“Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur […]”
(Giulio Cesare. De Bello Gallico)
“Tutti i vostri desideri saranno per noi ordini. Fino alla fine dei tempi. Dunque che cosa desideri mio bel guerriero? Mangiare […] Ma come, ti trovi nell’isola del piacere e la Gran Sacerdotessa ti chiede cosa desideri e tu vuoi mangiare? E perché no? Per me mangiare è un piacere. E sia. Abbiamo nettare e ambrosia. No, cosa sono queste porcherie? Io voglio cinghiale arrosto.”
(Le 12 fatiche di Asterix)
Nel 2019 d.c. tutta l’Italia è occupata dalla filosofia di Masterchef. Tutta? No, un villaggio delle Marche abitato da irriducibili Galli resiste ancora e sempre all’invasore. Guidare verso Senigallia sedotti da un pranzo tematico che ha tutto il fascino dello steccato di genere, con regole e citazioni rassicuranti come il sesso domenicale o l’esercizio del Var durante una partita della Juve.
Approdare, navigati dal satellitare e marinati dalla grappa della sera precedente, a una casa di campagna non lontana dal mare quindi dopo aver posteggiato sotto un pergolato raggiungere l’ingresso pilotati da un piacevole aroma di carne e dal chiocciare di anarchiche galline che razzolano l’aia indifferenti al reddito di cittadinanza.
All’interno donne e uomini mascherati come nel fumetto inventato da Uderzo e Goscinny nel 1959 ci accolgono sbattendo boccali di birra mentre un cagnolino terribilmente simile a Idefix ( o Ercolino) scorazza sotto il tavolo alla ricerca di ossi e attenzioni. Un avvenente esemplare di femmina (seni)gallica in parrucca bionda ci guida al nostro posto fissata dagli occhi iniettati di sangue degli altri avventori già ubriachi e sorridenti dietro i posticci baffi da tricheco.
“Salve. Ovviamente io sono Falbalà”, sussurra la giunonica valchiria di cui Obelix è da sempre innamorato.
“S-s-alve”, balbettare imbarazzati mentre la fotocopia di Abraracourcix ci porge un boccale fissando in cagnesco un chitarrista che esegue degli arpeggi d’atmosfera dimenando i lunghi capelli da Assurancenturix il bardo.
“È cervogia!!” mugugna Automatix il fabbro.
“Cervogia?”
“Si. Birra rossa. Ma se preferisce abbiamo del vino rosso di Burdigala.”
“Burdigala?”
“Bordeaux”.
“Ah. Si, lo preferirei grazie. La birra mi gonfia.”
“Lei è romano vero?”
“In effetti.”
“I romani considerano la cervogia roba da barbari. Ma in effetti noi cosa siamo?”
Urla e brindisi.
Mentre cerchiamo di riesumare dalle paludi della nostra infanzia i nomi di quel variopinto corteo che rifà il verso alla saga di Asterix, in fin dei conti divertiti dai finti elmi e dalle vezzose treccine, dalle asce in gomma piuma e dalle adipi tutt’altro che fasulle, un paio di camerieri in infradito e tuniche servono dei vassoi di ostriche al naturale tempestate di ghiaccio tritato con limone a crudo e otri di insalata nizzarda che vengono accolte da un corale muggito di piacere.
Schiaffeggiare la mano del vecchio Matusalemix che prova ad allungare il nostro vino con acqua ben sapendo che ai tempi dei romani ( e dei Galli ςa va sans dire) era una pratica comune ma rifiutarsi per alcolismo incipiente e spregio di qualsiasi dogmatismo, quindi osservare stupiti la sala cadere in religioso silenzio mentre i sosia di Asterix e Obelix entrano in scena bilanciando fiamminghe di cinghiale cantando:
“Quando l’appetito c’è
io mi sento come un re,
non m’importa se
tu non pensi a me
quando l’appetito c’è.
Se hai paura d’ingrassare
fai a meno di mangiare,
non pensare a me
mangerò per tre
quando l’appetito c’è.”
Al nostro fianco un incrocio fra Gandalf e Merlino batte le mani entusiasta mentre si serve generose porzioni di cinghiale.
“Lei è Panoramix il druido?” chiedere con un sorriso ebete.
“Per servirla.”
“Posso chiederle com’è stato cucinato questo cinghiale?”
“Certamente. Ce ne sono tre varietà. Il cinghiale alla crema dei Normanni con farina, burro, vino bianco, panna, limone, sale, pepe e noce moscata; il cinghiale al vino degli Arverni e infine il grande classico e cioè il cinghiale allo spiedo.”
