Sport - 02 maggio 2019, 18:30

Venerdì un derby della Mole… di ricordi: intervista a Patrizio Sala

A tu per tu con uno dei grandi della storia del Toro, campione d’Italia nel 1976 con la squadra disegnata all’olandese da Gigi Radice

Juventus e Torino. In una parola “derby”. Partite all’ultimo respiro e vittorie schiaccianti, abbracci e polemiche, incredibili rimonte e gol da cineteca, ce n’è per tutti i gusti. Il derby, si sa, non è una partita come le altre, in campo ci sono molto più dei tre punti.

Lo sa bene Patrizio Sala, uno dei grandi della storia del Toro, campione d’Italia nel 1976 con la squadra disegnata all’olandese da Gigi Radice: affiatamento e collettivo, corsa e classe, modulo e reti. Un portiere che era un fenomeno atletico, soprattutto nelle uscite (Castellini). Tre artisti (Pecci, Zaccarelli, Claudio Sala capitano e “poeta”), due gemelli del gol (Pulici, Graziani: ne fecero 36, con “Puliciclone” capocannoniere a 21), difesa centrale classica (Mozzini e Caporale, stopper e libero), due modernissimi cursori di fascia (Santin e Salvadori).

E poi lui, un mediano ragazzino inventato dal nulla, Patrizio Sala, nato a Bellusco, paese della Brianza, nel 1955, passato dall’oratorio al vivaio del Monza, per poi approdare in riva al Po, pedina del Toro del ‘76, ma anche dell’anno dopo, in quell’incredibile campionato perso a 50 punti, perché la Juve ne aveva fatti 51 (su 60, allora erano solo due a vittoria).

Il resto è storia. Scongiurata la data del 4 maggio, ossia il giorno in cui i tifosi granata ricordano gli “Invincibili” tragicamente scomparsi nell’incidente aereo di Superga esattamente settant’anni fa, si giocherà il giorno prima il derby della Mole… di ricordi.

Chi potrà esultare dopo il triplice fischio? Tra pronostici, amarcord del passato, lasciamo la parola all’ex torinista che quella partita la vinse da protagonista. La porta del gol a Zoff da fuori area, la Maratona che faceva rullare i tamburi, il Filadelfia nel cuore, la voce di Enrico Ameri. Piccola storia di un grande derby.

Quando è nata la tua passione per il calcio?

È una passione che porto dentro fin da bambino, deve essere nata con me”.

È più importante vincere o partecipare?

È importante partecipare, ma se vinci è meglio ancora”.

Una sconfitta dalla quale imparare?

Una domanda legata ad alcuni atteggiamenti e comportamenti di certi soggetti che sono delle sconfitte che non fanno bene a questo sport”.

Il derby che non puoi dimenticare?

Quello che si giocò al ritorno dell’anno dello Scudetto, 1975/76. Ho tirato in porta da fuori area e Cuccureddu o Spinosi la deviò in rete. Il mio primo tiro in porta nel derby che ha fatto sì che poi vincessimo la partita”.

Il primo gol non si scorda mai e poi?

Il primo gol non si scorda mai. Poi se ne fai degli altri va bene lo stesso. Ricordo un gol che feci alla Pistoiese nella stagione 1979/80: giocavamo in dieci per l’espulsione di Eraldo (Pecci, ndr) e feci un gol da fuori area su azione da calcio d’angolo con respinta di Lippi della Pistoiese ed il mio tiro al volo”.

Il giocatore più forte con cui hai giocato?

Claudio Sala”.

Il giocatore più forte contro cui hai giocato?

Maradona”.

Se giocassi ancora oggi, da chi ti piacerebbe essere allenato?

Mourinho, perché mi sembra una persona molto motivata e diretta, un allenatore che tutela i propri giocatori”.

E con chi ti piacerebbe giocare?


Messi e Cristiano Ronaldo”.

Che partita avresti voluto giocare?

Barcellona contro Bayern Monaco, dalla parte del Barcellona (la maglia per metà granata non è un’opzione, ndr)”.

Il momento più bello della tua carriera?

Vincere lo scudetto e giocare la Coppa dei Campioni”.

E il più brutto?

Quando sono andato via da Torino”.

Qual è la vittoria che ti è rimasta nel cuore?

Più di una vittoria, è stato il pareggio con il Cesena, perché quel punto ci ha regalato lo Scudetto”.

Meglio tante piccole vittorie oppure una indimenticabile?

Credo che tante piccole vittorie, aiutano a crescere anche umanamente”.

Lo sport quanto aiuta nella vita?

A me ha aiutato molto. Mi ha fatto crescere come persona e come uomo, mi ha aiutato ad accettare delle regole”.

Nei momenti difficili, dove hai trovato la forza per ricominciare?

Nella famiglia”.

Qual è il tuo punto debole?

Il mio punto debole è quello di essere malleabile e buono, ma è anche il mio punto di forza. Ho massima disponibilità verso gli altri”.

A che cosa non rinunceresti mai?

A mio nipote”.

Hai ancora un sogno nel cassetto?

Quello di veder crescere mio nipote”.

Che consiglio ti senti di dare ai giovani per essere vincenti?

Essere umili ed accettare sempre i consigli dei più grandi”.

Infine, un pensiero alla maglia del Torino:

Da piccolo tifavo Inter. Poi ho avuto il passaggio fortunato in Serie A nel Toro e vincerci lo scudetto al primo anno. Sono del Toro da più di vent’anni e mi sono innamorato in modo viscerale di questa maglia. Un marchio indelebile che mi porterò addosso per sempre”.

Come potrebbe essere altrimenti?

Silvia Gullino