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Ambiente e Natura | 22 marzo 2021, 16:41

“La convivenza tra uomo e lupo è possibile”: la Regione spiega come e perché

Conferenza stampa, stamane, con esperti in materia. Il Garante dei Diritti degli animali, Enrico Moriconi: “Diamo un tono diverso alla questione lupo, che sta diventando sempre più aggressiva”. Teorie, correnti di pensiero, rimedi per convivere con il lupo, specie per gli allevatori. Ma se si parla di numeri, l’ultimo monitoraggio “buono” è datato 2017-2018

Immagine di repertorio -  Ph. F. Beltrando

Immagine di repertorio - Ph. F. Beltrando

La Regione Piemonte, attraverso il suo Garante dei Diritti degli animali, Enrico Moriconi, vuole “dare un tono diverso alla questione lupo, che sta diventando sempre più aggressiva”.

Ed è così che è stata organizzata, proprio per oggi, una conferenza stampa dal titolo “Il lupo: la verità oltre le paure”. Relatori, oltre al garante Moriconi, Paolo Ciucci, professore associato presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell'Università di Roma "La Sapienza" e Giuseppe Canavese, direttore Aree Protette Alpi Marittime, Centro Grandi Carnivori.

Vogliamo presentare un contributo di conoscenza – ha detto Moriconi –. C’è possibilità di convivenza, e vogliamo contrastare con alcune verità le paure e le voci spesso inesatte e ingiustificate”.

È possibile convivere con il lupo?

È possibile convivere con il lupo? Ci sono pericoli o problemi relativi alla sua aggressività?

A questi interrogativi ha risposto Paolo Ciucci: “Non c’è alcun problema legato all’aggressività del lupo nei confronti delle persone. Ciò non accade da centinaia di anni. Non è mai avvenuto in Italia. In Abruzzo registriamo le densità del lupo più elevate: la fortuna di questo territorio passa anche dal lupo, e non si è mai avuto un singolo caso di violenza nei confronti dell’uomo. Il lupo, come specie e in particolare in Paesi come l’Italia, da millenni convive con l’uomo, il suo unico nemico”.

Una piccola stilettata alla stampa locale (“I pochi attacchi che si sentono sono frutto di media locali o di leggende locali”), e poi ci addentra nella materia.

“Inseguire un cinghiale o un cervo è molto più dispendioso di agguantare un vitello o una pecora”

In primis, la convivenza tra lupo e attività economiche del territorio. Su tutte, l’allevamento.

Secondo Ciucci i lupi, predatori di grossa mole, evoluti con lo specifico scopo di predare la selvaggina per sopravvivere, “messi di fronte a quantità di prede domestiche particolarmente remunerative dal punto di vista calorico e incapaci di difendersi, a differenza di cervi o cinghiali, si trovano davanti prede facilissime”.

Abbiamo assistito a reintroduzioni di fauna selvatica, credendo che così il lupo non predasse gli animali domestici. Niente di più sbagliato. Inseguire un cinghiale o un cervo è molto più dispendioso di agguantare un vitello o una pecora”.

Quindi? “Se gli animali domestici non sono adeguatamente protetti dall’uomo, la tendenza alla predazione da parte del lupo si fa presente spesso e volentieri”. Ma, tutto ciò, secondo l’esperto, non è un problema dovuto al lupo”.

Prima della protezione per legge, una delle tecniche più diffuse era eliminare il lupo. È una possibilità, ma la scienza racconta che gli animali non sono nocivi. Anche i lupi hanno la loro funzione ecologica, nel miglioramento della biodiversità”.

Il lupo e il “conflitto sociale” che genera

Occorre fare una distinzione tra l’impatto del lupo sulle attività antropiche ad interesse economico e il conflitto sociale che deriva dalla presenza del lupo: quest’ultima non è materia scientifica, ma sociologica.

Il conflitto sociale che si sviluppa va gestito attraverso un’amministrazione politica estremamente raffinata. Altrimenti gli Amministratori si spaventano, e lasciano agli abitanti fare quello che vogliono. In Italia, infatti, la prima causa di morte del lupo è ancora il bracconaggio, e contiamo pochissimi casi giudiziari su questo crimine efferato. Le Amministrazioni centrali demandato al territorio una riduzione del problema, come credono”.

