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Saluzzese | 25 gennaio 2021, 10:45

La storia della cerva che da 21 anni vive all’ombra del Monviso, in Val Po

Fulvio Beltrando e Andrea Avagnina fotografano l’esemplare, immerso nella neve nei boschi. La conferma arriva dal comprensorio alpino valligiano. Giovanni Riccardi: “Animale in perfetta forma fisica, l’habitat si è dimostrato particolarmente adatto. Siamo rallegrati, anche perché in natura simili animali vivono in media fino a 16, 17 anni”

La cerva di 22 anni fotografata da Beltrando e Avagnina

La cerva di 22 anni fotografata da Beltrando e Avagnina

Quella che pubblichiamo a corredo di questo articolo è una fotografia, opera di due appassionati di fotografia naturalistica – Fulvio Beltrando di Revello e Andrea Avagnina di Saluzzo – che nelle scorse settimane, nei boschi dell’alta Valle Po, si sono imbattuti in una femmina di cervo.

La cerva – spiegano i due amici fotografi – faceva parte di un gruppo di 4, 5 femmine, con al seguito alcuni giovani della scorsa stagione”. I due, immortalata la cerva, hanno deciso di avvisare immediatamente la guardia venatoria Giovanni Riccardi, del comprensorio alpino Cn1 della Valle Po, con sede a Paesana, per informarla di quanto avevano visto.

L’esemplare, fotografato immerso nella neve, portava addosso, ben riconoscibili, le marche auricolari su entrambi i padiglioni.

Fin qui potrebbe sembrare esserci nulla di strano. Non è difficile imbattersi, da queste parti, in animali marcati per una qualche ragione, come ad esempio in seguito ad immissioni per ripopolamento o dopo un ricovero presso un Cras, Centro recupero animali selvatici.

Lo stupore è sopraggiunto, però, quando, dopo accurate indagini da parte del comprensorio alpino Cn1 della Valle Po, si è scoperto che quel soggetto era stato immesso in valle nel lontano 17 febbraio del 2000, proveniente niente meno che da Chambord, in Francia. Ciò significa che, a giorni, la cerva compirà ben 22 anni di vita, 21 dei quali spesi all’ombra del Monviso.

A fornirci tutti i dettagli della scoperta è proprio la guardia venatoria del comprensorio, Giovanni Riccardi, che da sempre, fin dagli albori, segue da vicino le operazioni di ripopolamento dei cervi in Valle.

Riccardi spiega, in seguito ad uno studio effettuato da parte del comprensorio alpino Cn1, allora presieduto da Enzo Magnano, che “i cervi provenienti da Chambord sono stati liberati negli anni a cavallo tra il 1998 ed il 2000.

40 esemplari erano stati liberati tra il torrente Toussier ed il Brich, al Borgo di Crissolo, 10 ad Agliasco, nel comune di Paesana e 10 a Bassa Muletta, nei pressi del rifugio Infernotto, nel comune di Barge.

Nel corso della prima immissione, di 20 animali, 10 al Toussier e 10 a Bassa Muletta, a sei femmine era stato posizionato un radiocollare, per controllarne gli spostamenti e per verificarne la permanenza sul territorio del comprensorio alpino.

Successivamente, dal 2003 al 2008, sono stati ancora liberati una ventina di animali della stessa genetica di quelli di Chambord, provenienti dall’azienda agricola di Barbero Carlo, di Tetti Pertusio, a Revello, convenzionata con il comprensorio in materia di ripopolamento: questi ultimi sono stati liberati nel Comune di Ostana all’interno della zona ripopolamento e cattura”.

Fatte le dovute premesse, Riccardi racconta come, “una volta informati dell’avvistamento, e dopo aver visionato le foto”, non vi siano più stati dubbi: “i contrassegni identificativi erano perfettamente leggibili nelle parti non coperte dal pelo e comunque con i caratteri sufficienti ad identificare con certezza l’animale.

Sapere, poi, che l’animale era in perfetta forma fisica ci ha rallegrato ulteriormente a dimostrazione che l’habitat nel quale questi splendidi ungulati erano stati immessi si è dimostrato particolarmente adatto”.

Occorre infatti precisare – conclude Riccardi – che in natura simili animali vivono in media fino a 16, 17 anni, sempre che sopravvivano alle molte insidie che la vita in natura comporta”.

Riccardi ha voluto inoltre ringraziare “Fulvio Beltrando e Andrea Avagnina per la preziosa segnalazione e collaborazione: questi rapporti portano sempre ad avere ottimi risultati per quanto riguarda il monitoraggio del territorio e della fauna selvatica”.

Nicolò Bertola

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