- 25 dicembre 2016, 06:00

Miss Peregrine, la banalità del mostruoso in Tim Burton

Barker dipinse personalmente ogni singola maschera facendo di Median (il cimitero di Cabal) l’archetipo d’una purezza del mostruoso che nella sua incorruttibilità confina con l’angelico.

Miss Peregrine, la banalità del mostruoso in Tim Burton

Quando l’adolescente Jacob “Jake” Portman rinviene il corpo senza vita dell’amato nonno, morto in circostanze più che misteriose, decide di raggiungere un’isola del Galles con suo padre per trovare la casa dove proprio secondo il nonno vivevano dei ragazzi dai talenti speciali sotto la supervisione di Alma Peregrine, una sorta di istitutrice in grado di trasformarsi in falco pellegrino. Il padre acconsente anche sotto la guida dell’analista del ragazzo (vero “loser” alla Stephen King) ben consapevole che i racconti del padre, affetto da demenza senile, erano i deliri d’un ebreo polacco unico superstite d’una famiglia sterminata dai nazisti.

In un Galles cupo come da copione Jake troverà la casa riconoscendo i freaks di cui Abe Portman gli parlava: una bambina capace di generare il fuoco con le mani, un’altra in grado di far crescere ipertroficamente le piante ed una con la forza di dieci uomini, due gemelli, un ragazzo invisibile ed uno in grado di dar vita a qualsiasi oggetto inanimato, una bimba con una feroce bocca sulla nuca, ed infine la bella e introspettiva Emma più leggera dell’aria e costretta per questo a calzare delle pesanti scarpe di ferro.

Su questa circense scolaresca fluttua (letteralmente) Miss Peregrine, una bellissima istitutrice interpretata da un’Eva Green in stato di grazia. Essa è un “Ymbrine” che, oltre alla caratteristica di sapersi trasformare in uccello, ha la capacità di comandare il tempo e creare dei loop (anelli temporali); nello specifico l’anello temporale entro cui vivono i sempregiovani ragazzi speciali è il 3 Settembre 1943, giorno in cui i nazisti sganceranno una bomba sulla casa distruggendola e che quotidianamente Miss Peregrine riazzera impedendo l’abbattersi dell’infausta sciagura. Condannando o benedicendo Emma e soci a vivere per sempre in un’immobile bolla temporale.

Dopo aver visitato Victor, fratello d’una delle bambine, morto per mano d’un mostro stilizzato come suo nonno, Jacob scopre l’esistenza degli “hollowgast” e cioè i Vacui, creature altissime, dai lunghi tentacoli che si nutrono degli occhi dei bambini speciali. Nati dall’esperimento fallito d’uno Speciale che insieme ad altri sostenitori voleva clonare il potere delle Ymbrine i Vacui possono riassumere delle sembianze umane solo nutrendosi dei bulbi oculari degli speciali ma così facendo le loro orbite restano irrimediabilmente bianche.

Il dono di Jake, che senza di esso non avrebbe mai potuto nemmeno varcare la soglia della casa, è quello di poter vedere gli hollowgast, dono ereditato da suo nonno che gli ha permesso d’intravedere l’assassino del vecchio sul retro della casa dove abitava in Florida.

Gli eventi precipitano quando Barron (Samuel Jackson), il capo dei Vacui, rapisce Miss Peregrine per ritentare l’esperimento ed i ragazzi, guidati da Jacob ed Emma, decidono di andare a salvarla affrontando i loro acerrimi nemici. Il lieto fine  con il piccolo Jake che riabbraccia suo nonno ancora vivo visto che il Vacuo che lo aveva ucciso è nel frattempo morto per un’esplosione durante la Seconda Guerra Mondiale ci dice qualcosa in più sugli anelli temporali e consacra il nostro eroe difensore a tutto campo dei ragazzi speciali.

Diretto dal visionario Tim Burton e sceneggiato da Jane Goldman con musiche di Michael Higham e Matthew Margeson “Miss Peregrine- la casa dei ragazzi speciali” è tratto dall’omonimo romanzo del 2011 di Ramson Riggs, ed è girato tra la Florida e l’Inghilterra con un budget di 110 milioni di dollari. La storia prende le sue mosse da alcune foto che il regista e scrittore Ramson Riggs voleva inizialmente raccogliere in un libro illustrato e che poi sono finite nel romanzo da cui è stato tratto il film, foto di bambini in posa fra il grottesco e il solenne che ricordano l’estetica di “Freaks” di Browning ma anche l’horror d’atmosfera da “The Others” al primo Balaguerò.

