Le Giornate celebrative sono essenziali nella storia di una democrazia, in Italia e nel mondo.
Anche nelle monarchie, sebbene costituzionali, assolvono alla medesima funzione, che è appunto quella di ricordare e celebrare un accadimento, spesso doloroso, e che merita la giustizia della conoscenza.
Ma le Giornate sono costruite su eventi collaterali, recensioni ed eventi che possono, nel tempo, appesantire la “leggerezza” della Memoria storica, renderla obbligatoria e quasi scolastica.
Non siamo forse pervenuti a questa tappa, probabilmente quasi obbligata, anche nel caso della Shoah?
Chi scrive ha apprezzato e studiato il fenomeno con attenzione ed al fianco dei testimoni ma non ha mai sentito il peso dell’obbligo e dell’etichetta, che può asfissiare ed annientare il senso originario.
Forse la carrellata - sarebbe più corretto dire “cartellata” - di film che ci vengono proposti, sempre gli stessi tra l’altro, non aiuta?
Certamente le istituzioni non sono in grado di rendere interessante, ai più giovanissimi, la storia e questa pagina drammatica del novecento.
Il rischio è molto alto: che si guardi a questa giornata, ma sopratutto agli eventi collaterali, con rassegnata passività, disinteresse ed inevitabile sottovalutazione.
Oggi mancano i testimoni e mi pare che ancora non siamo in grado di rendere attuale il messaggio nato da quei momenti bui ed oscuri.
Se poi paragoniamo Greta ad Anna il contraccolpo è molto forte.
La storia è “ viva” e noi la stiamo celebrando come se fosse “morta”.
Chi si avvicinerebbe, capirebbe ed amerebbe un qualcosa di morto?
Pensiamoci.