Sanità - 30 marzo 2020, 17:38

Il ritorno in corsia dell'ex sindaco di Saluzzo Paolo Allemano: "Non è stata una scelta difficile. E' in gioco il destino collettivo"

L’ospedale cittadino, afferma, era già immediatamente utilizzabile per la pandemia. "La pandemia cambia il paradigma a livello planetario: non siamo i padroni del pianeta terra"

Paolo Allemano

Paolo Allemano

E’ rientrato in corsia Paolo Allemano, ex sindaco di Saluzzo per due mandati, dal 2004 al 2014 ed ex consigliere regionale della Giunta Chiamparino.

E’ in pensione dal 2016. Non ha avuto esitazione di fronte alla chiamata “alle armi” del bando della Regione per l’emergenza in atto. Da lunedì scorso ha ricominciato ad indossare il camice bianco, rientrando nell’ospedale saluzzese.

Internista specializzato in oncologia, per quasi 40 anni ha operato nella Medicina Interna dell’ospedale, nei due dei tre blocchi in cui si divide la struttura, ora totalmente predisposta per la cura dei malati Covid 19, dopo lo spostamento dell'Oncologia, del Punto prelievo, Cup, dell’attività chirurgica in day e week surgery, la sospensione dei ricoveri nella Medicina Interna, l’aggiunta di letti in terapia intensiva.

E’ tornato in servizio, di supporto all’èquipe del nosocomio. “Non sono un eroe – afferma - Arrivano medici da Cuba, dall’Albania, dalla Cina. Può certo muoversi uno di Rifreddo. Non è stata una scelta difficile rientrare in servizio in un momento in cui è in gioco il destino collettivo”.

Perché  l’ospedale di Saluzzo è stato interamente riconvertito “Covid”?

"Saluzzo ha un grande vantaggio derivante dal fatto che non occorreva improvvisare nulla. Guardo con apprensione agli appelli e alle iniziative dell’ultima ora: per fare un lavoro utile occorre un personale affiatato e con esperienza di pazienti ad alta complessità; un lavoro interdisciplinare, in particolare tra internisti e rianimatori; ambienti che consentano di separare i percorsi di persone e materiali e con adeguata infrastrutturazione, con particolare riferimento all’impianto per l’erogazione di ossigeno ad alto flusso.

Queste condizioni, se si prescinde dall’impianto di erogazione dell’ossigeno che necessitava di un potenziamento, sono maturate a Saluzzo nel corso degli anni, e una rigorosa organizzazione interna le ha messe a frutto, disponendo di un capitale umano non comune.

Lo spostamento dell’attività verso i pazienti covid-19, che peraltro sta avvenendo un po’ dappertutto, essendo il sistema sanitario chiamato a rispondere ai bisogni della popolazione, è stata più semplice a Saluzzo,  poiché il blocco dell’attività programmata ha liberato spazi immediatamente utilizzabili per la pandemia.


Ragionando in termini provinciali, avere ospedali organizzati in rete e non a silos, ha offerto l’enorme vantaggio di non bloccare il sistema sanitario, consentendo di separare i flussi dei pazienti e mantenendo una risposta all’urgenza. In questa visione, percorsi sanitari, riabilitativi e assistenziali si intrecciano più che mai rendendo imprescindibile la necessità di strutture a bassa intensità di cura e sorveglianza, per ospitare i pazienti che non necessitano di assistenza ospedaliera e nel contempo non sono in condizione di praticare un isolamento a domicilio in sicurezza per gli altri".

Quanti pazienti Covid ci sono al momento nell'ospedale?

Il numero di pazienti è in costante aumento: da un primo modulo di 24 letti si è, in pochi giorni, passati alla quasi saturazione del secondo modulo di altrettanti letti. A metà settimana si libera un nuovo piano.

Parlo di letti di area sub intensiva, cui si aggiungono 11 letti di terapia intensiva per i casi ad andamento sfavorevole, presi in carico dall’équipe di rianimazione. E’ appena il caso di rammentare che il passaggio in un letto di rianimazione, non è un giro sulla giostra: sono pazienti molto critici di difficile svezzamento e riabilitazione.

Il lavoro più efficace si fa gomito a gomito tra operatori socio sanitari, infermieri, medici internisti e rianimatori, utilizzando i vari step di erogazione dell’ossigeno nel modo giusto e al momento giusto, accanto alla terapia medica raccomandata dal protocollo covid e al costante monitoraggio dei parametri biologici. Nei primi giorni si è lavorato su casi dai focolai epidemici della Lombardia e del Piemonte, ora non ha più significato l’appartenenza territoriale".

Quanto pensa potrà durare questa emergenza e questo nuovo adattamento ospedaliero?.

Di certo si può dire solo che non c’è una linea oltrepassata la quale saremo fuori pericolo. Il virus non ha interesse a distruggere una specie perché si estinguerebbe con essa, e il coronavirus ha l’aria di essere intelligente, ma di certo non sparirà perché lo vogliamo noi.

La tecnologia (ribadisco ora, per quando sarà il momento e se ci sarà, che non accetterò come ho fatto in passato confronti con esponenti del movimento “no vax”, almeno per quanta riguarda l’efficacia in sé delle vaccinazioni. Se penso all’Africa dove il prezzo più alto lo pagano ancora i bimbi che muoiono di morbillo…) e il mantenimento di una guardia alta ci salveranno. Intanto ci vuole un robusto mix di: cuore per non lasciare solo chi è più esposto; portafoglio per non lasciare indietro nessuno; intelligenza per usare al meglio le risorse della scienza; resilienza per trasformare l’avversità in una opportunità.

Questa pandemia cambia il paradigma a livello planetario: non siamo i padroni del pianeta terra; non abbiamo il controllo delle altre specie animali e quando le calpestiamo capita che arrivi un microscopico organismo a darci una sonora legnata; non sono solo i poveri del mondo o chi è fragile a morire quando il gioco si fa duro.

Per scongiurare il rischio non servono muri né armi atomiche ma servono senso del limite, accettazione dell’idea della morte, rispetto per la natura, uso intelligente della tecnologia. E solidarietà.

 

vilma brignone

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