Con la grinta che lo caratterizza da sempre, Amilcare Merlo, 82 anni il 24 novembre prossimo, ha spronato i suoi colleghi durante la tavola rotonda svoltasi nell’ambito dell’assemblea provinciale di Confindustria Cuneo.
Il “più giovane degli industriali cuneesi” – come lo ha definito il presidente nazionale Vincenzo Boccia – ha riproposto all’attenzione della platea l’annoso rapporto tra scuola e impresa. “La spasmodica corsa cui siamo oggi costretti rischia di uccidere le nostre imprese. La fretta, con la quale tutti noi dobbiamo fare i conti ogni giorno, non ci permette più di “insegnare” ad altri quel che, a nostra volta, abbiamo imparato nel corso di una lunga esperienza professionale”.
Il presidente dell’azienda di Cervasca ha sollecitato un rapporto nuovo tra mondo del lavoro e scuola. “Va bene la ricerca pura – ha affermato durante la tavola rotonda tenutasi nell’hangar dell’aeroporto di Levaldigi – ma deve essere chiaro che la ricerca applicata, di cui hanno un disperato bisogno le nostre aziende, è quella applicata ed è su questo fronte che si dovrebbe aprire un confronto permanente con le scuole superiori e l’Università”.
Forte di un’esperienza che gli deriva dall’essere da oltre mezzo secolo al timone di un’azienda che esporta in tutto il mondo, Merlo ha spiegato che l’esportazione è cruciale, ma è anche difficile, perché si è competitivi sui mercati esteri solo se si è rigorosi e si osservano scrupolosamente tutta una serie di parametri. “Ho rapporti con Paesi stranieri – ha detto – che hanno problemi infrastrutturali ben più gravi dei nostri, ma hanno la grinta e la voglia di fare, mentre registro con preoccupazione che le nostre aziende stanno invecchiando. L’Italia è ormai diventata la terra in cui gli stranieri vengono per fare shopping delle nostre attività. Comperano le nostre aziende per quattro soldi per impadronirsi di tecnologie che abbiamo acquisito a prezzo di fatiche indicibili e di anni di lavoro e le portano all’estero. Rivolgo ai miei colleghi e al mondo politico una domanda cui nessuno finora ha saputo darmi una risposta esaustiva: perché le nostre aziende stanno chiudendo? Volete spiegarmi le ragioni profonde di questo impoverimento che sta penalizzando il Paese Italia?”.
Il “giovane industriale” di Cervasca ha rivolto un monito alla platea: “Dobbiamo ritrovare il gusto e il piacere della sfida perché è alla base della vitalità e del ringiovanimento delle nostre imprese”. Concetto analogo è stato espresso dal presidente Franco Biraghi nelle sue conclusioni. “Rivolgo un appello alle famiglie e alla scuola – ha detto dal palco – affinchè educhino i figli al senso del dovere e al desiderio d’impresa, lasciando perdere quel falso mito del “posto fisso” che tanto non ci sarà più. Il mio dovere è guardare non solo al giorno dopo, ma proiettare lo sguardo verso un periodo più lungo, anche quando so che non ci sarò più. Questo – ha concluso Biraghi - è un imperativo categorico per noi che, in gioventù, abbiamo deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo e avventurarci nel mondo dell’impresa”.