Stiamo vivendo tempi fatti di limitazioni e paure, sono in molti a chiedersi quale sarà il futuro che ci aspetta e l’emergenza ha imposto a tutti i settori economici un grave sforzo per adeguare le proprie attività e servizi alle disposizioni sanitarie.
Fra le categorie che più stanno soffrendo c’è quella dei ristoratori. La ristorazione è un settore fondamentale della macchina economica italiana che genera circa il 10% del nostro PIL ed è strategico per il turismo.
Il cibo in Italia è cultura, è collante sociale, fontedi reddito per più di un milione di famiglie, senza contare l’enorme indotto.
Sono migliaia gli imprenditori che già in primavera avevano provveduto ad adeguare i loro locali secondo le prescrizioni dei vari Dpcm, investendo anche somme ingenti e che adesso vivono momenti di gravissima difficoltà.
Sulla questione un’opinione qualificata è quella di Giampiero Gianaria, vicesindaco di Venasca e ristoratore di professione, che lancia un appello come componente del coordinamento provinciale di Azione, neonata formazione politica che fa capo a Carlo Calenda.
"In questi giorni è profondo il senso di delusione e scoramento. Le spese continuano a correre e si aggiungono a quelle accumulate nell’anno passato.
La situazione sta portando all’esasperazione uomini e donne che con grande dignità hanno finora accettato le disposizioni di legge.
Si ha, persino, la sensazione che alcuni provvedimenti siano frutto di pregiudizio nei confronti dell’intera categoria e la preoccupazione più grande è rappresentata dalla totale incertezza in cui si opera, senza una reale prospettiva di ripresa.
Infine, i “ristori economici” sono, purtroppo, insufficienti ed erogati in ritardo. Molti operatori sono allo stremo.
La possibilità di lavorare con consegne a domicilio rappresenta un palliativo limitato, impraticabile dalla maggior parte delle attività nei piccoli comuni, che mortifica le professionalità e la specificità della cucina tradizionale oltre che l’essenza stessa del ristorante, che è fatto di luoghi, di attenzioni e soprattutto di persone.
Per tali motivazioni ritengo che sia necessario uno sforzo maggiore da parte del governo con un sostegno reale per chi è indebitato e l’immediata erogazione di indennizzi calcolati sulle effettive perdite, per salvare il salvabile".
Sulla stessa linea Luca Olivieri, vicesindaco di Mondovì e componente del coordinamento provinciale di Azione che sostiene: "L’emergenza Covid ha gettato nella disperazione molti imprenditori. Fra i più colpiti ci sono gli operatori della ristorazione. Il balletto di aperture e chiusure e la mancanza di certezze hanno portato a una situazione economica disastrosa, per tutta il ramo della ristorazione.
Il cibo in Italia rappresenta la nostra cultura. E’ fonte di reddito per migliaia di famiglie chelavorano nel settore e nel suo indotto. Il ristorante non è che l’ultimo anello di una lunga fi-liera che parte dalla terra, passa dalle cucine e arriva sulle tavole.
Sono diverse le iniziative di sostegno che sono state attivate dalle amministrazioni locali,ma si è avuta l’impressione di uno scollamento con il governo centrale che spesso è stato sordo alle richieste degli amministratori e degli imprenditori.
Un governo che avrebbe dovuto fare di più e soprattutto senza pregiudizi verso la categoria dei ristoratori.
La rigidità dei protocolli infatti è già particolarmente severa e procura rammarico che unristorante sia considerato molto più pericoloso di altre attività commerciali”.
Conclude Alberto Ribezzo, coordinatore monregalese di Azione: "La situazione drammatica che da quasi un anno sta vivendo il settore ho.re.ca e' ben chiara a tutti.
Gli imprenditori seri della nostra provincia chiedono di poter lavorare nel rispetto rigoroso e categorico del protocollo anti Covid per tutelare la propria famiglia, i collaboratori e i clienti, si aspettano un controllo efficace e puntuale da parte degli organi di controllo e vogliono tornare a lavorare anche per tutelare tutti quei fornitori specializzati di materie prime e servizi che diversamente non avranno scampo".