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Attualità | 22 maggio 2020, 08:30

"Siamo esseri sociali e dobbiamo stare insieme: il circo vivrà della creazione interattiva con il pubblico"

Il direttore artistico di Mirabilia Fabrizio Gavosto: "Stiamo valutando tre ipotesi per il nostro festival. Cuneo resta il teatro principale, ma largo alle sperimentazioni in digitale da parte di tutti gli artisti". L'edizione 2020 sarà un anticipo della Biennale in partenza dal 2021

"Siamo esseri sociali e dobbiamo stare insieme: il circo vivrà della creazione interattiva con il pubblico"

Fabrizio Gavosto, lo scorso aprile avevate annunciato che Mirabilia sarebbe andato in scena nonostante l’emergenza sanitaria in corso. Ora la quattordicesima edizione, rimodulata nel calendario e nelle proposte, farà da apripista alla nuova formula biennale. Può descriverci cosa prevede questa modalità e come avete lavorato nell’ultimo periodo, a livello organizzativo?

    La Biennale sarebbe stata un evento molto grande che avrebbe coinvolto l’intera Cuneo, con la presenza di centinaia di attori teatrali e performer da tutto il mondo. È evidente che a settembre questo non potrà avvenire, per ragioni legate alla sicurezza e al contingentamento degli spettacoli dal vivo. Quindi abbiamo maturato l’idea di fare un’edizione di attesa, di preparazione. Il meccanismo della Biennale prevedeva un evento di sei giorni a Cuneo e poi, l’anno seguente, la rassegna “Aspettando la Biennale”, incentrata sulla creazione degli spettacoli che poi avrebbero debuttato nell’edizione successiva. L’idea ora è di mettere in scena una versione molto più leggere di Mirabilia per poi avviare la Biennale nel 2021. Del resto, tutti i programmi regionali e ministeriali considereranno il 2020 come un anno tampone, e la triennalità dei progetti ripartirà addirittura del 2022. Quindi questo spostamento collima con tutto ciò che sta accadendo attorno a noi. Abbiamo riprogettato completamente il festival assieme agli artisti, ponendo loro la sfida del nuovo, illustrando cosa sarebbe stato il Coronavirus, ripensando tantissimi spettacoli in forme originali e sperimentali, che rappresentano secondo me uno stimolo creativo enorme, rispetto a quanto succederà nei prossimi anni. Allo stesso tempo, ci siamo confrontati con tavoli nazionali come Agis perché ci fossero le condizioni necessarie ad andare in scena. Così come a livello regionale, con gli altri festival territoriali. Il nostro piano A ora prevede la realizzazione di Mirabilia principalmente a Cuneo. Il piano B riguarda l’allestimento di piccoli eventi sul territorio, mentre il piano C è fare il festival online, e spargere solo qualche spettacolo su novembre e dicembre. 

    Il tema scelto per l’edizione 2020 è “Satellite of Life”. Un inno alla rinascita, dopo questo momento di crisi. Come pensate di declinarlo all’interno del programma artistico?

    È un pensiero preesistente al festival, che è stato modificato dall’arrivo del Coronavirus, Indica la terra, il nostro rapporto con la natura, il fatto che un solo filo d’erba secca, ma in un prato fiorisce: è la nostra stessa società. Noi siamo essere sociali, abbiamo bisogno di stare insieme, anche con modalità diverse rispetto a prima. Questa rinascita è fondamentale all’interno della nostra programmazione, che è cambiata moltissimo: prima era più critica verso le problematiche stringenti a fine 2019, quali l’immigrazione, l’integrazione, il confronto con l’altro; poi si è direzionata verso un pensiero di ripartenza, trovando la voglia e il coraggio di rimboccarci le maniche, cosa che in Italia, nella storia, abbiamo sempre fatto bene, con grande solidarietà gli uni verso gli altri. Abbiamo incluso vari spettacoli che parlano dello stare insieme in modo diverso. Siamo rimasti piacevolmente stupiti nel poter mantenere integralmente l’immagine del festival, che stavamo sviluppando verso altri obiettivi, ma che poi si è rivelata perfetta anche nella situazione attuale.

