Cammina senza far rumore, sarà perché è abituata a stare in punta di piedi. Donatella Poggio incarna una perfetta sintesi di rigore e leggiadria, anche quando non è in scena. Se c’è una donna che può insegnare la nobile arte della danza è lei. Anche se quello che può insegnare è molto di più, ovvero come pochi e semplici passi possano diventare armonia assoluta. Vederla ballare è puro incanto, si muove come una principessa. Come se tutto, di lei, servisse per esprimere qualcosa. Perché la danza è poesia dell’anima, un esercizio di fantasia con alla base un forte impegno per la concretezza, pura suggestione di corpi sinuosi e bellezze vellutate. La parte più magica? Gli occhi vivaci dai tratti evocativi, anelanti e profondi: occhi che parlano. Ma non saranno i suoi occhi a catalizzare l’attenzione e nemmeno il viso da bambola o il suo fisico flessuoso, che grazie ad un innato talento, regala performance da brividi. Stavolta Donatella sarà una voce, che guiderà i nostri sensi in un viaggio fantastico alla scoperta di una passione in cui libertà e disciplina, pensiero e sentimento si intrecciano, dando vita ad un sogno.
A vederti sembri un angelo. Che tipo sei?
“Sono un tipo complicato, molto complicato! Dentro di me c’è un mondo e quello che mi fa muovere in questo modo è la mia energia, il flusso interiore che ho. Perché quando ballo, quando mi muovo, non conosco età, stato sociale, è solo più la mia anima che parla, sono vibrazioni. Non è facile stare vicino ad un’artista e non è facile stare vicino ad una come me che deve sempre sperimentare, deve essere sempre stimolata, trovare un’emozione che ora trovo nella coreografia. Una volta danzavo, adesso trovo emozioni nel creare e vedere le mie ragazze danzare”.
Sei nata con la vocazione di fare la ballerina?
“Non penso che potesse esserci altro mestiere per me se non quello della ballerina. Forse avrei potuto solo lavorare con gli animali, perché sono il mio secondo amore, ma la danza nasce dentro di me ed è il mio motore, quello che mi porta ad essere felice. Se non avessi fatto la danzatrice e non avessi danzato, non sarei stata una persona felice”.
Quando e come hai scoperto il tuo amore per la danza?
“Neanche prestissimo. Da ragazzina mi piaceva far finta di cantare e fare la showgirl. Usavo il batacchio delle tende al posto del microfono e mi esibivo, cantando e ballando, davanti allo schermo nero della tv. Poi, all’età di nove anni, ho frequentato un corso di danza alle Maschili. Che cosa mi ha spinta? Mi piaceva esibirmi, sono molto narcisista, mi piace espormi. In ogni artista c’è una parte di egocentrismo non indifferente che reputo buono, perché fa parte della personalità. Vita artistica e vita privata sono due cose diverse. Dico sempre alle mie ragazze che quando salgono sul palco si devono sentire le più belle, le più importanti, che sono lì per il pubblico e si devono donare ad esso. Poi si ritorna all’umiltà che è un valore molto importante, mai sentirsi arrivati, però un pizzico di follia ci vuole, altrimenti non fai questo mestiere”.
Che cos’è per te la danza?
“Per me essere ballerina è fare un lavoro che parte dall’io interiore. Adesso si vede di più la ginnasta, ma essere danzatore significa creare con la tua anima un qualcosa che il pubblico, dopo che ti ha visto sul palco, esce emozionato, perché gli hai toccato il cuore”.
La danza è un affare di famiglia…
“Sì, mia mamma ballava già da ragazza, era ballerina e faceva le gare di Rock and Roll, mia zia cantava nell’operetta, era mezza attrice e ballerina”.
Chi è stata la tua migliore maestra?
“Enrica Patrito. Avevo 19 anni e ho cominciato a fare lezioni di danza moderna a Torino, per fortuna ho trovato la sua scuola e lei è stata veramente una grande maestra, perché era già innovativa all’epoca e quello che ho imparato lo devo in gran parte a lei”.
Quello della danza è un ambiente competitivo?
“Sì, come tutto il mondo dell’arte. Da un lato ci sono molti ragazzi più talentuosi rispetto ad una volta, dall’altro c’è un maggior desiderio di apparire e arrivare con niente. Dico sempre alle mie ragazze che la competizione deve essere sana e, quando si va in giro a fare concorsi e altro, devono arrivare all’obiettivo, lavorare per il gruppo e per la riuscita della coreografia, non per se stesse, sempre nel rispetto dell’altro”.
Qual è la parte più dura di essere una ballerina?
“Alla mia età il fisico non è più quello di un tempo e si fa più fatica. Per chi fa questo mestiere è difficile accettare l’idea del tempo che passa, bisogna trasformarlo. Quando sei giovane il difficile magari è riuscire a fare determinate mosse, ma non è questo essere ballerina”.
