“Midnight in Paris” è un film di produzione anglo-spagnola del 2011 scritto e diretto da Woody Allen.
Giz e la fidanzata Ines sono in vacanza a Parigi, dove lui spera di trovare l’ispirazione per concludere il proprio romanzo (opera in cui Ines e alcuni amici incontrati per caso non credono, cercando di spingerlo a continuare la più remunerativa carriera di sceneggiatore cinematografico). Giz si ritroverà a passeggiare fisicamente lungo le pieghe del tempo, entrando in contatto con le passate generazioni di scrittori fino a scoprire una grande verità sul passare inesorabile delle epoche e sul passato, presente e futuro.
Diciamocelo, ultimamente abbiamo avuto anche troppo tempo per pensare allo scorrere del tempo e a ciò che ne sarà di noi e della nostra vita quotidiana. E, credo, abbiamo scoperto come non sia una pratica che regali particolare sollievo… e nemmeno una in cui ci troviamo particolarmente a nostro agio.
Soprattutto in una situazione come quella attuale – nel pieno dell’emergenza sanitaria legata al nuovo Coronavirus – il presente ci appare come noioso e pericoloso, letale a tutti gli effetti, e il passato come una terra stupenda dove tutto era concesso e possibile ma assolutamente aliena e irraggiungibile. Allo stesso tempo, il futuro è a dir poco incerto: dal punto di vista della sicurezza simile al presente ma più complesso ancora.
Com’era bello poter uscire liberamente di casa, e trascorrere del tempo fisicamente insieme alle persone che amiamo? Quant’è noioso dover affrontare giornate e giornate identiche le une alle altre, costretti all’immobilità da una minaccia che nessuno può vedere e in pochissimi comprendono? E quant’è spaventoso pensare al domani, alla tanto agognata “fase 2”, che aspettiamo tutti con ansia ma che non abbiamo idea cosa ci porterà nel concreto?
Proprio del passare del tempo, e della nostra concezione umana dei tre gemelli che lo compongono, parla “Midnight in Paris”. Indiscutibilmente uno dei punti più alti della cinematografia recente del regista newyorkese, la pellicola – che vede Owen Wilson e tutta la pletora di personaggi che interpretano le personalità della letteratura del passato particolarmente in parte – affronta l’insoddisfazione del protagonista per il suo presente e l’ansia per il suo futuro mostrando in modo certo come il tempo “stia soltanto negli occhi di chi guarda” e che ogni epoca è stata alternativamente presente, passato e futuro di qualche altra.
La vita umana, insomma, è molto più di quanto noi riusciamo a considerare. Ed è per questo che non riusciamo a farlo in modo completo: il rimpiangere il passato, biasimare il presente e temere il futuro è un vizio, un’inclinazione, una razionalizzazione della nostra mente.
Ma come diceva una vecchia canzone, nemmeno l’energia atomica può fermare il tempo. Tutto andrà avanti, tutto continuerà a scorrere e presente, passato e futuro continueranno a scambiarsi più velocemente di quanto ci sarà possibile comprendere o quanto ci piacerà ammettere.
Come dite? Sarebbe bene che anche chi si trova a gestire quest’emergenza a livello di comando cominci a considerare l’eventualità? L’avete detto voi, eh. Non io.