Burton è sempre Burton e in alcune scene ce lo ricorda tipo nella lotta in stop-motion fra due bambole inanimate o nel trionfo subacqueo sulla nave Augusta ma soprattutto nel banchetto grandguignolesco dei Vacui che si ingozzano di bulbi oculari. Eppure il film risulta noioso e la trama pretestuosa con un cattivo da operetta e un buono soporifero e nemmeno i pregevoli camei di Judi Dench e Rupert Everett riescono a distoglierci dall’idea che questa sia una pellicola (di maniera) fatta per i fan che ribadisce la potenza immaginifica del brand Burton ma che non aggiunge nulla di nuovo al suo ormai già vasto repertorio.

E’ pur vero che non c’è Danny Elfman alle musiche né l’attore-feticcio Johnny Depp ma si ha la sensazione che stavolta il pluripremiato regista abbia lasciato fuori dalla pellicola quel filtro autobiografico che ha permesso ai suoi lavori precedenti (soprattutto quelli di animazione) di trasformare i virtuosismi della fantasia in magia.

Il primo riferimento cui viene da pensare guardando Miss Peregrine è ovviamente Peter Pan coi suoi ragazzi perduti che non invecchiano mai ma anche il club dei perdenti del già citato King solo che in questi due stranoti esempi la giovinezza non è solo un baluardo di purezza contro il Male ma anche il pre-puberale scrigno che difende l’amicizia dall’erosione del tempo; al contrario l’unico spunto realmente interessante dell’opera di Burton sarebbe stato il valore metaforico dei ragazzi speciali come costruzione, più o meno fantastica, del nonno Abe per rielaborare la tragedia dei campi di sterminio ma questo lato del poliedro viene a malapena illuminato.

Come in “Big fish” il confine fra realtà e fantasia è così sfumato che siamo portati a vedere nel vecchio nonno polacco una nuance donchisciottesca: egli sa che i ragazzi speciali non esistono ma regala al nipote questa finzione per correggere una realtà altrimenti avvilente ( la scena iniziale in cui Jake viene ridicolizzato da alcuni coetanei mentre nei panni del commesso-nerd prova ad approcciare una ragazza davanti a un muro di pannoloni per l’incontinenza senile è quasi bozzettistica) ma quando tale finzione si trasforma in realtà la magia diventa un pallido tentativo di ripetere la formula Harry Potter ma senza la seducente architettura dell’affabulatrice Rowling.

Siamo ben lontani dai vertici narrativi di Michael Ende ma anche dall’artigianale poesia di Clive Barker e a tal proposito viene spontaneo il raffronto fra i ragazzi speciali di Riggs-Burton e i notturni di Cabal (libro e film) che vivevano in un ossario tenendo la propria mostruosità al riparo non da improbabili creature supplenti dei loro prodigi come i Vacui ma dagli esseri umani stessi, veri carnefici del diverso inteso come espressione del perturbamento dell’ordine sociale.

Barker dipinse personalmente ogni singola maschera facendo di Median (il cimitero di Cabal) l’archetipo d’una purezza del mostruoso che nella sua incorruttibilità confina con l’angelico.

Quando nel suo racconto “Il maestro del Giudizio Universale” Dino Buzzati immagina di recarsi nelle terre natali del grande pittore fiammingo Bosch e parlando con un autoctono si sente rispondere che le immagini infernali del maestro del Quattrocento non erano affatto allegorie ma reali visioni, descrive a perfezione quella lucidità del mostruoso come incarnazione della diversità che tanto ha ispirato le allucinazioni di alcuni surrealisti e che deve la sua potenza al fatto di essere rappresentazione (e specchio) d’una deformazione che abita in ognuno di noi.

Manca questo in “Miss Peregrine- la casa dei ragazzi speciali” e se è vero, come diceva Victor Hugo, che “l’immaginazione è l’intelligenza con un’erezione” ( e lui in termini d’immaginazione legata al mostruoso ha detto qualcosa d’importante col suo “uomo che ride” ma anche con lo stesso Quasimodo) servirebbe un po’ di viagra a questo film e sempre, prendendo spunto da un altro gigante del fantastico e cioè Italo Calvino (“l’immaginazione è come la marmellata. Va spalmata su una solida fetta di pane”) portatevi il pane da casa prima di entrare al cinema. Salato o meno, a seconda dei gusti, ma portatevelo.

 Per scrivere all'autore overmovie@targatocn.it

De Mazan