… E la più bella?
“Esibirmi e poi l’applauso del pubblico, i complimenti di chi ti dice che si è emozionato oppure il fatto che c’è gente che torna a vederti, perché significa che hai lasciato qualcosa. Questo è l’importante, non l’esecuzione perfetta che è fine a se stessa, meglio una performance meno perfetta, ma eseguita con il cuore”.
Qual è il ricordo più bello legato alla tua professione?
“Quando ho fatto una tournée a Tenerife dove la mia compagnia di Torino era stata invitata per una trasmissione. Eravamo in un anfiteatro con quattromila persone e si trattava di una manifestazione legata al Carnevale, che a Tenerife è il secondo per importanza dopo Rio. Quando sono entrata in scena, correndo, il pubblico spagnolo sempre caloroso ha fatto la “Ola” e mi ha emozionata. Una straordinaria emozione l’ho provata anche esibendomi insieme al pianista Paolo Zanarella, sospesa in aria sul suo pianoforte. Comunque, tutte le volte che respiro l’odore di un teatro o del legno io rinasco”.
Com’è una giornata insieme a Donatella Poggio?
“Sono una persona aggressiva, non sono mite, tutt’altro. Sono un tipo combattivo, però mi piace combattere nel modo giusto. Ho imparato tanto e ho avuto tante esperienze nella mia vita per migliorarmi. A volte sono severa, perché quando hai a che fare con fanciulli e ragazze devi essere un esempio positivo. Ma per dare a loro qualcosa, prima devi fare qualcosa per te. Iniziamo la lezione facendo meditazione, i ragazzi credono in quello che fanno e si vedono i risultati. Far danza non è solo ballare, ma è un’educazione al rispetto degli altri e di ciò che ci circonda, come andare a teatro e spegnere il telefonino, lasciare pulito lo spogliatoio, comportamenti positivi che si ritroveranno nella vita”.
Quali sono i tuoi riti di bellezza?
“Stare con i miei ragazzi, perché è l’energia che ti fa restare giovane. E poi devo dire grazie a madre natura che con me è stata generosa”.
Come ti vedi tra 20 anni?
“Lo ammetto, un po’ mi dispiace! Spero di rimanere come mia mamma, perché alla sua età mi piace. Devo solo trasformarmi un po’ e ho cominciato prendendo lezioni di canto e facendo cose alternative”.
Hai un sogno nel cassetto?
“I sogni sono per le mie figlie e le mie ragazze. Ma anche che il nostro “Teatro del Poi” possa avere ancora più cose, oltre ad educare la gente al teatro ed al rispetto del lavoro che c’è dietro. Il sogno è ancora quello di lasciare un’eredità, far qualcosa di buono attraverso la danza ed il teatro”.
Meglio il teatro o la tv?
“Ho sempre lavorato in teatro, rifiutando la televisione. Nel teatro c’è il contatto con il pubblico, sei tu e la platea, non ci sono filtri”.
Il segreto del successo?
“Devi seguire il tuo istinto, seguire il tuo cuore, non perdere mai di vista qual è il tuo obiettivo, quello che vuoi essere e fare, perché nella vita succede sempre qualche cosa, se tu lo vuoi”.
Il più bel complimento che hai ricevuto?
“Mi hanno detto che so trasformare le parole in danza. Ma questo è il mio lavoro, mi piace raccontare le storie nella danza e lo faccio meglio con il corpo che con la penna, perché non sono una scrittrice, ma dentro di me nascono delle emozioni e le mie ragazze sono quelle che trasmettono le mie emozioni, quello che voglio dire, con il corpo”.
Quale consiglio dai a una ragazza che vuole intraprendere la professione di ballerina?
“È un’ardua impresa, perché per diventare una ballerina ci vogliono un sacco di cose. Innanzitutto tenacia, determinazione e poi ovviamente talento e doti innate, perché il nostro è un mondo difficile, dove c’è molta più concorrenza rispetto ad una volta. Il consiglio è studiare e non fidarsi dei posti dove ti dicono che in un tot di mesi o in un anno diventi una ballerina”.
Che cosa ti aspetti dalle ragazze che raccolgono il tuo insegnamento?
“La cosa importante e farle diventare persone migliori. Una mia allieva che ha smesso due anni fa, perché è andata all’Università, mi ha spedito una lettera dove c’era scritto: “Grazie per avermi insegnato ad essere una persona migliore, perché anche mio papà ha detto che, in tutti questi anni, venire a danza da te è stato un investimento”. A lezione parlo sempre del cuore, dell’emozione, del rispetto, dell’onestà, di cose importanti. Non parlo solo di sacrifici, ma di responsabilità che bisogna assumersi se si vuole svolgere una professione, qualsiasi essa sia. E ricordare che il successo va percorso con umiltà e non rincorso”. Perché, se l’anima vola, meglio tenere i piedi per terra.