“Il Piemonte ha dimostrato di gestire il ritorno del lupo in maniera esemplare”

Ciucci non ha dubbi nell’asserire che “il Piemonte ha dimostrato di gestire il ritorno del lupo, sin dal 1992, in maniera esemplare. Risorse, formazione, monitoraggio accurato sulla presenza di lupi e dei danni. Molte risorse per prevenire allevatori, che non sono tutti odiatori dei lupi, ma ci tengono al loro mestiere e vogliono essere tutelati”.

Gli allevatori?

Cosa possono fare gli allevatori? “Recinzioni elettrificate o metalliche, cani da guardania: i metodi di protezione esistono. I cani devono essere ben selezionati e allevati, devono avere una linea di sangue e un istinto, passaggi che devono essere compiuti da persone esperte.

La condizione fondamentale è che l’allevatore sia d’accordo a usare questi strumenti, che comportano un aggravio di lavoro e di costi, consapevoli che il lupo è tornato e non se ne andrà. È anacronistico pensare di tornare a eliminare il lupo: i lupi si spostano molto per colonizzare, e quindi potrebbero tornare”.

L’operazione deve essere culturale, non biologica. Se si perde il buon senso si entra in un clima di guerra dove la scienza non può far nulla: la coesistenza in mano al caso non è frutto di un processo di civiltà”.

L’abbattimento selettivo, “iter eticamente molto discutibile”

Legalmente, il lupo è una specie protetta. La direttiva “Habitat” – come è stato spiegato – è uno strumento europeo che non è in alcun modo chiuso, è può esser oggetto si deroghe. L’abbattimento selettivo del lupo, in un’azione di contenimento, può essere adottato “qualora – ha detto Ciucci – si rispettino una serie di condizioni. In particolare, serve dimostrare che sono state tentate tutte le strade non cruente e, in caso di fallimento, si passa alla gestione ‘letale’.

Ma resta comunque l’aspetto etico: la fauna è un bene pubblico. E una gestione di questo tipo interessa solo un gruppo persone (gli allevatori: ndr), non tutti. Gli allevatori possono essere esasperati, ma bisogna muoversi con buonsenso. Agire caso per caso. La gestione letale è un iter eticamente molto discutibile”.

Il Parco Alpi Marittime e il progetto “Life WolfAlps”.

Dopo Ciucci è stata la volta di Canavese, direttore delle Aree protette delle Alpi Marittime, l’Ente che gestisce il progetto “Life WolfAlps”.

Un progetto – le sue parole – che dal 1992 ci ha portati a seguire l’evoluzione della ricolonizzazione della specie sulle Alpi. Un grande lavoro, per poter seguire l’evoluzione del lupo, che non era più presente. E ancora tutt’oggi, non è così facile accettarne la presenza”.

Un progetto “non di conservazione, ma di coesistenza, con azioni che mirano a cercare la coesistenza tra le attività dell’ambiente alpino e la specie”: “Diamo gli strumenti alla politica per agire di conseguenza. Il nostro è un progetto tecnico”.

Sul “Life WolfAlps”, progetto di grande rilievo economico, gravitano 20 partner, anche in Francia, Austria e Slovenia, e 100 supporter. Ci sono poi Regioni, come il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, che stipulano convenzioni per “proseguire questo cammino”.

Gli ambiti di azione del progetto

Gli ambiti del progetto mirano tutti alla coesistenza tra la specie e l’uomo: “l’aspetto più importante sono il sistema di protezione degli allevamenti e gli indennizzi. È innegabile che il lupo stia creando grandi problemi alla pastorizia. La montagna e le attività stanno pagando tantissimo a causa della presenza del lupo.

Noi, sin dal 1992 abbiamo iniziato a mettere in atto un sistema di prevenzione. Ma ogni area e ogni situazione sono completamente diverse. È importante lavorare con il support dell’attività pastorale: così come il lupo è un grande grande elemento per la biodiversità, anche la pastorizia offre un grande alimento per la biodiversità dei paesaggi pascolivi alpini”.

