Martedì 4 aprile, in occasione dell’incontro mensile del gruppo di auto mutuo aiuto per il Parkinson, nel salone polivalente della residenza per anziani Mater Amabilis Angeli, è intervenuto il prof. Alessandro Mauro, professore ordinario di Neurologia dell’Università di Torino e Direttore della Divisione di Neurologia e Neuroriabilitazione all’IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Piancavallo (Verbania). La partecipazione ha visto una settantina di persone molto interessate che sono intervenute facendo numerose domande per avere consigli pratici per convivere con il Parkinson.
La domanda da cui ha preso avvio l’incontro con il prof. Mauro è stata: “Che cos’è il Parkinson?”. Si tratta di una patologia degenerativa dei neuroni, cellule nervose dotate di prolungamenti che servono per comunicare con gli altri neuroni attraverso i neurotrasmettitori.
Nel Parkinson assistiamo alla diminuzione di un gruppo di neuroni all’interno del mesencefalo venendo a mancare un neurotrasmettitore importante, la dopamina; questa zona viene chiamata “sostanza nigra” perché i neuroni sono colorati di nero grazie alla neuromelanina. La causa non è nota, ma è probabilmente correlata ad aspetti genetici, ambientali e all’interazione fra questi, così come agli stili di vita delle persone.
Prevenirlo è possibile? Al momento non esistono medicine in questo senso. Il fattore di rischio principale è legato all’età nel senso che invecchiando aumentano le probabilità di andare incontro alla malattia. L’attività fisica e mentale in tutte le età della vita sembrano essere molto utili per ridurre le probabilità di contrarre questa come altre malattie neurodegenerative. Il nostro cervello è plastico ed anche in età avanzata continua a modificarsi in conseguenza delle esperienze per adattarsi all’ambiente ed a nuove necessità; per questo motivo è utile continuare a porsi delle sfide sempre nuove sfruttando al massimo tutte le capacità “plastiche” del cervello.
La diagnosi di Malattia di Parkinson, oltre alla presenza di sintomi specifici, richiede la risposta positiva ad un farmaco che si trasformano in dopamina, la Levodopa. Riuscire a fare una diagnosi differenziale tra parkinsonismo e Parkinson è fondamentale per poter pianificare e realizzare un trattamento efficace.
La “sostanza nigra” del mesencefalo appartiene ad un complesso circuito cerebrale che interviene nella programmazione dei movimenti rendendo possibile l’utilizzo di movimenti “automatici” (cui non dobbiamo porre particolare attenzione perché già definiti nelle loro sequenze come, ad esempio, le sequenze di movimenti che utilizziamo per camminare, masticare, o anche cambiare la marcia mentre guidiamo l’auto, andare in bicicletta, etc) efficacemente inseriti nei movimenti che vogliamo fare. Nelle persone che hanno la M di Parkinson diventa difficile far “partire” gli automatismi motori anche più semplici e ciò determina povertà dei movimenti spontanei e lentezza nell’esecuzione dei movimenti volontari. Inoltre in questa malattia, si verifica anche un fenomeno che sembra opposto a quanto descritto, perché compaiono dei movimenti involontari, come il tremore, che disturbano lo stato di riposo o il mantenimento di una posizione o l’esecuzione di movimenti volontari.
La malattia di Parkinson è quindi caratterizzata da diversi sintomi motori, tra cui la ipo-bradicinesia (povertà e lentezza dei movimenti), amimia (riduzione della mimica del volto), ipertono rigido, tremore e instabilità posturale perdita dell’equilibrio.
Spesso darsi un ritmo aiuta a sbloccare il movimento, ad esempio: canticchiando una canzone, contando, osservando un pavimento con piastrelle di due colori diversi, utilizzando un bastone che proietta una luce per terra. Per queste ragioni spesso i malati di Parkinson riescono più facilmente a salire le scale che a camminare su una superficie uniforme. Gli stimoli esterni, uditivi o visivi, aiutano ad attivare gli automatismi motori che risultano bloccati dalla malattia.
Ma quando inizia realmente la malattia? Si sa che quando cominciano i disturbi motori, ormai il 60% dei neuroni della sostanza nera sono persi. Alcuni studi hanno evidenziato come i disturbi non motori si manifestino anni prima dell’esordio di quelli motori.
Un problema della terapia con Levodopa, riguarda il suo assorbimento che avviene spesso in modo imprevedibile anche perché si lega alle proteine del cibo, perciò è preferibile assumere il farmaco e mangiare dopo almeno mezz’ora, per ottimizzare i benefici. Quindi è fondamentale ragionare insieme al proprio medico per riuscire a razionalizzare la terapia nell’arco della giornata, senza dover rompere la routine del paziente, in questo senso può aiutare annotare su un diario le relazioni tra sintomi e assunzione dei farmaci.
Altri disturbi frequenti associali alla malattia sono: i disturbi del sonno (disturbo comportamentale del sonno REM, sindrome delle gambe senza riposo e sonno frammentato); depressione e ansia; disfagia e scialorrea, il dolore. Altri sintomi causati dalla malattia possono essere il calo di voce e problemi alla pressione del sangue (ipotensione ortostatica): ciò che sicuramente è possibile fare, è usare degli accorgimenti come indossare calze apposite per favorire la circolazione.
La terapia attuale mira a sostituire la dopamina che manca. Il farmaco più efficace per durata e benefici portati, è la Levodopa,. Ci sono anche altri farmaci, come i dopaminoagonisti, che però producono effetti più piccoli anche se con durata maggiore rispetto alla Levodopa. In alcuni pazienti, la terapia con Levodopa e dopaminoagisti può determinare degli effetti collaterali legati al controllo degli impulsi.
Esistono terapie alternative, come ad esempio, l’uso della cannabis? Il prof. Mauro spiega come la cannabis non abbia effetto diretto sulla M di Parkinson e non può essere considerato un farmaco alternativo, ma è in studio la sua efficacia come farmaco complementare, ad esempio per il controllo del tono muscolare, del dolore e di altri sintomi.
Alcuni cibi come il the verde, la curcuma e la gingko biloba, contengono principi attivi con effetti potenzialmente positivi, la cui efficacia è tuttavia difficile da dimostrare visto che, in molti casi, per sperare di ottenere dei benefici sarebbe necessario assumerne delle quantità enormi.
Oltre ai farmaci, è fondamentale la riabilitazione personalizzata. Alcune discipline, come ad esempio il Tango ed il Tai Chi possono utilmente integrare i trattamenti riabilitativi per diversi motivi: richiedono un preciso controllo del movimento e impongono una disciplina da seguire; la presenza di un partner con cui interagire e la musica rappresentano dei veri stimoli esterni utili per favorire il controllo motorio; lavorando e divertendosi in coppia ed insieme ad altre persone, si favorisce la socializzazione, si riduce l’apatia e si migliora il tono dell’umore.
Durante il prossimo incontro del Gruppo AMA Parkinson, che si terrà martedì 8 maggio dalle 16 alle 18, interverrà la dr.ssa Silvia Rosso, psicologa psicoterapeuta convenzionata con la SS di Neuropsicologia dell’ASLCN1, per un intervento dal titolo: “Aspetti cognitivi del Parkinson: strategie di coping”.