scambi, si passava a giocare. Dalle nostre parti andavano forte “muro” (nelle due varianti) e “lettera”, ma so che da altre parti si giocava anche a “schiaffo” o “soffio”. A me piaceva soprattutto “muro” nella versione “a lunga”. Bisognava sistemarsi tutti allineati ad una distanza prestabilita da un muro, poi a turno si prendeva la propria figurina tra indice e medio (come se fosse stata una sigaretta) e la si lanciava a mo' di frisbee... quella che finiva più vicina al muro vinceva e il “lanciatore” si teneva anche tutte le altre. Una volta abbiamo beccato Marco che trassava, aveva incollato Bettega (il suo preferito) su Pruzzo, rendendo la figurina più pesante che quindi fluttuava meglio sulla distanza. Marco da cartellino rosso per qualche tempo. Nella seconda variante di “muro” a turno si posizionava la propria “figu” ad una certa altezza, tenendola con l'indice attaccata alla parete. Lasciata andare alle sue imprevedibili traiettorie di caduta, anche qui vinceva tutto quella che finiva il volo più vicina al muro. “Lettera” si poteva giocare soprattutto a scuola, di nascosto, negli ultimi banchi. Si posizionava il proprio mazzetto con tutti i calciatori rivolti verso il basso. A turno si girava la propria figurina dicendo ad alta voce (oppure bisbigliando se si era a scuola!) le lettere dell'alfabeto in successione, creando tra i due un piccolo mazzo che cresceva di giro in giro. Quando la lettera coincideva con il nome del giocatore si vinceva tutto.

C'erano delle accortezze quando si giocava. Ovviamente non andavi ad utilizzare né le figurine più “preziose”, dei calciatori più importanti che nel “celo celo manca” ti potevano fruttare anche 10 figurine normali, né tanto meno gli scudetti, pregiate immagini dorate che valevano l'invidia di tutti. Solitamente ti giocavi le doppie, le triple e soprattutto i giocatori di serie B o C, che si dividevano lo spazio in due o tre riquadri. Pochi riuscivano a terminare un album, poche le collezioni complete. Però, con quel mazzetto custodito dall'elastico giallo, ci abbiamo davvero provato con tutte le forze.

 

 

Valter Castellino