In arrivo “squadre di pronto intervento” WolfAlps e squadre “antiveleni”

Dal 2021 partiranno, in tal senso, le squadre di pronto intervento, formate persone delle Istituzioni, come le Provincie o i Parchi, da figure delle Aziende sanitarie, che dovranno essere un supporto per l’attività pastorizia. “È fondamentale supportare i pastori nel comportamento, in modo tale da riuscire ad affrontare la presenza del lupo”.

L’altra azione importante è poi la ricerca di veleni: squadre e cani verranno implementati sulle Regioni alpine. I veleni non solo uccidono il lupo, ma sono anche un pericolo per l’uomo e per gli altri animali”.

Il monitoraggio, fondamentale “per affrontare il problema lupo”

Tutti concordi nel sostenere come sia “fondamentale conoscere il monitoraggio scientifico per affrontare il problema lupo”. Il progetto Life WolfAlps da un anno rientra nel monitoraggio su scala nazionale: “L’aspettativa è avere al più presto numeri definitivi sul censimento nazionale e piemontese, dato importante per poter parlare poi di diffusione e intervenire sulle aree dedicate”.

Ma gli unici dati emersi sono quelli risalenti a 3 anni fa

La conferenza, infatti, aveva come tema anche “I dati sulla presenza del lupo in Piemonte”. Ma gli unici dati emersi sono quelli risalenti e 3 anni fa, al monitoraggio 2017-2018.

Il monitoraggio non è una cosa semplice – dirà Canavese – e si compie sulla genetica, raccogliendo campioni. Se ne parla moltissimo”. L’ultimo dato utile, di 3 anni fa, sul Piemonte prevedeva una stima minima di 195 unità.

In questi ultimi tempi, il vicepresidente della Regione, con delega alla Montagna, Fabio Carosso, ha parlato di una stima di 450 capi: “Posso dire sicuramente che i lupi sono in aumento. Se il numero di Carosso sia reale o meno non saprei assolutamente dirlo oggi. Lavoriamo più velocemente possibile per arrivare a una stima minima”.

Ma nel frattempo, per stessa ammissione di Canavese, il lupo, in questi ultimi anni nei quali “non si è effettuato monitoraggio”, ha raggiunto la collina e le fasce fluviali, con avvistamenti anche in pianura.

Il problema ibridazione: “Va affrontato prima che sia troppo tardi”

Un altro problema, non di poco conto, è l’ibridazione: “Sugli Appennini è scappata di mano e non si sa come affrontarla. Sulle Alpi, invece, si potrebbe ancora affrontare la questione”.

I primi segnali sulla presenza di ibridi devono portare ad un intervento “per conservare la popolazione alpina, non ancora intaccata in modo forte. Ci lavoriamo, anche se ci sono vuoti legislativi: sarebbe fondamentale una presa di posizione del Ministero: senza questo possiamo fare poco”.

Attenzione anche ai “lupi urbani”

Emerge anche la criticità dei “lupi urbani”, quelli esemplari che si avvicinano molto ai paesi: “Bisogna avere attenzione” dirà Canavese.

Manca, però, un piano d’azione nazionale sulla specie

Inoltre, in Italia, manca un piano d’azione nazionale sulla specie. “È una mancanza importante: lo Stato deve dotarsi di questo strumento, nel rispetto della convenzione di Berna e delle direttive del 2000. Da 2014 c’è un piano pronto, su basi scientifiche, per affrontare il problema, e che non escludeva interventi in determinati casi.

È il compromesso che può essere trovato nel caso degli ibridi, per mantenere la popolazione alpina indenne. La Conferenza Stato-Regioni non ha però mai trovato l’accordo, che è sempre rimasto a bagnomaria”.

WolfAlps a sostegno della pastorizia

Life WolfAlps, tra i suoi campi d’azione, ha anche quelle iniziative a favore della pastorizia e dei prodotti della pastorizia: “Abbiamo appena finito uno studio per costruire una filiera sull’utilizzo della lana. Una delle problematiche della pastorizia sono i prodotti: carne, formaggio, latte, lana, che oggi è un rifiuto e bisogna pagare per lo smaltimento. Cerchiamo di trovare opportunità per filiere che diano vantaggi economici ai pastori, per poter pagare in parte il grande lavoro per difendersi dal lupo”.

Nicolò Bertola

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