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Agricoltura | 04 giugno 2019, 14:13

Frutticoltura, Coldiretti chiede la riorganizzazione del sistema: "Imprese lentamente strangolate"

Rivarossa e Moncalvo: "Situazione insostenibile: il comparto paga già l’embargo russo, le barriere strutturali e tariffarie che rallentano l’export e alcune importanti malattie"

Foto generica

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Con l’estate alle porte e le temperature in salita, il consiglio è sempre quello di consumare frutta fresca che con le sue vitamine nutre, disseta e reintegra le sostante che col caldo vengono eliminate.

Quest’anno, però, il comparto frutticolo piemontese, già messo a dura prova dal clima e dalla “maledetta primavera” deve affrontare criticità ben più amare che offuscano la dolcezza dei frutti prodotti.Dalle pesche ai kiwi fino alle mele: la frutticoltura ha un ruolo rilevante nel tessuto economico piemontese. 

Per quanto riguarda le pesche conta 3.474 aziende, una produzione di quasi 2 milioni di quintali e una superficie di 4.416 ettari, per i kiwi quasi 2.500 aziende, una produzione di 1,2 milioni di quintali e una superficie di oltre 4.500 ettari, per le mele quasi 4 mila aziende, una produzione di 2,4 milioni di quintali ed una superficie di 6 mila ettari.

La situazione per i nostri produttori sta diventando veramente insostenibile – evidenziano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale - a causa dei tempi di pagamento estremamente dilatati: basti pensare che, solitamente, le pesche vengono pagate entro Natale e quest’anno si è dovuto attendere oltre 60 giorni, ritardo di due mesi senza alcuna giustificazione; le mele cosiddette estive, ovvero quelle del gruppo Gala, vengono pagate solo adesso quando la raccolta è avvenuta ben 300 giorni fa, le susine sono state pagate a marzo quando di solito venivano pagate 90 giorni prima e tutto tace sui pagamenti riguardanti le mele autunnali ed i kiwi. Eppure la Gdo rispetta i pagamenti entro i 60 giorni; a questo punto viene da chiedersi che ruolo stanno giocando i centri di condizionamento. Quello che è certo è che questo sistema sta lentamente strangolando le nostre imprese che si espongono con costi veramente ingenti, fanno da banche, cercano con ogni sforzo di migliorare costantemente la qualità delle produzioni venendo sempre più incontro ai gusti dei consumatori, ma sono l’anello più debole e dimenticato di tutta la filiera".

"Oltretutto – continuano Moncalvo e Rivarossa - questo comparto paga già l’embargo russo, le barriere strutturali e tariffarie che rallentano l’export e alcune importanti malattie, come la batteriosi del kiwi che ha fatto diminuire la superficie coltivata. Inoltre, si registrano nella filiera squilibri legati alla ripartizione del valore del prodotto finale, tanto che il mondo agricolo percepisce solo il 15% del valore, percentuale troppo bassa a coprire i costi di produzione, il 40% va a chi si occupa del condizionamento e la restante parte tutta alla GDO. E’ vergognoso che il 70% del frutticolo piemontese sia in mano a pochi soggetti che si permettono di mettere in atto tali storture in totale libertà".

"E’ fondamentale, quindi, riorganizzare completamente – concludono Moncalvo e Rivarossa – il sistema, partendo dal conferimento fino alla vendita e fare chiarezza in questo meccanismo che sa ancora troppo di antichi rapporti di mezzadria e, senza mezzi termini, richiama la figura del fattore”.

comunicato stampa

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