    Le basi per la ripartenza dello spettacolo dal vivo si fondano soprattutto su una diversa concezione degli spazi urbani e dell’interazione tra gli artisti e il pubblico, oltre all’impiego di diverse tecnologie. Come affronterete questo aspetto?

    Lo streaming è la soluzione più evidente e semplice, ma il digitale offre svariate dinamiche creative che diventeranno fondamentali nei prossimi anni. Ad esempio abbiamo pensato a una serie di eventi sviluppati lungo un percorso, suddiviso in tante tappe, con l’idea di collegare performer e pubblico attraverso i cellulari. Vedremo se implementare queste sperimentazioni già da settembre con diverse app. E poi bisognerà pensare a modalità diverse di spettacolo. Il Coronavirus è stato una grande tragedia, ma ci ha indotto a ridefinire lo spazio scenico, il rapporto con il pubblico. Non sarà più frontale, ma interattivo, con l’intenzione di creare qualcosa insieme, in ambienti diversi. C’è, ad esempio, un progetto bellissimo, di cui sono innamorato, e che prevede di andare nelle case del pubblico in piena sicurezza. La compagnia in questione ha reperito uno sponsor che offre tute sterili, dentro cui i tre performer si isolerebbero prima di entrare negli appartamenti. Dopo la performance, le tute andrebbero chiuse in un contenitore sigillato per poi essere distrutte. L’idea è di far durare l’act 24 ore e trasmetterlo online, perché il pubblico possa vedere cosa succede nelle varie cose. 

    Può farci qualche anticipazione sull’offerta culturale di Mirabilia 2020? Ci sarà un’arte performativa predominante rispetto alle altre?

    Quest’anno, nostro malgrado, ci sarà una netta predominanza della danza, perché gli impianti circensi richiedono lunghi montaggi e spesso spazi chiusi. Avevamo in programma di portare a Cuneo tre, quattro tendoni da circo, ma non potremo farlo. Mentre la danza non necessita di grandi strutture, e gli spettacoli sono più adattabili. Tra le compagnie più sperimentali, sicuramente quella di Silvia Gribaudi: porteremo il suo  “Graces” in qualsiasi delle tre situazioni ipotizzate, che sia con un pubblico ridotto in un cortile, o con una band itinerante lungo via Roma. Ci saranno purtroppo pochi stranieri, date le restrizioni a livello internazionale. Molte compagnie sono tuttora ferme in Francia, Spagna, Belgio, Canada. Artisti provenienti dall’estero dovrebbero stare quindici giorni in quarantena in Italia, e farne altrettanti al ritorno nel loro Paese d’origine. Non sarebbe sostenibile. Quindi ci limiteremo a piccole compagnie di uno o due elementi. Ad esempio, sarà molto interessante la proposta di Sara Mangano, che interverrà su vari luoghi, non solo con performance fisiche, ma anche mediante la scultura, la pittura, la costruzione di manufatti, lasciando un ricordo, una traccia tangibile nello spazio. 

    Quali sono secondo lei gli sviluppi possibili per il circo e le arti performative contemporanee nel tessuto internazionale in cui Mirabilia da anni è inserito e riconosciuto? 

    Negli ultimi anni abbiamo assistito a uno sviluppo enorme dell’internazionalizzazione. Le compagnie sono state un po’ tutte obbligate a mettersi in gioco a livello comunicativo, elemento che ancora ci mancava guardando ai rapporti con gli altri Paesi. All’estero c’è grande attenzione alla programmazione italiana, ma spesso è difficile reperire le compagnie, proprio per la carenza di una comunicazione efficace. Questo momento di pausa e riflessione ha permesso di avviare numerosi percorsi digitali, confrontandoci con ciò che accade all’estero. Quando riattiveremo, dal prossimo anno, l’attività di vetrina, avremo, secondo me, compagnie molto più preparate e competitive. Non possiamo pensare di avere spettacoli creati solo per l’Italia, ma dobbiamo rivolgerci all’Europa come mercato e luogo ideale dove raccontare la nostra identità. 

    Manuela Marascio

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