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Attualità | 25 settembre 2013, 13:46

La tradizione del “barbarià” di Caraglio oggi pomeriggio in diretta su Rai3

Alle 16 due imprenditrici caragliesi presentano il prodotto che punta, con i biscotti e la pasta a “impatto zero”, a conquistare il mercato bio nazionale

Sandra Arneodo e Debora Giarino

Sandra Arneodo e Debora Giarino

A poco più di sei mesi dall’ultima apparizione in tv sui canali Rai nella trasmissione televisiva “Linea Verde Orizzonti”, le imprenditrici agricole piemontesi Sandra Arneodo e Debora Giarino, accompagnate dai rispettivi mariti Aurelio e Oscar, che da anni si dedicano alla coltura dell’aglio, tornano sul piccolo schermo invitati da Sveva Sagramola, conduttrice della trasmissione di Geo&Geo, rimasta estasiata dalla loro ultima “trovata”: il progetto del Barbarià e della pasta a “impatto zero”. Appuntamento in diretta tv su Rai 3 mercoledì 25 settembre dalle 16.

In onda tutti i pomeriggi sui Rai 3, Geo&Geo tratta argomenti che vanno dalla cultura italiana e mondiale al clima, dagli animali alle nuove tecnologie, dalla natura alla gastronomia.

Più volte i quattro imprenditori sono stati ospiti di Sagramola, ma in passato il protagonista delle puntate è sempre stato l’aglio di Caraglio (conosciuto come “Aj ‘d Caraj”), apprezzato per il suo gusto delicato e coltivato nelle campagne del Consorzio “Fattoria dell’aglio” nato nel 2008.

Questa volta Arneodo, Giarino e soci hanno messo in atto un progetto, in collaborazione con il Consorzio di tutela valorizzazione e promozione dell'aglio di Caraglio  , che prevede l’impiego e la rievocazione di antiche coltivazioni tradizionali, un tempo presenti nei nostri areali e ora purtroppo cadute, con i loro sapori, nell’oblio del ricordo. L’appezzamento in questione è stato coltivato dalla Fattoria dell’aglio (premio nazionale  C.I.A. Bandiera verde 2012) nell’ambito del progetto bio-sostenibile e agro-tradizionale della rotazione temporale necessaria per la produzione dell’aglio di Caraglio.
IL TERMINE E LA TRADIZIONE

Da qui la mietitrebbiatura del Barbarià, appellativo che deriva probabilmente da “imbarbarito, imbastardito”: era un’antica tecnica che prevedeva la semina autunnale di una miscela composta da semi di grano e segale. Spiegano le due titolari: «Non è quindi, come credono in molti, la semplice mistura delle due farine attuata all’atto dell’impasto nel panificio o laboratorio di pasticceria (la farina di barbarià è ottima nella produzione dei biscotti) dove i gusti vengono amalgamati artificialmente. Ma la miscela avviene in campo, dove gli aromi e le particolari caratteristiche scaturiscono anche dalla naturale impollinazione incrociata delle due razze».

Si trattava di un metodo che consentiva alla popolazione montana e pedemontana di ottenere una farina da pane più digeribile di quella che veniva prodotta con la sola segale. «La necessità aguzzò l’ingegno: i nostri bravi antenati cominciarono a seminare un misto di grano e segale cosicché, se l’annata correva favorevole, alla fine ottenevano una farina particolare, buona e sostanziosa, se, invece, l’annata risultava difficoltosa e comprometteva lo sviluppo del grano (come detto più sensibile alle avversità climatiche) raccoglievano comunque la segale, utile per la loro sopravivenza».

IL PROGETTO DELLA PASTA A IMPATTO ZERO

Il progetto di sviluppo del Barbarià mira a valorizzare l’assoluta unicità del prodotto del Cuneese, ottenendo con un procedimento complesso la prima pasta a “impatto zero”. Si parte dal grano per seguirne tutte le successive fasi di lavorazione, in modo da garantire al consumatore finale l’intera filiera. A cominciare dalla coltivazione in campo che segue il metodo dell’agricoltura biologica. In seguito alla raccolta il cereale viene portato a un antico mulino a pietra, che per poter macinare il Barbarià sfrutta la potenza dell’acqua.

A questo punto la farina viene trasportata al pastificio per la trasformazione in pasta. I macchinari utilizzati per la produzione sono completamente alimentati ad energia rinnovabile. Ed è qui che la Fattoria dell’aglio ha voluto fare il grande passo: oltre il certificato di provenienza, oltre il biologico, anche la distribuzione e i passaggi all’interno dell’ intera filiera sono a “impatto zero”, in quanto si utilizza un mezzo integralmente elettrico.

D.M.

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