Venti milioni di euro: a tanto ammonta la perdita del settore culturale in Piemonte, dal 24 febbraio al 3 aprile, per lo stop alle attività imposto dal Coronavirus. E’ questo il tragico bilancio che emerge dalla seconda fase del monitoraggio dell’Osservatorio Culturale del Piemonte sui danni economici causati dall'emergenza al teatro, cinema e spettacoli dal vivo. Alla ricerca hanno preso parte poco meno di 600 organizzazioni, istituzioni e operatori culturali piemontesi.
“Sono stime -commenta Luca Dal Pozzolo, Direttore di OCP -di perdite nette, incassi mancati e soldi che vengono meno al sistema culturale. Per fare un’analogia con un terremoto, un conto è censire gli edifici crollati e un conto valutare i danni. In questo momento stiamo rilevando i crolli, i soldi mancanti all’intero sistema, più in là ci impegneremo in una visione complessiva sugli impatti economici”.
Nell’oltre mese e mezzo di lockdown il comparto culturale ha subito perdite economiche per circa 20 milioni di euro in tutto il Piemonte, di cui 14 milioni di euro solo a Torino. Questa stima si riferisce agli incassi totali mancanti – da biglietteria, caffetteria/bar, affitto a terzi degli spazi, realizzazione di eventi extra, contratti di fornitura che soggetti terzi hanno interrotto per la prestazione di servizi. Se si considerano esclusivamente musei, cinema e spettacolo – su cui l’Osservatorio ha realizzato un’analisi più precisa – le perdite nette ammonterebbero almeno a 16 milioni di euro, di cui circa 6 dei musei, 4.8 milioni al cinema e 5.2 mln allo spettacolo.
In base a tali dati l’Osservatorio ha stimato che nel primo semestre 2020 - da gennaio a giugno – le entrate mancanti per i settori dello spettacolo dal vivo, cinema e musei saranno tra i 45 e i 47 milioni di euro in tutta la regione: solo a Torino si registrerebbero perdite di circa 29-30 milioni (19 milioni per i musei, 14 per il cinema e 14 per lo spettacolo dal vivo). Valutazioni prudenziali, perché vige grande incertezza sul quando e come potrà ripartire la cultura.
Rispetto alle misure adottate dal Governo per far fronte alla forte crisi lavorativa causata dalla pandemia, dall’indagine emerge che soltanto il 33% dei soggetti del comparto culturale ha avuto accesso agli ammortizzatori sociali e alle misure di sostegno al reddito previste dal “Cura Italia”. Di questi il 45,6% ha richiesto il bonus 600 €, poco meno del 30% ha fatto ricorso alla Cassa integrazione e il 10% ha avuto accesso al Fondo integrativo salariale. Sebbene le forme di sussidio previste abbiano riguardato una quota sensibile dei lavoratori della cultura, approssimativamente il 15% dei lavoratori (pari circa a 2 mila) è rimasto completamente escluso.
Con la chiusura i luoghi della cultura hanno ridefinito la propria offerta via web: il 64% ha avviato iniziative, progettato o ideato contenuti per la fruizione digitale dei prodotti culturali per continuare ad essere in dialogo con i propri pubblici attraverso il web. Il 20% del totale ha prodotto contenuti nuovi espressamente progettati per l'online, mentre per la maggioranza dei soggetti si è trattato di “spostare in rete” materiali già disponibili in formato digitale. Quasi tutti (85% dei rispondenti) hanno reso disponibili le loro offerte digitali in maniera completamente gratuita