C’è anche un saluzzese, Attilio Marino, giovane ricercatore del gruppo di Bio-Interfacce Intelligenti dell’Istituto italiano Tecnologie di Pontedera, nel team scientifico di "Nanoros", uno dei tredici esperimenti italiani destinati ad aprire nuove strade nell’ambito della medicina, tecnologia e biologia.
L'esperimento ha raggiunto Paolo Nespoli sulla Stazione Spaziale Internazionale grazie al modulo Falcon di SpaceX.
Marino Attilio, 29 anni, famiglia di Saluzzo, diploma al liceo scientifico Bodoni della città, laureato in neurobiologia a Pisa, con i colleghi del team Nanoros (Giada Genchi, Alice Salgarella, Ilaria Pezzini ) coordinato dal professore Gianni Ciofani, era in Florida, alla Nasa, il 14 agosto scorso quando il test è stato lanciato da SpaceX da una rampa del Kennedy Space Center diretto all' ISS.
“Il modulo Falcon 9 contenente i nostri esperimenti -racconta Marino- si é staccato dal razzo e Paolo Nespoli, che abbiamo incontrato prima della missione in orbita per illustrare il progetto, ha effettuato la canonica “cattura” della capsula con il braccio robotico. Il resto del razzo é invece tornato a terra ed atterrato per essere riusato in futuro".
In che cosa consiste Nanoros e chi sono gli attori ?
"Nanoros" è stato finanziato dall'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che ha anche coordinato lo sviluppo e le operazioni degli esperimenti, gestito il contratto e garantito l'accesso alla Stazione Spaziale Internazionale tramite accordo stipulato con NASA. E’ coordinato scientificamente dall’Istituto italiano di tecnologia, in partnership con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e con l'azienda Kayser di Livorno.
Il progetto prevede di valutare la prestazione di un potente antiossidante autorigenerativo, nel proteggere le cellule muscolari dalle condizioni di microgravità e dagli alti livelli di radiazioni che ci sono nello spazio.
“Si tratta di una nanoparticella (ossido di cerio) che funziona in maniera simile ad un antiossidante naturale, come la vitamina C o E, ma non viene degradato, ed é in grado di autorigenerarare la sua funzione antiossidante virtualmente all'infinito- spiega il ricercatore saluzzese- Sulla stazione orbitante si studiano gli effetti di questa nanoparticella su colture di cellule muscolari, perché i muscoli sono molto soggetti a stress ossidativo in ambiente di microgravità come quello spaziale in cui l’ astronauta deve vivere.
Le future missioni spaziali, come quella su Marte, prevedono permanenze di diversi mesi ed addirittura anni in tali condizioni e richiederanno terapie in grado di contrastare la degenerazione muscolare e ossea degli astronauti".
Le ricadute possono essere molteplici- ha spiegato in una intervista il capo team Ciofani perché “lo stress ossidativo è alla base di tutta una vasta serie di patologie che affliggono la popolazione terrestre. Possono essere patologie neurodegenerative, o anche patologie a carico del sistema muscolo scheletrico. Quindi riuscire a elaborare una nuova soluzione nanotecnologica basata su queste strategie può avere degli enormi vantaggi non solo per la medicina spaziale, ma anche quella medicina terrestre”.
Il test condotto in orbita da Nespoli è già stato effettuato. La coltura cellulare congelata è stata riportata dal vettore a terra. Il team di Pontedera attende il pacchetto di "materiale biologico" per effettuare le relative analisi.
I ricercatori presenteranno gli esperimenti al prossimo Festival della Scienza a Genova.