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Agricoltura | 30 maggio 2020, 07:30

#coronavirus: il rimborso alle imprese per l’acquisto dei dispositivi di protezione sanitaria gestito con un click

Dopo poco più di un secondo di tempo sono stati “bruciati” 50 milioni di euro per 3.150 prenotazioni delle richieste. Tagliate fuori tante piccole e micro aziende: 191.025 quelle escluse con il sistema informatico che costringeva, per rimanere in graduatoria cronologica, l’invio istantaneo in automatico della domanda all’apertura del bando (ore 9 dell’11 maggio). Dice un agricoltore di Roccasparvera: “La procedura mi ha lasciato l’amaro in bocca. Ho avuto la sensazione di essere tornato a scuola, dove il primo bambino che esce dall’edificio si siede nel posto migliore del pullman e l’ultimo non ci entra più”

Il bando prevedeva tutto in un click e una mascherina di protezione

Il bando prevedeva tutto in un click e una mascherina di protezione

Per contrastare l’emergenza coronavirus e sostenere le aziende di ogni settore economico nell’acquisto di dispositivi e altri strumenti necessari alla protezione individuale nello svolgimento dei processi produttivi (esempio: mascherine; guanti, detergenti e soluzioni disinfettanti), il Governo, attraverso il Decreto Cura Italia del 17 marzo 2020, ha previsto un bando valido per l’intero territorio della Penisola e gestito dall’Agenzia Invitalia. Rendendo disponibili, tramite l’Inail, 50 milioni di euro.

La prenotazione del rimborso, ottenibile per la spesa totale dell’acquisto, con il limite di 500 euro per addetto e comunque fino all’importo massimo di 150.000 euro, doveva avvenire, utilizzando uno sportello informatico sul sito web dell’Agenzia, dall’11 al 18 maggio (dalle 9 alle 18 di tutti i giorni lavorativi). Successivamente, in base alle richieste pervenute, le aziende ammesse potevano presentare la domanda vera e propria.

Tutto bene? Non proprio. Avendo adottato il sistema cronologico del click di invio con il computer, le prenotazioni sono state raccolte sulla base del loro orario di arrivo. La prima è avvenuta l’11 maggio alle ore 9.00.00.000237. Ma alle ore 9:00:01.046749, cioè dopo poco più di un secondo di tempo, è stata accettata l’ultima ammessa al rimborso - la numero 3.150 - con la quale si sono esaurite le risorse disponibili.

Lo stesso giorno e in quelli successivi lo sportello ha ricevuto migliaia di altre prenotazioni fino alla 194.175 del 18 maggio delle ore 17:59:52.250988. Quindi, 191.025 richieste sono state escluse.


Tra queste c’è anche quella del titolare di un’azienda rurale di Roccasparvera nella Valle Stura cuneese: in posizione 119.239 e presentata l’11 maggio alle 12.48.14.983990, con una spesa di 650 euro dimostrabile dal preventivo di un fornitore per il materiale necessario a 5 persone.

Dice l’agricoltore: “Non sono assolutamente invidioso di chi ha ottenuto il rimborso, ma la procedura del bando mi ha lasciato l’amaro in bocca. Tenendo conto che si trattava di aiutare le imprese per tutelare la sicurezza sanitaria mi sarei atteso che fosse stato gestito in un altro modo. Ho avuto la sensazione di essere tornato a scuola, dove il primo bambino che esce dall’edificio si siede nel posto migliore del pullman e l’ultimo non entra più”.

Avrebbe dovuto essere pronto alle 9 del mattino? “Non ci ho proprio pensato, in quanto avevo dei lavori urgenti e non rimandabili da svolgere in quel momento. L’ho fatto appena ho potuto: subito dopo pranzo. E, in ogni caso, c’era tempo fino al 18 maggio. Ma comunque non sarebbe bastato essere lì alle 9: bisognava avere un programma del computer col sistema automatico di invio per restare negli ammessi. Con il click manuale era impossibile entrarci. Il metodo di presentazione delle domande mi pare che non sia stato di buon senso”.  

La sua idea? “Raccogliere tutte le richieste e, poi, suddividerle percentualmente in base all’importo. In questo modo tutti avrebbero incassato qualcosa e si sarebbero ripartite le risorse in modo equo e non in base a un click”.

Adesso che fa? “Compro il materiale necessario dal fornitore con i miei soldi. Anche se le mascherine le devo pagare 80 centesimi più Iva e non 50 come si dice. E i guanti di lattice spero che me li mandi, in quanto ci sono difficoltà a trovarli”.

L’agricoltore di Roccasparvera pone un problema reale. Vista la premura del Governo di ribadire spesso che l’emergenza sanitaria non doveva lasciare indietro nessuno, questo caso rappresenta l’esatto contrario. Forse era opportuno accorgersi prima, magari consultando dei tecnici, sull’inadeguatezza della cifra disponibile.

Poi, se si vogliono aiutare le micro e piccole aziende, sempre abbandonate a loro stesse, che avrebbero avuto bisogno di cifre sotto i 5.000 euro, quel massimale di 150.000 euro sembra proprio eccessivo. Anche questo è un modo per far covare la brace sotto la cenere e far crescere la tensione sociale.   

Sergio Peirone

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