Fossanese - 23 gennaio 2016, 06:00

Autothrill

Gelarsi un avambraccio nel freezer per estrarre un gelato quindi iniziare un pasto mobile tra la colonnina dei best-sellers e le ceste dei cd trash in ipersconto lanciando sguardi di disapprovazione all’eternamente colazionante popolo delle discoteche

Guidare nella notte nero pece dopo una cena a troppe portate con elevato tasso di malinconia, farlo in auto o superstrada di modo che la rettilinea monotonia faciliti il sonno con annesso desiderio di caffè e ammazzacaffè; contare numero cinque colpi di testa ciondoloni al volante quindi, a rischio decimazione oleandri, infilare un’area di sosta.

Dribblare i Tir addormentati predati da prostitute alla frutta come gabbiani adesi a un dorso di balena ricoperto di crostacei. Stralunati dalle lisergiche insegne e dalle marziane pompe di benzina posteggiare di lato all’autogrill sbirciando la trama bullonata della cisterna a gas e il parcheggio-civetta dei dipendenti.

Entrare investiti dal microclima condizionato e dall’illuminazione da sala operatoria quindi cercare il cesso e orinare intermittenti nel water autopulente; se di altra evacuazione si tratta sedere sull’asse e liberarsi alzandosi e abbassandosi in un autoreferenziale smorzacandela per evitare il sincopato lavacro delle parti intime. Ignorare la Miconos di cellulari segnati alla parete e pestare numero quattro volte il piede alla base del lavandino stile maniaco del cambio manuale prima di realizzare che l’acqua fuoriesce dal rubinetto a digitopressione e non grazie all’invisibile pedale.

Passare in rassegna gli espositori con la cartucciera di salumi industriali, i murales di snacks e la Santa Barbara di bibite e succhi, selezionare una patatina in busta finto-artigianale, l’equivalente norcino d’un dito mozzo cinematografico e scoraggiato dai mignon di vino e dalla birra a ridicola gradazione alcolica, innaffiare il tutto con un umiliante succo d’arancia meditando di non berne uno non corretto dalla guerra del golfo.

Appannare il vetro fissando panini freschi e tramezzini per poi riflettere minuti cinque sulla proporzionalità inversa e fallimentare tra il tentativo di rendere rustici i nomi degli stessi e il senso di profonda artificialità che ne deriva.

Gelarsi un avambraccio nel freezer per estrarre un gelato quindi iniziare un pasto mobile tra la colonnina dei best-sellers e le ceste dei cd trash in ipersconto lanciando sguardi di disapprovazione all’eternamente colazionante popolo delle discoteche.

Uscire nell’inchiostro notturno sfumato dalla cianosi dei lampioni e immaginare, smossi dallo scirocco degli autotreni, un’orda di zombie assediare l’autogrill riorganizzato all’occorrenza in claustrofobica trincea al suono filtrato di “Thriller” di Michael Jackson.

De Mazan