Saluzzese - 20 agosto 2016, 11:14

Sebastiano Frandino del liceo Bodoni di Saluzzo ci racconta il suo anno di studi negli Stati Uniti

“Non escludo completamente l’idea di tornare a fare l’università negli Stati Uniti dopo aver terminato il mio ultimo anno di liceo in Italia” ci dice il giovane 18enne

Sebastiano Frandino negli Stati Uniti d'America

La sveglia suonava ogni mattina alle 6 e 55, mi alzavo, mi preparavo e alle 7 e 20 saltavo in macchina in direzione Blue Eye High School, la scuola superiore che ho frequentato negli Stati Uniti, più precisamente in Missouri, in un paesino a pochi minuti dal confine con l’Arkansas.

Mi chiamo Sebastiano, ho 18 anni e ho vissuto negli Stati Uniti. Sono di Saluzzo dove frequento il Liceo Scientifico G.B. Bodoni, indirizzo Scienze Applicate. Tutto ebbe inizio il 18 novembre 2014 quando mi recai a Torino per un colloquio di selezione per rendere il mio sogno di vivere un anno all’estero realtà. Amo viaggiare, grazie ai miei genitori, negli ultimi anni ho sviluppato questa passione e l’anno di studio all’estero mi sembrava il modo migliore per vedere una realtà e un posto completamente diverso da quello dove vivo. Poche settimane dopo ricevetti l’e-mail che mi vedeva idoneo per partire.

Dopo aver compilato e firmato qualche milione di fogli riguardanti me, la mia famiglia, il mio passato scolastico e le mie condizioni fisiche, verso metà marzo, sono stato a quella che chiamano “associazione estera”, l’organizzazione che si sarebbe occupata di trovarmi una sistemazione per i miei 10 mesi di soggiorno negli Stati Uniti. Il programma per il quale ho firmato è chiamato “exchange” ed è il programma base, quello dove non si può fare alcuna richiesta oltre allo stato di destinazione; con stato non intendo uno dei 50 stati degli USA, intendo gli Stati Uniti in generale che per la cronaca sono grossi circa quanto l’Europa intera.

Verso marzo si iniziava a sentire gente che era stata affidata alle future famiglie ospitanti ed io ero lì ad aspettare, sapendo che da un giorno all’altro avrei ricevuto quella telefonata che avrebbe cambiato la mia vita. Il giorno non arrivò in fretta come speravo, la scuola era finita e l’estate iniziata. Sinceramente ero piuttosto nervoso ma cercavo di non darci troppo peso e godermi gli ultimi mesi con la mia famiglia e amici.

La telefonata arrivò un martedì mattina, il 21 luglio più precisamente. Bene, quel giorno mi prese abbastanza il panico. Dentro di me ero sicurissimo che la partenza sarebbe stata nella seconda metà di agosto e non in 11 giorni come mi dissero al telefono. In quel periodo ero in Marocco con la mia famiglia e sarei tornato a Saluzzo il 28 luglio. Ciò significa che avrei avuto esattamente 4 giorni prima del 2 agosto, giorno della partenza. Il 28 luglio atterro a Bergamo e salgo su un treno per andare a salutare i miei nonni materni in provincia di Sondrio, Lombardia.

Dopo 4-5 ore di treno il 30 luglio sono finalmente a Saluzzo. Il 31 luglio i miei amici mi hanno organizzato una festa a sorpresa che mi ha dato la possibilità di salutarli tutti e il primo di agosto ho finalmente iniziato le valigie. In qualche modo, con l’aiuto di mio padre, siamo riusciti a fare stare i vestiti per i prossimi 10 mesi un un bagaglio che poteva pesare 20kg al massimo.

Inutile dire che la notte prima della partenza dormire non è stato facilissimo. Verso le 4 di mattina, dopo aver controllato di non aver dimenticato nulla, salgo in macchina con mio papà e mia sorella Lucilla che ci teneva a venire a salutarmi in aeroporto. Ricordo l’ultimo saluto, trattenendo le lacrime, non volevo che l’ultima immagine che avrebbero avuto di me per i 10 mesi seguenti fosse piangendo.

Per la prima volta sarei stato completamente da solo ma l’emozione era troppa e manco ci feci caso. Più che un viaggio sembrò una odissea, ho dovuto prendere 3 aerei diversi, Milano-Bruxelles-Chicago-Springfield. Ovviamente il primo era in ritardo, a Bruxelles ho dovuto fare tutto di fretta ma sono riuscito a prendere l’aereo dopo. Quando si fa scalo negli Stati Uniti bisogna spostare la propria valigia da un nastro trasportatore ad un altro, peccato che la mia valigia a Chicago non ci arrivò mai. Il tempo di attesa per l’ultimo aereo era circa 5 ore, fortunatamente ho conosciuto un altro ragazzo italiano in viaggio per lo stesso motivo, abbiamo scambiato due parole ed il tempo passò abbastanza in fretta.

Arrivai a destinazione stanco morto, in uno stato del quale sapevo a malapena l’esistenza e con la mia valigia chissà dove. La mia host-mum mi stava aspettando all’uscita dell’aeroporto, mi diede una mano a fare la denuncia del bagaglio e salimmo in macchina. Ovviamente mi addormentai dopo i primi chilometri di strada e mi risvegliai a casa, o meglio, quella che sarebbe stata casa per il mio periodo di permanenza.

