- 12 luglio 2015, 15:00

Empatizzare con il "cattivo" – "Romanzo Criminale"

Anche i protagonisti di alcuni violenti fatti di cronaca rispondono alla relatività della nostra vita: per quanto possa piacerci poco, ancora una volta di più scopriamo che non esistono "bianco" e "nero"

"Romanzo Criminale" è un film italiano del 2005, scritto da Giancarlo De Cataldo (autore anche del romanzo da cui la pellicola è tratta e del soggetto), Sandro Petraglia, Stefano Rulli e Michele Placido, e diretto dallo stesso Michele Placido. Il film segue la nascita, la vita e la morte della "banda della Magliana", quello che è comunemente considerato come il gruppo criminale più potente che abbia mai agito a Roma, dotato negli anni '60 di contatti con la malavita organizzata del Sud Italia, il Vaticano, la politica e i Servizi Segreti.

Questa settimana, come al solito, sono diverse le cose che sono successe in Italia e nel Mondo e, devo ammetterlo, l'idea di cercare un film o un fumetto che potesse avere qualcosa a che fare con il referendum in Grecia e con la situazione economica dello stato ellenico mi è passata di mente più volte.

Ma chi sono io per parlare di una realtà politica così complessa? Mi prendo già parecchie libertà, e per evitare strafalcioni ho deciso di passare oltre.

Fortunatamente, però, anche in Granda sono successe un paio di cosette interessanti... tra queste, quella che mi ha colpito di più è stata senza alcun dubbio la cattura dei due gemelli albanesi con all'attivo più di 100 furti in appartamento tra Nord e Centro Italia. O meglio, in un fatto di cronaca "normale" come quello, a intrigarmi particolarmente è stato il fatto che i due fratelli avessero sempre rifiutato la possibilità di ingrandire la propria banda per "non compromettere il delicato equilibrio criminale del proprio sodalizio".

Tutto in famiglia, insomma.

Il paragone con "Romanzo Criminale", nella mia testa, è arrivato lentamente ma credo calzi a pennello.

Nel film come nella serie tv (che consiglio anche più della pellicola!) non si fa semplicemente la cronaca dell'attività di una delle bande criminali più aggressive, potenti e ramificate della storia d'Italia, e nemmeno si descrive un periodo (quello degli anni '60-'70) che se non è il più oscuro del nostro passato recente di sicuro è molto in alto nella classifica: si parla di persone, di uomini e di donne, dei loro problemi e della loro ricerca infinita di riscatto sociale, delle scelte e delle strade che decidono di intraprendere per raggiungere l'obiettivo. E, ovviamente, dei rapporti che stringono durante il viaggio.

Già, i rapporti: chi sa come funziona la scrittura di una storia sa anche che un gruppo di assassini e ladri di stampo mafioso realmente esistiti puoi metterli come protagonisti soltanto se riesci a spingere il pubblico a empatizzare in modo esageratamente profondo con loro... cosa fattibile solo dando molta importanza ai rapporti interpersonali. E "Romanzo Criminale" lo fa, riesce a fartici affezionare a questo ammasso di canaglie, più o meno nella stessa maniera attraverso cui lo fa Quentin Tarantino con i suoi personaggi. Sai che sono persone orribili che fanno cose orribili per motivi orribili, ma la forza della narrazione è talmente grande che ti interessa sapere e vedere quel che faranno... e come finiranno.

Nonostante tutto mi sono sempre chiesto quale fosse il limite in tutta la questione, quanto fosse giusto proporre storie con protagonisti di questo genere, quanto fosse "sano" per il pubblico.

Almeno fino a questa settimana: la realtà, come accade ogni tanto, ha raggiunto la fantasia.

Non credo sia nemmeno il caso di chiarire che il comportamento dei due fratelli gemelli non sia giustificabile. Credo però sia necessario chiarire, invece, quanto la loro storia dimostri la relatività delle nostre esistenze; sarò io, ma qualcosa dentro di me mi dice che il loro rifiutare l'entrata di altri elementi nella loro banda fosse dettato da qualcosa di più delle semplici ragioni "logistiche" del loro "equilibrio criminale": ogni scarrafone è bello a mamma sua, d'altronde, e non penso di esagerare quando dico che di certo l'uno per l'altro erano il migliore fratello del mondo.

Insomma, quello che voglio dire è che davvero non esistono persone "buone" o "cattive" in senso assoluto, e che (forse più spesso di quanto si possa pensare) le maschere che portiamo non le abbiamo scelte noi, ma ci sono state appiccicate da altri. Nel bene e nel male.

Purtroppo per i due gemelli, sono le nostre scelte che dimostrano se ce le meritiamo o meno.

s.gi.