“Quando si sveglia alle tre
al cominciare del dì
non beve latte e caffè
ma un cinghialetto in salmì.”
“Quando l’appetito c’è,” unirsi macchinalmente al coro di action figure ubriache battendo le mani a tempo e intanto notare sullo sfondo l’unico altro uomo che come noi non è travestito da Gallo.
Nel frattempo Asterix si siede alla nostra sinistra lisciandosi i baffi dorati e sorridendo sornionamente.
“Sono felice sia venuto. Ci tenevo molto. Si starà chiedendo chi è quella persona in borghese.”
“In effetti”.
“È una storia curiosa. Mentre eravamo alla ricerca della carne necessaria a questo pranzo quell’uomo si è presentato con un cinghiale intero raccontandoci un assurdo aneddoto: si trovava in viaggio col suo camion quando si è imbattuto in un incidente e avvicinandosi ha subito capito che una donna aveva investito un cinghiale così è rimasto per tutta la durata delle formalità rassicurando gli automobilisti e aiutando le forze dell’ordine che alla fine gli hanno permesso di caricare la carcassa e di portarsela a casa. A quel punto non potevamo non invitarlo.”
“Devo dire che non sono un esperto ma la carne è buonissima.”
“Si. Abbiamo marinato il coscio per due giorni con alloro e vin bianco. Cerchiamo di essere coerenti col mondo dei nostri eroi ma senza scadere nella pignoleria. Ad esempio nell’insalata nizzarda abbiamo aggiunto anche pomodori e patate che furono introdotti in Europa solo dopo la scoperta dell’America. In più questo pranzo sarebbe dovuto avvenire all’aperto o sotto una tenda ma sarebbe stato troppo freddo.”
Obelix si lascia cadere pesantemente su una sedia.
“Come va amico mio? Mi sembri un po’ appesantito”.
“Gros moi? Juste un peu enveloppée, c’est tout …”
“Ah ah ah!”
“Posso farle una domanda?”
“È qui per questo, oltre che per gustare il nostro pranzo”.
“Cosa c’è dietro tutto questo? Al di là della convivialità intendo. Alla fine vi sballate di pozione magica preparata dal pusher Panoramix ed escludete Obelix che c’è caduto dentro da piccolo?”
“Asterix, come fumetto, rappresenta la resistenza all’imperialismo. Ogni tipo di imperialismo. I moderni romani sono gli americani che impongono i loro pattern culturali ovunque. Essi sono per un modello agriculturale che vede il cibo solo come una comodità industriale e non come un fatto identitario. Quando uscì una pubblicità in cui il druido e i suoi compari desinavano in un McDonald’s noi abbiamo protestato. I McDo ( come li chiamano i francesi) e la Coca Cola hanno sempre faticato ad attecchire in Francia proprio per la forte tradizione nazionale dei cugini. Noi non siamo fanatici come loro ma il nostro amore per questo fumetto è un modo per resistere all’omologazione, anche alimentare, che gli Usa vogliono spacciare per libero mercato. Lei sa chi è Josè Bovè?”
“Sinceramente no.”
“Era un attivista politico a capo dell’associazione “Confédèration Paysanne” e difendeva i diritti dei “vigneron”. Si opponeva ai campi di mais transgenico e tutelava il vino (la “pozione magica” di Asterix). Nel 1999 marciò contro un McDonald’s in costruzione e per quell’atto di disobbedienza civile fu applaudito anche da Naomi Klein. Se guarda le sue foto, coi baffoni e la pipa, sembra veramente il sosia di Asterix.”
“Non venne arrestato?”
“Si ma venne liberato quasi subito diventando un simbolo. In fin dei conti era un contadino e si opponeva a un’Europa che per lui “non era il sogno degli europei ma la forma del colonialismo americano”. “Le mond n’est pas una merchandise!!!” tuonava.”
“Molto no-global. Molto anni Novanta. Oggi suona un po’ ingenuo, non trova?”
“Ingenuo si. Come l’ideologia dei fumetti. Ma noi continueremo a portare avanti il nostro manifesto di sgangherata resilienza.”
“Finchè l’appetito c’è …”
“Finchè l’appetito c’è.”
Brindare col nostro Asterix marchigiano (Senigallia fu fondata nel IV secolo a.c. dai galli senoni) a un mondo nemico d’ogni appiattimento culturale con legioni di lobbisti da abbattere come birilli col gigantesco e infantile pugno d’un Obelix.