“Quando c'è un'emergenza parti e vai. Perché? Perché sì. Sono fiero e orgoglioso di far parte di questo fantastico corpo. Quando ci sono questi eventi, ti rendi conto che puoi essere utile e vai a fare quello per cui sei stato addestrato”. Alberto Pacellini - 34 anni di Cuneo, tecnico del Soccorso Alpino e Speleologico - è appena tornato dall'Abruzzo.
Avrebbe voluto partire subito, all'indomani della valanga all'hotel Rigopiano, insieme agli altri quattro della delegazione cuneese. Ma un impegno inderogabile glielo ha impedito.
Giovedì 19 gennaio alle 6 del mattino sono partiti Paolo Forneris, Guido Dutto, Luigi Fenoglio e Marco Andreis della delegazione di Cuneo (che raccoglie le valli Vermenagna Gesso, Stura e Maira). Loro si sono occupati di portare il primo soccorso a frazioni isolate, raggiungendole con gli sci. Luigi Fenoglio, che è primario all'ospedale Santa Croce di Cuneo, veniva calato in elicottero per verificare lo stato di salute delle persone isolate.
“Io sono partito una settimana dopo, mercoledì 25 gennaio - racconta Alberto -. Abbiamo dato il cambio ai colleghi del Piemonte Nord. Eravamo in dodici dal Cuneese, portati dai furgoni della protezione civile. Siamo arrivati in Abruzzo la sera e subito siamo andati sul campo, sulla slavina dell'hotel Rigopiano”.
Ritmi serratissimi e turni di 15 ore. “Di cui neanche ti rendi conto - ribatte Alberto -: c'è uno spirito di squadra e di gruppo che ti fa sentire in famiglia. Ci sono tecnici ed esperti di soccorso da tutta Italia e sembra di conoscerli da una vita. Ci accomuna la passione della montagna e il fine comune di tirar fuori qualcuno. Si lavora in armonia senza distinzione tra corpi di appartenenza”.
A una settimana dalla slavina non c'era più speranza di trovare sopravvissuti. “Il nostro compito era quello di monitorare la sicurezza sul sito di lavoro perché il rischio valanghe era ancora alto. Sulla slavina operavano un centinaio di persone. A supporto dei soccorritori c'erano anche i volontari RRT (Rapid Relief Team) da tutto il mondo - racconta il tecnico cuneese -. Una squadra dei nostri coordinava gli accessi al sito, segnando nome e cognome di chi entrava con orario di accesso e uscita, in modo da sapere identità e numero di persone in caso di emeregenza. Entrava soltanto chi era attrezzato e autorizzato a farlo e chiunque doveva essere dotato di Arva (Apparecchio di Ricerca in Valanga). Io ero nella squadra di monitoraggio dell'area di scavo per dare l'allarme in caso di valanga. Si saliva a monte dell’hotel sul piano di scorrimento della valanga e l'osservazione si faceva a occhio nudo. Tre colpi di tromba equivalevano all'allarme. Inoltre una particolare attrezzatura radar monitorava i movimenti del terreno dando un minuto di anticipo per evacuare l'area. Fortunatamente nella notte il pericolo valanghe è sceso”.
Alberto Pacellini è stato tutta la notte al lavoro insieme ai colleghi cuneesi, dalle 20,30 di mercoledì 25 gennaio fino alle 10,30 di giovedì mattina. “Poi siamo tornati in palestra a riposare. Si dormiva al palazzetto dello Sport Penne nel comune di Cepagatti, buttati su materassi e pronti a ripartire. La macchina organizzativa era ben definita quando sono arrivato io. Ogni ente si coordinava all’interno della palestra: vigili del fuoco, esercito, carabinieri, polizia, protezione civile, soccorso alpino, guardia di finanza e anche la marina militare che ha fornito un elicottero. Un'unica grande famiglia”.
Dopo il ritrovamento dell’ultimo corpo intorno alla mezzanotte di giovedì è stato smontato il campo all'hotel Rigopiano. Alberto Pacellini è tornato a Cuneo venerdì sera insieme a Luca Macagno, Claudio Giordana e Paolo Bianco della delegazione di Cuneo. Con loro anche quattro dalla delegazione saluzzese e quattro dal monregalese.