La scuola iniziò il 12 agosto, pochi giorni prima siamo andati a scegliere le classi che avrei frequentato, a fare una visita della scuola per sapere dove andare e cosa fare il primo giorno e a farmi dare un armadietto, numero 165. Le lezioni iniziano poco dopo le 8 ed ogni giorno l’orario è lo stesso, dal lunedì al venerdì.

8.15-9.06 Chemistry;

9.10-10.01 Calculus;

10.05-10.56 CP English III;

11.00-11.51 American Goverment;

11.51-12.11 Lunch;

12.15-1.06 Body Conditioning;

1.10-2.01 Physics;

2.05-2.56 Spanish I;

La scuola era piuttosto piccola, circa 200 studenti, date le dimensioni gli unici sport che si praticano in autunno sono baseball, volleyball femminile e cross country. Basket sarebbe iniziato a fine novembre, nel frattempo facevo allenamento con le scuole medie per riprendere un po’ il giro dato che non giocavo da qualche mese. Con gli allenamenti sono arrivati anche i primi problemi, la mia famiglia non poteva venirmi a prendere per riportarmi a casa. Sapendo che il problema sarebbe stato lo stesso, con l’aiuto dell’associazione abbiamo cercato una nuova famiglia. 

Il 15 settembre ho impacchettato tutto di nuovo e mi sono trasferito da un’altra famiglia. Devo dire che tl primo mese e mezzo non è stato uno dei più facili della mia vita ma credo di aver reagito piuttosto bene e dopo tutto è andato per il meglio. Credo che alla fine siano i periodi come quelli che fanno crescere e maturare per davvero. Ho sempre cercato di guardare il lato positivo di ogni cosa e di imparare dai miei errori.

A metà novembre abbiamo iniziato “basketball preseason”, due settimane di preparazione atletica in vista del campionato. Credo di non aver mai corso così tanto in vita mia, c’erano letteralmente i bidoni della spazzatura negli angoli della palestra in caso qualcuno si fosse sentito male durante gli allenamenti. Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, i bidoni sono stati piuttosto utili per più di una persona. Gli allenamenti sono subito dopo scuola, alle 3, e durano circa 2 ore e mezza. Abbiamo giocato circa 2 partite a settimana, quando si andava in trasferta si prendeva il pullman giallo della scuola, proprio come nei film. Le palestre sono solitamente bellissime, ci sono sempre un sacco di persone e all’inizio di ogni partita si cantava l’inno nazionale.  Sono stato fortunato perché ho trovato una squadra fantastica che mi ha dato la possibilità di fare un sacco di amicizie. Il campionato è finito a fine febbraio ed è andato abbastanza bene, sicuramente ci siamo divertiti molto.

Il sistema scolastico nel quale mi sono trovato è completamente diverso da quello italiano al quale ero abituato. Innanzitutto gli anni di scuola superiore sono solo 4. Ogni insegnante ha la propria aula e sono gli alunni che si spostano alla fine di ogni lezione. C’è la possibilità quindi di decidere le classi (materie) che si vogliono frequentare. Alcuni corsi durano solo un semestre altri l’intero anno scolastico.

Nonostante si sia abbastanza liberi di frequentare le lezioni preferite la scuola richiede un determinato numero di crediti per prendere il diploma. Per guadagnare un credito bisogna completare il corso con un voto superiore alla F (60 %), il che è relativamente facile considerando che solo una parte del voto è determinata dai test mentre il resto è relativa ai compiti a casa. Come in tutte le cose, ci sono aspetti positivi e negativi anche nel sistema scolastico americano. Si potesse trovare un modo di unire la scuola italiana con quella americana il risultato sarebbe sorprendente.

Qualcuno potrebbe chiedersi, ma ne vale davvero la pena? Sicuramente, tornassi indietro lo rifarei un milione di volte. Il motivo principale per il quale decisi di partire credo fosse per imparare l’inglese, dopo un paio di mesi lontano da casa si realizza che la lingua non è di certo la cosa più importante che imparerai. Innanzitutto si impara ad apprezzare ciò che si aveva a casa, le cose alle quali siamo abituati e alle quali non si da più peso, ma che quando ci vengono tolte iniziano a mancare per davvero.

Credo che andare in un certo senso a vivere da solo a 17 anni faccia maturare molto, le responsabilità aumentano a dismisura, non ci sono più mamma e papà a risolverti ogni problema. Un esempio potrebbe essere quello di imparare a gestirsi i soldi, sapere riconoscere le cose importanti da quelle delle quali si può fare a meno, stabilire un budget e riuscire a rispettarlo.

Non escludo completamente l’idea di tornare a fare l’università negli Stati Uniti dopo aver terminato il mio ultimo anno di liceo in Italia. Chiudo con la frase che ci è stata detta durante gli incontri di preparazione per la partenza “Exchange is not a year in your life, it is a life in a year”.
Sebastiano Frandino - 4^E Liceo Bodoni Saluzzo